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Il Foglio Rassegna Stampa
25.10.2024 L’iraniana in fuga
Commento di Giulio Meotti

Testata: Il Foglio
Data: 25 ottobre 2024
Pagina: 1/IV
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «L’iraniana in fuga»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 25/10/2024, a pag. 1/IV, il commento di Giulio Meotti dal titolo: "L’iraniana in fuga".

Informazione Corretta
Giulio Meotti
Masih Alinejad - Wikipedia
Alinejad, braccata in America dai pasdaran. La caccia al dissidente si spinge oltre confine fino a raggiungere gli USA; chi viene catturato dalla Guardia iraniana finisce tumulato vivo

I procuratori federali americani hanno accusato Ruhollah Bazghandi, un ufficiale militare delle Guardie rivoluzionarie islamiche dell’Iran e altri tre individui, di aver complottato per assassinare Alinejad. Avevano precedentemente incriminato altri sospettati, tra cui un uomo nel 2022 e altri due nel 2023. Uno dei sospettati era stato arrestato mentre aveva con sè un fucile fuori dalla casa di Alinejad a Brooklyn. “L’atto di accusa di oggi rivela l’intera portata del complotto dell’Iran per mettere a tacere una giornalista americana per aver criticato il regime iraniano”, ha affermato il direttore dell’Fbi, Christopher Wray. I pasdaran hanno tentato di assassinare Alinejad sul suolo americano e complottato per rapirla nel 2020 e nel 2021. “Sono l’unica donna in America in questo momento contro cui otto persone, tra cui alti membri dell’esercito di un governo straniero proveniente dall’Iran, sono accusate di aver complottato per uccidermi per aver combattuto per la libertà” ha scritto Alinejad. Alinejad ha ricevuto la notizia di essere stata respinta dal consiglio di una cooperativa di Manhattan, dove l’iraniana cercava una casa. “La cooperativa ha respinto me e mio marito. Perché? Perché, quando ci cercano su Google, si rendono conto che non vogliono condividere il loro edificio con qualcuno seguito da persone con Ak-47”, ha detto la dissidente 48enne. E questa settimana Alinejad ha rivelato di aver già cambiato ventuno “case sicure” in soli tre anni. “A volte, durante la notte, mi sveglio e non so dove mi trovo. E’ come se mi svegliassi e non sapessi, questa è casa mia? Questo è un hotel? E’ un rifugio?”. Le chiamano “case sicure”, ma sono le tombe della nostra tolleranza fallita. Quando giornalisti, vignettisti, politici e insegnanti, persone che non hanno fatto nulla di male, devono vivere come pentiti di mafia, significa che libertà e democrazia sono un’illusione. Tanti casi in Europa In Inghilterra un insegnante è stato costretto a lasciare la propria scuola perché è oggetto di pesanti minacce di morte, reo di aver mostrato in classe le vignette su Maometto durante una lezione sulla libertà di espressione, oggi vive in una “casa sicura” con sua moglie e i figli a causa del timore di essere uccisi. La minaccia è giudicata così grave che nemmeno i loro parenti sanno dove vivono. “Questa è la ‘casa sicura’ numero cinque”, raccontava Kurt Westergaard, il vignettista danese che ha dipinto per primo Maometto. L’imam Hassen Chalghoumi, su cui pende una fatwa, ha rivelato di “non dormire mai più di tre notti nello stesso posto”. Vive in una “casa sicura” anche Lars Hedegaard, che ha la colpa di essere il fondatore della Danish Free Press Society. Come la direttrice delle risorse umane di Charlie Hebdo, Marika Bret, costretta a fuggire di casa a seguito di gravi minacce di morte lanciate contro di lei dagli estremisti islamici. In Germania c’è il sociologo di origine egiziana Hamed-Abdel Samad: sorveglianza a 360 gradi 24 ore su 24. Samad ha raccontato: “Un giorno un agente della polizia di Berlino è venuto da me e mi ha dato un giubbotto antiproiettile dicendomi che d’ora in poi avrei dovuto indossarlo durante le mie lezioni”. Ma il caso Rushdie sembra averci insegnato davvero molto poco. Dov’è la solidarietà femminista per Alinejad, come lei stessa ha chiesto sul Washington Post? Dov’è quella culturale per gli altri tumulati vivi? Lo ha spiegato la dissidente iraniana: “Alcuni di sinistra e liberal, ti rappresentano solo quando sei una vittima. Quando sei una guerriera, non ti invitano. Io sono rumorosa. Dico no all’hijab forzato, dico no all’islamismo. Tutto ciò non gli interessa”. Molto più interessante perorare corsi di nuoto per sole donne musulmane a Figline e chiedere le dimissioni dell’assessore alla Cultura di Livorno, reo di aver detto che le donne non hanno un pene. L’ayatollah invece lui sì che è magnanimo.

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