L’ottavo fronte di guerra di Israele Commento di David Elber
Molti analisti, commentatori e giornalisti sono da mesi concentrati sul fatto che Israele stia combattendo una guerra di sopravvivenza in 7 diversi fronti. Nessuno però considera l’esistenza di un ottavo fronte altrettanto pericoloso: quello del lawfare, che dal 7 ottobre ha subito un’accelerazione impressionante. Anche questo ottavo fronte, quando le operazioni militari cesseranno, non finirà, anzi, molto probabilmente aumenterà di intensità. Questo ottavo fronte è portato avanti dall’Autorità Palestinese, cioè dai finti interlocutori per la pace. La cosa grave e pericolosa di questo fronte di guerra, sembra essere la sottostima del pericolo, che di esso hanno non solo l’attuale esecutivo (come tutti quelli che lo hanno preceduto), ma dell’insieme della società israeliana, almeno di quella che conta: intellettuali, giornalisti, esperti, salvo rare e inascoltate eccezioni. Come si realizza questa guerra? Per mezzo della delegittimazione di Israele nei forum internazionali. In pratica da quando l’Autorità Palestinese è stata costituita, con gli accordi di Oslo, essa ha dedicato tutte le sue immense risorse al preciso obiettivo di distruggere Israele in due modi: con il terrorismo e con il lawfare. Qui ci occuperemo di quest’ultimo aspetto. Per prima cosa bisogna sottolineare che l’Autorità Palestinese, per potersi dedicare alla distruzione di Israele, nelle istituzioni internazionali, può farlo esclusivamente con la compiacenza e l’appoggio degli Stati Uniti. Perché sono gli USA che forniscono loro la legittimazione politica e i soldi per poterlo fare. L’unica eccezione a questo stato di cose è stata la presidenza Trump. Infatti, durante l’amministrazione Trump (2017 - 2021) si è assistito ad un “congelamento” del lawfare palestinese così come del terrorismo vero e proprio. Come è potuto accadere? Semplicemente perché Trump è stato l’unico presidente che ha avuto il coraggio di tagliare tutti i finanziamenti a questa organizzazione terroristica mascherata, e a togliergli l’appoggio politico. Infatti, l’amministrazione Trump, nei quattro anni di mandato, ha interrotto il finanziamento americano dell’UNRWA, ha smesso di finanziare i terroristi dell’A.P., tramite l’approvazione del Taylor Force Act nel 2018, oltre che chiudere gli uffici dell’OLP a Washington. In pratica è stato l’unico presidente USA che ha isolato l’Autorità Palestinese mettendola di fronte alle proprie responsabilità. Contestualmente ha interrotto la prassi di porre pressioni politiche unicamente su Israele. Il risultato è stato quello di congelare il lawfare palestinese a livello internazionale. Tra le altre cose, Trump ha imposto sanzioni contro i giudici del Tribunale Penale Internazionale, veri e propri burattini politici, sanzioni subito revocate da Biden appena insediato, con il risultato che abbiamo visto a maggio: la richiesta di arresto di Netanyahu e Gallant per crimini di guerra. Così, con il pieno appoggio dell’amministrazione Biden, l’Autorità Palestinese ha ripreso la sua guerra contro Israele. Questo è potuto avvenire perché Biden ha rifinanziato l’A.P. (in modo illegale contravvenendo le disposizioni del Taylor Force Act che è una legge federale), ha nuovamente coperto di soldi l’UNRWA. Inoltre, nei giorni scorsi il Dipartimento di Giustizia americano si è schierato con l’UNRWA per bloccare le cause intentate dai cittadini americani parenti delle persone massacrate il 7 ottobre dai “dipendenti” dell’UNRWA, invocando l’immunità diplomatica per questi terroristi mimetizzati. In pratica ha ridato piena legittimazione politica all’A.P. a livello internazionale e, questo ha portato, tra le altre cose, al riconoscimento dell’inesistente Stato di Palestina all’ONU. Il patto che è stato stretto tra le amministrazioni democratiche, a partire da quella Clinton, e l’Autorità Palestinese, ha portato a chiedere, oggi, ad Israele quello non era nemmeno immaginabile 30 anni fa. Nel nome di una fantasiosa e irreale illusione di “pace”, che porta il nome di “due Stati per due popoli”, nei fatti si è intrapresa la strada dell’erosione della piena sovranità e legittimità di Israele, sia dal punto di vista internazionale che dal punto di vista della politica interna, dove la parte sinistra dello schieramento politico è sempre più disposta a fare concessioni pur di ottenere un’illusoria “pace”. Questo processo di erosione di legittimità di Israele è iniziato, prima ancora degli accordi di Oslo, con l’amministrazione di Jimmy “nocciolina” Carter: la prima amministrazione democratica apertamente ostile ad Israele. Israele ha bisogno degli USA soprattutto per vincere la guerra del lawfare che un po' alla volta rischia di strangolare lo Stato ebraico. Questo, senza gli USA è impossibile, visto che Israele non ha veri amici o alleati, ma, solo, paesi che hanno alcuni interessi comuni, che nel momento del bisogno non hanno remore a voltare le spalle ad Israele, come si è già visto molte volte in passato. Per questa ragione, in questo momento così delicato della storia dello Stato di Israele, una vittoria democratica alle elezioni di novembre potrebbe significare una Caporetto politica dalle conseguenze imprevedibili, tra le quali, non è da escludere, da qui a qualche anno, la “sostituzione” di Israele all’ONU con l’inesistente Stato di Palestina come unico e “legittimo” rappresentante del territorio “dal fiume al mare”. Così come è accaduto, per volontà di Nixon, a Taiwan nel 1971, quando da legittimo rappresentante della Cina (con relativo seggio permanente al Consiglio di Sicurezza) fu espulsa dall’ONU e sostituita dalla Cina comunista di Mao. Oggi Taiwan è riconosciuta da pochissimi paesi ed è costantemente minacciata dalla Cina. Dopo aver visto questo poco edificante scenario, vediamo cosa può fare Israele per uscire da questa guerra. Come vedremo, sono tante se c’è la volontà politica di farle. Per prima cosa, trattare i cleptocrati dell’Autorità Palestinese per quello che sono: terroristi e non statisti. Israele, deve negargli l’immunità diplomatica che gli consente di girare il mondo con l’unico e preciso scopo di delegittimare lo Stato ebraico. Deve iniziare dei procedimenti penali nei confronti di tutti i dirigenti dell’A.P. che direttamente o indirettamente, sostengono, finanziano e proteggono i terroristi palestinesi. In alternativa deve permettere ai famigliari delle vittime del terrorismo di poter iniziare delle cause civili e penali contro di essi (cosa fino adesso vietata per non indebolire l’A.P.). Israele deve implementare delle leggi nazionali, sul modello del Taylor Force Act americano, per vietare qualsiasi finanziamento all’A.P. visto che, ancora oggi, Israele contribuisce per il 65% delle entrate complessive dell’Autorità Palestinese, con le quali pagano gli assassini di ebrei o i loro famigliari. In pochi sono al corrente che le banche israeliane godono di una “protezione speciale” del governo per poter erogare i finanziamenti alle banche dell’Autorità Palestinese senza incorrere nel rischio di venir trascinate in tribunale dalle vittime del terrorismo per favoreggiamento. Questo è il momento che il governo di Israele cessi questa vergognosa protezione (anche il cattivissimo Smotrich di recente ha prorogato tale protezione per un altro anno). Israele deve smettere di fornire, gratis, elettricità e acqua all’Autorità Palestinese (l’Autorità Palestinese non paga le bollette da decenni), per aver in cambio terrorismo, delegittimazione e guerra legale in tutte le sedi internazionali. Infine, con quello che è successo il 7 ottobre, deve sostituire i lavoratori palestinesi con quelli di altri paesi permettendo una seria e massiccia politica di immigrazione di lavoratori. Per quanto esposto si può concludere che Israele potrà, anche, vincere tutte le battaglie sui 7 diversi fronti militari ma se non vincerà su quello del lawfare non potrà vincere la guerra per la sua esistenza e per fare questo deve cambiare le regole del gioco con l’Autorità Palestinese.