Gli ultimi giorni del prof. Paty Analisi di Mauro Zanon
Testata: Il Foglio Data: 16 ottobre 2024 Pagina: 2 Autore: Mauro Zanon Titolo: «Gli ultimi giorni del prof. Paty, incappucciato e con un piccolo martello nello zaino»
Riprendiamo IL FOGLIO di oggi, 16/10/2024, pag. 2, con il titolo "Gli ultimi giorni del prof. Paty, incappucciato e con un piccolo martello nello zaino", l'analisi di Mauro Zanon.
Mickaëlle Paty, infermiera anestesista, è in sala operatoria la sera del 16 ottobre 2020, quando, poco dopo le 20, riceve un messaggio dalla madre, che da allora non ha mai più cancellato: “Forse hanno ucciso Samuel davanti alla sua scuola”. Quel “forse” di speranza viene presto soffocato dal rumore dei telegiornali in edizione speciale che all’ospedale, in sala d’attesa, annunciano la morte tragica di un professore di Storia e Geografia di una scuola di Conflans-Sainte-Honorine, nel dipartimento delle Yvelines, decapitato da un jihadista diciottenne di origini cecene per aver insegnato l’amore per la laicità e il libero pensiero.
A quattro anni dall’assassinio, Mickaëlle Paty rende omaggio con un libro alla vita del fratello, “Les Cours de Monsieur Paty” (Albin Michel), attraverso il racconto degli ultimi undici giorni, dell’insieme di rinunce e reticenze che hanno prodotto l’indicibile. Il racconto inizia il 5 ottobre 2020, il giorno della lezione intitolata “Situazione di dilemma: essere o non essere Charlie. Una definizione di libertà”, in cui Samuel Paty ha mostrato in classe le vignette di Charlie Hebdo su Maometto. “Ha proposto, e non imposto, a tutti gli studenti, se non volevano vedere le vignette, di uscire per alcuni istanti dalla classe. La settimana precedente aveva avvertito gli allievi che quel giorno avrebbero avuto la scelta se guardarle o no”, racconta Mickaëlle Paty. Due giorni dopo il corso, una studentessa viene esclusa dalla scuola per motivi disciplinari. La decisione non ha nulla a che fare col corso di Paty, anche perché quel giorno si era data malata e non era presente in classe, ma la ragazza dice ai genitori di essere stata punita per essersi opposta al suo professore di Storia e Geografia. La sera del 7 ottobre, il padre dell’alunna, Brahim Chnina, aizza su Facebook e Whatsapp la rappresaglia contro l’insegnante. “Incredibile ma vero e vi riguarda tutti. Il professore di Storia di mia figlia ha chiesto a tutti gli studenti musulmani di alzare la mano. Poi ha detto loro di uscire dalla classe perché avrebbe mostratoun’immagine che li avrebbe scioccati. Alcuni sono usciti, altri si sono rifiutati, tra cui mia figlia. In seguito ilprofessore ha diffuso l’immagine di una persona nuda e ha detto agli studenti che era il profeta dei musulmani (…). Se non siete d’accordo con quanto accaduto, potete scrivere una lettera alla preside per cacciare questo pazzo”.
I messaggi di Brahim Chnina mettono rapidamente in moto un ingranaggio infernale, alimentato da un militante islamista già noto ai servizi segreti, Abdelhakim Sefrioui. Quest’ultimo, il 12 ottobre, pubblica un video di protesta sui social. Le minacce si intensificano, e Paty manifesta ai suoi colleghi e alla direzione i suoi timori: ma non viene presa nessuna decisione, nessuna scorta è messa a disposizione dell’insegnante. “La situazione è sotto controllo”, assicura la scuola. Abbandonato al suo destino e impaurito, Paty, gli ultimi giorni, va a scuola incappucciato, con un piccolo martello nello zaino, che il padre gli aveva regalato per i lavoretti di casa quando era andato a studiare a Lione. Fino al giorno in cui Abdoullakh Anzorov, un giovane radicalizzato, parte da Evreux, in Normandia, per andare a “vendicare il profeta” a Conflans-Sainte-Honorine, come scriverà sul suo account Twitter.
“Non sto cercando capri espiatori. Vorrei che tutti facessero un esame di coscienza e capissero dove hanno sbagliato”, dice oggi Mickaëlle Paty. Che vuole soprattutto mantenere viva la memoria di questo martire laico, di questo “ussaro nero” della République che fino all’ultimo ha vissuto il suo mestiere come una missione. “Anche il comportamento di Samuel negli ultimi dieci giorni della sua vita racconta questa storia – scrive Mickaëlle Paty – Nonostante le pressioni esercitate su di lui, le minacce di morte e la sua stessa paura, è stato guidato da una sola cosa, difendere il fatto di dover compiere questa missione: costruire persone libere”.
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