Un altro attentato contro Israele Cronaca di Giovanni Sallusti
Testata: Libero Data: 28 ottobre 2024 Pagina: 8 Autore: Giovanni Sallusti Titolo: «Tel Aviv, attacco nel Giorno del Ricordo del 7 ottobre: un tir sulla folla di anziani alla fermata del bus»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 28/10/2024, a pag. 8 con il titolo "Tel Aviv, attacco nel Giorno del Ricordo del 7 ottobre: un tir sulla folla di anziani alla fermata del bus" il commento di Giovanni Sallusti.
Giovanni Sallusti
Distolto da una guerra esterna su più fronti, che l'ha anche portato ad attaccare l'Iran sabato con una massiccia incursione aerea, Israele s’è riscoperto ieri vulnerabile al terrorismo interno. La pista dell’assalto deliberato prevale fra le autorità ebraiche dopo che un autocarro guidato da un arabo israeliano s’è schiantato contro una fermata d’autobus nel sobborgo Glilot di Tel Aviv, causando la morte di una persona e il ferimento una trentina. È il sobborgo in cui hanno sede il servizio segreto estero Mossad e vari reparti dell’intelligence militare Aman, fra cui l’Unità 8200, specializzata nell’intercettazione elettronica delle comunicazioni avversarie, un po’ come la Nsa americana. Glilot era stata già bersaglio nei giorni scorsi di droni e razzi sparati dalle milizie libanesi Hezbollah, abbattuti dai sistemi di difesa Iron Dome.
Il camion è piombato sulla folla che attendeva l’autobus, ma molti erano anziani di una comitiva appena scesa da un pullman per recarsi a un vicino museo in occasione delle celebrazioni di commemorazione dell’eccidio del 7 ottobre, e ha falciato decine di persone. I medici israeliani hanno precisato il bilancio in 33 feriti, di cui molti incastrati sotto il veicolo. Uno dei feriti è morto nel pomeriggio, ma avrebbe potuto essere una strage ben peggiore.
L’allarme è scattato a metà mattina, stando al servizio sanitario Magen David Adom: «Alle 10:08 abbiamo ricevuto informazioni su un camion che aveva colpito una stazione degli autobus su Aharon Yariv Boulevard a Ramat Hasharon». Testimoni oculari hanno detto inizialmente che l’autista del camion, ferito nell’urto avrebbe tentato di aggredire alcuni poliziotti intervenuti, venendo subito ucciso. Poco dopo, la polizia ha sostenuto che «l’autista è stato ucciso da civili armati».
Il presunto attentatore era un arabo-israeliano di nome Rami Nathur, residente a Qalansawe, nordest di Tel Aviv.
Le indagini sono in corso ma, mentre le autorità propendono per l’atto terroristico, i parenti di Nathur ribattono sia stato un incidente dovuto a un malore del conducente. Intervistata da Ynet, la famiglia del camionista ha dichiarato: «Questo non è un attacco, Rami soffre di malattie e ha perso il controllo a causa di un malore».
È possibile che il servizio di sicurezza interno Shin Bet aumenti la sorveglianza sulla grande minoranza di arabo-israeliani, che sono cittadini di Israele, ma che in alcuni casi potrebbero essere sensibili alla propaganda di Hamas.
Gli arabo-israeliani sono 2 milioni, ben il 21% della popolazione dello stato ebraico. Anche se la maggior parte di essi è integrata, non è da escludersi che chi ha legami di parentela con i palestinesi di Gaza o della Cisgiordania sia tentato di fare da “quinta colonna”.
La situazione interna del Paese non è tranquilla anche per le polemiche sugli ostaggi.
Ieri, durante commemorazioni a Gerusalemme, il premier Benjamin Netanyahu è stato fischiato e interrotto dalle proteste dei parenti del centinaio di ostaggi ancora prigionieri di Hamas a Gaza. I parenti da mesi rinfacciano al governo di non fare abbastanza per una tregua che consenta il rilascio dei loro cari. Il ministro della Difesa Yoav Gallant ha ammesso: «Non tutti gli obiettivi possono essere raggiunti solo con operazioni militari. Per riportare a casa i nostri ostaggi, dovremo fare dolorose concessioni». In serata, il presidente egiziano Abdel Fatah Al Sisi ha suggerito «una tregua di due giorni per un primo scambio di prigionieri». Una delegazione di Hamas è al Cairo, mentre il canale saudita Ashraq News ha anticipato che il movimento palestinese starebbe per presentare una proposta di scambio legata alla fine della guerra, dopo l’incontro a Doha, in Qatar, fra i mediatori egiziani, qatarioti e americani.
La parallela crisi fra Israele e Iran, dopo il raid aereo ebraico di sabato, tiene banco all’Onu, dove oggi ne parlerà il Consiglio di Sicurezza. Ma Teheran mescola minacce di rappresaglia a cautela, sapendosi impotente di fronte al dominio del cielo dell’aviazione ebrea. Il presidente iraniano Masoud Pezeshkian ha detto che «non cerchiamo la guerra, ma difenderemo i diritti della nostra nazione», parlando di «risposta con prudenza e intelligenza».
Per la guida suprema, ayatollah Alì Khamenei, «l’attacco nemico non va né esagerato, né minimizzato». L’Iran non vuole una guerra diretta e seguita ad attaccare Israele per il tramite dei suoi alleati libanesi, le milizie Hezbollah che ancora ieri hanno lanciato razzi, per esempio sull’industria israeliana Yudifat, vicino ad Acri, che fabbrica componenti d’aviazione. Hezbollah ha sparato missili anche sulle truppe israeliane in avanzata nel Libano del Sud, specie nei centri di Hula, Ad Dahira e Aitaroun.
Lo stato ebraico ha ammesso la morte sul fronte libanese di quattro suoi militari, fra cui un rabbino. Inquadrati nella Brigata Alon, i caduti sono il capitano rabbino Avraham Yosef Goldberg, il maggiore Eliav Amram Abitbol, il capitano Amit Chayut e il sergente maggiore Gilad Elmaliach. L’aviazione ebraica ha affermato d’aver ucciso «70 miliziani di Hezbollah» solo nelle ultime incursioni sulla roccaforte sciita di Dahieh, a Sud di Beirut.
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