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La vittima sacrificale Biden incolpa Netanyahu di ogni nefandezza e fa pressioni solo su di lui per fermare la guerra. Lo fa per motivi elettorali. Esattamente come Macron che ogni giorno alza il livello delle minacce a Israele. Lo Stato ebraico, come le comunità ebraiche da sempre, è il capro espiatorio ideale. Israele, oggi, è quello che per secoli è stato il popolo ebraico: la perfetta vittima sacrificale. Fino ad alcuni anni fa, il meccanismo di distrarre l’opinione pubblica interna dai problemi economici (sottosviluppo, disoccupazione, corruzione ecc.), o politici (mancanza di libertà politica, assenza di diritti civili ecc.) addossando tutte le colpe ad Israele era circoscritto ai paesi arabi. Ogni volta che c’era una tensione interna, le autorità arabe accusavano Israele e/o gli ebrei di qualche malefatta o cospirazione e l’opinione pubblica si distraeva e le tensioni interne si abbassavano. Oppure, per guadagnare prestigio d’innanzi a tutto il mondo islamico, i leader arabi incitavano al Jihad contro Israele e subito diventavano i paladini delle masse: così è stato per Nasser, per gli Ayatollah in Iran, per Arafat, per Saddam Hussein e tanti altri; o per l’ex premier malese Mahathir Mohamad ossessionato dalla cospirazione ebraica. Oggi, questa “tradizione” è tornata in auge anche nei paesi Occidentali. Facciamo alcuni esempi. L’amministrazione Biden, per mere ragioni elettorali da mesi e mesi, non fa altro che attaccare Netanyahu e l’esercito di Israele accusandoli di ogni nefandezza: “uso sproporzionato della forza” (che neanche esiste nel diritto internazionale); “di affamare la popolazione civile”, di “punizione collettiva” e tanto altro. La sua vice e candidata presidenziale, Kamala Harris, si è spinta ad avvalorare la tesi di “genocidio”. In pratica di tutte le accuse di sangue in auge dal medioevo. Evidentemente, i democratici, pensano che questo abbia dei benefici a livello elettorale. Un altro significativo esempio è il Presidente francese Macron. Anche lui, dopo poche settimane dal 7 ottobre, ha iniziato una campagna accusatoria e diffamatoria nei confronti di Israele, operando un autentico ribaltamento della realtà dei fatti: ogni volta che Israele veniva aggredito da un diverso aggressore (Hezbollah, Houti, Iran) e rispondeva, diventava esso stesso colpevole di provocare una “escalation”: l’aggredito per Macron diventa l’aggressore. Per questa ragione è iniziato un feroce boicottaggio di Israele: embargo sulle armi per difendersi, esclusione delle aziende israeliane da importanti fiere internazionali di difesa militare. Macron, nel suo delirio, è arrivato a sostenere che Israele è stato creato per “decisione” dell’ONU, cancellando in un amen, tutta la storia del popolo ebraico in terra di Israele, riducendola ad una “decisione” che nella realtà fattuale non è mai avvenuta. Questo è stato affermato unicamente per costringere moralmente Israele ad accettare una qualsiasi risoluzione ONU che lo obblighi ad arrendersi ad Hamas. Anche Macron non gode di “buona salute” politica in casa, senza parlare degli affari con il Qatar (che è il padrino di Hamas). Le posizioni di Spagna, Irlanda e Norvegia (e di tanti altri), sono talmente ostili che, tra un boicottaggio e l’altro, hanno trovato il tempo per riconoscere l’inesistente Stato di Palestina premiando così l’azione genocida di Hamas. Anche il governo italiano si è aggiunto al coro. Prima hanno iniziato i due giullari Tajani e Crosetto, i quali, ad intervalli regolari, rimarcano che l’Italia ha bloccato tutte le forniture militari ad Israele dal 7 ottobre (grande segno di amicizia). Poi accusando lo Stato ebraico di “azioni militari sproporzionate”, di “violazione del diritto umanitario” (che neanche sanno cos’è), di “sparare volontariamente contro i soldati dell’UNIFIL” e tanto altro. Ultimamente, ai due clown, si è aggiunta anche la Prima Ministra Meloni. Da quando ha assunto la presidenza del G7 sembra essere diventata la portavoce di Biden: ripete parola per parola quanto comunicato dalla Casa Bianca il giorno precedente. È così ormai da settimane. Forse pensa che diventando il ventriloquo di Biden possa accedere ai “salotti buoni” internazionali cancellando il suo passato “sovranista”. A ben vedere il conto politico per una ragione o per l’altra lo paga sempre Israele: è storicamente il popolo/Stato sacrificabile. Voglio chiudere questa breve disamina con un ultimo caso davvero interessante, ed è quello relativo al procuratore Karim Khan del Tribunale Penale Internazionale. Qualche giorno fa il Wall Street Journal ha pubblicato un articolo davvero interessante su questo giudice. Si è scoperto che Khan poche settimane prima di chiedere il mandato d’arresto per Netanyahu e Gallant (a maggio) è stato accusato di molestie sessuali da parte di una sua segretaria. Khan, che doveva recarsi in Israele il 20 maggio per parlare con le autorità politiche e militari israeliane per raccogliere delle informazioni basilari per le sue indagini, alcuni giorni prima del viaggio, a sorpresa, chiede il mandato d’arresto e rinuncia alla visita già programmata. E tutto questo, alcune settimane dopo l’inchiesta che stava prendendo corpo contro di lui. Strana coincidenza. La cosa viene taciuta dal Tribunale Penale e riemerge solo ora grazie all’indagine del Wall Street Journal dopo oltre 5 mesi dai fatti. Qual è la prima e unica reazione del giudice Khan allo scoop? Accusare non precisati “poteri” di volerlo diffamare in quanto ha avuto il coraggio di accusare quel “mostro” di Netanyahu e il suo ministro della difesa di crimini di guerra. Peccato che l’indagine a suo carico fosse partita prima della sua risibile e illegale accusa di crimini di guerra, ma essendo stata insabbiata per mesi ora vuol far credere che l’accusa a suo carico sia un tentativo per screditarlo. Il WSJ afferma il contrario: è lui che senza prove e in fretta e furia ha accusato Netanyahu e Gallant per ripulirsi dalle accuse a suo carico e la tempistica dei fatti avvalora questa tesi. Ma si sa gli ebrei e/o Israele sono sempre delle ottime vittime sacrificali buone per ogni occasione.
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