La sinistra solidale con Hamas e Hezbollah-Judith Butler mette in dubbio la violenza sessuale del 7 ottobre Analisi di Giulio Meotti
Testata: Il Foglio Data: 16 ottobre 2024 Pagina: 1/I Autore: Giulio Meotti Titolo: «Suicidio woke»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 16/10/2024, a pag. 1/I, l'analisi di Giulio Meotti dal titolo: "Suicidio woke".
Roma. I grandi eventi hanno il loro giorno dopo. “Le 8-octobre” di Eva Illouz, sociologa franco-israeliana, per i tract, la collana dei libretti di Gallimard, si occupa del giorno dopo il pogrom. “Avremmo potuto pensare che, negli ambienti progressisti occidentali, l’8 ottobre 2023 non sarebbe stato il giorno della compassione unanime per le vittime delle atrocità del giorno prima? Invece, abbiamo sentito, a New York come a Parigi, voci autorevoli salutare, con giubilante emozione, un atto di resistenza volto a punire l’oppressore israeliano”. Questo antisionismo radicale ha avuto come terreno fertile un sistema di pensiero, una “teoria” che, con la sua passione decostruttivista, impone la lettura decoloniale agli eventi mondiali. Sottotitolo del libro di Illouz: “Genealogia dell’odio virtuoso”. Un odio che compie svolte tortuose affinché la guerra agli israeliani appaia giusta e morale. “Il risveglio della sinistra è giunto al termine”. Così invece “After Woke” di Jens Balzer, per il quale l’ideologia del risveglio, il woke, è morta l’8 ottobre. “La sinistra woke è scivolata in schemi amico-nemico in cui la compassione e l’empatia per il popolo ebraico non possono più esistere”. Autore di “Etica dell’appropriazione” (Castelvecchi), intellettuale e giornalista tedesco di sinistra, Balzer spiega che “il mondo intero è ora diviso lungo la ‘linea del colore’ e gli ebrei sono bianchi e colonialisti e come tali possono essere immaginati solo come carnefici, non come vittime. Abbiamo avuto così tanti dibattiti lunghi e importanti sul #MeToo e ora, in classico stile patriarcale, la sinistra dubita che le donne ebree siano state violentate”. Ampie sezioni della sinistra culturale internazionale, dalle pop star ai principali teorici accademici fino agli attivisti nei media e nelle piazze, sono rimaste non soltanto in silenzio l’8 ottobre, hanno guardato dall’altra parte o, peggio, hanno reinterpretato i massacri di Hamas come una legittima lotta di liberazione. Ancor prima che Israele desse una risposta militare, ci sono state strane espressioni di solidarietà con Hamas. Balzer nel libro racconta questo strano suicidio progressista. Per lui, la sinistra postcoloniale e queer-femminista, che negli ultimi anni è stata spesso riassunta sotto lo slogan “wokeness”, ha fallito moralmente. L’antisemitismo, che è sempre stato dormiente a sinistra, è risorto “sotto mentite spoglie postcoloniali”, cioè la corrente teorica che dichiara guerra al razzismo strutturale e all’oppressione. Per Balzer, la cosiddetta wokeness non è qualcosa di cui sbarazzarsi, perché nella sua essenza è “profondamente democratica” e mira “alla partecipazione e alla giustizia”. Ma con la solidarietà a Hamas e Hezbollah, il risveglio si è suicidato. L’icona della teoria queer-femminista, Judith Butler, esemplifica un fallimento secondo Balzer: minimizzando e addirittura mettendo in dubbio la violenza sessuale del 7 ottobre, Butler si è completamente squalificata come autorità progressista. Il postcolonialismo si è trasformato “in un regime di verità in cui le persone vengono smistate in categorie e classificate in bianco e nero senza alcuna sfumatura di grigio”. Balzer parla di una “dissonanza cognitiva” che a prima vista sembra inspiegabile: che proprio coloro che altrimenti affermano di essere woke e lo rivendicano per se stessi, fra cui molti artisti, intellettuali e uomini di partito, cioè coloro che sostengono la lotta contro la discriminazione e la violenza contro i migranti, le persone di colore e Lgbt, hanno finito per idolatrare un gruppo di terroristi come protagonisti di “una lotta rivoluzionaria”, sposando così “una profonda visione del mondo misogina e omofobica”. E il femminismo queer, scrive Balzer, ha assunto “una svolta sbagliata quando romanticizza le forze patriarcali come l’islamofascismo di Hamas”. E così il destino delle donne iraniane sfregiate col rasoio, di quelle afghane a cui i talebani hanno tolto anche la voce e di quelle israeliane stuprate nei prati del Nova Festival, è finito nell’angolo cieco di un risveglio che oggi appare più come la notte dei morti viventi occidentali.
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