Alcune considerazioni sul duplice attacco del 1° ottobre
Commento di David Elber
Gli attentatori di Giaffa. Mentre l'Iran si accingeva a lanciare i suoi missili contro Israele, due terroristi islamici provenienti dai territori amministrati dall'Autorità Palestinese massacravano sei israeliani nella metropolitana leggera di Tel Aviv, a Giaffa. L'attacco palestinese è stato enormemente più efficace di quello iraniano, anche se è passato quasi sotto silenzio nei media.
Martedì primo ottobre, Israele ha subìto un duplice attacco: uno proveniente dall’Iran con missili balistici e molto enfatizzato dai media, l’altro eseguito da terroristi palestinesi provenienti dai territori amministrati dall’Autorità Palestinese e poco enfatizzato dai media.
L’attacco sferrato dall’Iran con oltre 180 missili balistici ha causato un morto (un palestinese che abitava nell’area amministrata dall’Autorità Palestinese), alcuni feriti lievi e molti danni. L’attentato compiuto dai terroristi palestinesi ha causato 7 morti e numerosi feriti. L’attacco iraniano è costato milioni di dollari in missili balistici e relativa tecnologia, l’attacco palestinese è costato meno di 2.000 dollari (un fucile d’assalto americano M4, un coltello e due biglietti della metropolitana). Come è facilmente intuibile l’attentato palestinese è stato enormemente più efficace di quello iraniano ma è stato completamente offuscato dal secondo.
Prima di addentrarmi nelle considerazioni relative ai due attacchi, e a scanso di equivoci, voglio sottolineare l’enorme gravità dell’attacco iraniano e del fatto che, solo lo Stato di Israele, con la sua prodigiosa tecnologia, abbia potuto rendere quasi completamente inefficace un attacco con 180 missili balistici. Tale azione difensiva è stata un autentico prodigio dell’ingegno, e non un miracolo, ma un prodigio che è figlio della consapevolezza del pericolo che l’Iran rappresenta per l’esistenza stessa di Israele e del suo popolo. Questa consapevolezza ha portato lo Stato (la classe politica), l’apparato militare e la società civile ad investire enormi risorse economiche ed intellettuali per studiare le più efficaci strategie per rendere la difesa di Israele quasi invulnerabile da attacchi esterni, anche da quelli più pericolosi e mortali. Invece, perchè l’attentato palestinese così “semplice” e “poco tecnologico” nella sua preparazione ed esecuzione, è risultato così efficace? Così come lo è stato – nelle sue tragiche proporzioni – quello perpetrato dai terroristi palestinesi il 7 ottobre? Perché non c’è consapevolezza da parte dello Stato (la classe politica), dell’apparato militare e della società civile israeliana del reale pericolo rappresentato dal terrorismo palestinese, terrorismo che ha radici profondissime nella società palestinese. Come hanno fatto, due terroristi palestinesi di Hebron, ad arrivare indisturbati fino a Giaffa e compiere un attentato così mortale? Con una duplice complicità: quella della malavita araba e quella inconsapevole e lassista della società israeliana. Qui mi concentrerò su quest’ultima.
Per prima cosa è opportuno sottolineare che i due terroristi palestinesi, al pari, di tantissimi loro “colleghi” stipendiati dall’Autorità Palestinese, sono il risultato dell’educazione che ricevono nelle scuole, nei centri religiosi e da giornali e televisioni palestinesi a Gaza come nei territori amministrati dall’Autorità Palestinese. Ma la cosa ancora più grave è che le autorità e la società civile israeliana, non solo, hanno sempre sottostimato il problema, ma l’hanno addirittura finanziato: a Gaza permettendo l’entrata dei milioni di dollari dal Qatar che servivano per finanziare programmi scolastici e centri religiosi che fomentano odio antiebraico oltre l’acquisto di armi; nei territori amministrati dall’Autorità Palestinese contribuendo direttamente a finanziare tutta la classe politica palestinese che è un’organizzazione terroristica malamente mascherata. Ma questo non è tutto, anzi, è il male minore. Perché le centinaia di milioni che riceve l’Autorità Palestinese sono equamente distribuiti per creare un’educazione antisemita nelle scuole di ogni ordine e grado, nei giornali, alla televisione, oltre che per pagare gli stipendi agli assassini di ebrei come i due di Hebron. Oltre a questo, lo Stato di Israele fornisce una “difesa legale” contro il tentativo delle famiglie delle vittime di agire nei confronti dell’A.P. o dei loro istituti di credito che finanziano i terroristi. Lo stesso atteggiamento di illusoria pacifica coesistenza è coltivato quando le istituzioni chiudono gli occhi e permettono ai lavoratori regolari e irregolari di entrare in Israele da Gaza o dai territori amministrati dall’A.P. credendo che migliorare la condizione economica dei palestinesi sia la panacea per combattere l’odio e il radicalismo. Ma la causa del terrorismo palestinese non è la povertà, ma il rifiuto di accettare l’esistenza di uno Stato del popolo ebraico, altrimenti come spiegare che dopo 30 anni dagli accordi di Oslo i palestinesi non hanno creato nulla che assomigli ad una amministrazione statuale ma solo una struttura cleptocratica che finanzia i terroristi. Analoghe colpe, le autorità israeliane le hanno per aver permesso la creazione di numerosi centri religiosi islamici in Israele, finanziati con i soldi provenienti dalla Turchia e dal Qatar. Come ha dimostrato lo storico Efraim Karsh, in un lavoro di ricerca dettagliato, più la comunità araba riceveva finanziamenti governativi più si radicalizzava e non il contrario, questo perché non c’è un nesso diretto tra povertà e radicalismo islamico ma esiste tra indottrinamento e terrorismo e questo avviene in Israele come a Gaza o nei territori amministrati dall’Autorità Palestinese con i milioni di dollari che ricevono i palestinesi. La povertà, tutt’al più, aiuta a reclutare la bassa manovalanza, ma l’odio scaturisce nel non accettare l’esistenza di Israele come nazione del popolo ebraico come insegnato nelle scuole, sui giornali o nei libri. Infatti, nessuno a Gaza come nei territori amministrati dall’A.P. (o tra i politici o esponenti religiosi arabi di Israele) ha mai condannato l’eccidio del 7 ottobre. Così una grossa fetta della società israeliana è diventata progressivamente “presbite”: vede molto bene i pericoli lontani dai confini e non vede quelli vicini e la conseguenza è che Israele si è ben attrezzato ad affrontare le minacce provenienti da lontano ma ha perso la capacità di riconoscere quelle vicine come ha dimostrato il 7 ottobre.
Israele non deve sottrarre risorse economiche e capacità intellettuali alla difesa da attacchi esterni come quello iraniano o di Hezbollah ma deve aumentare la consapevolezza che il terrorismo palestinese di Hamas e dell’Autorità Palestinese è altrettanto mortale al pari di quello iraniano e agire con la stessa determinazione per eliminarlo.
David Elber