L’ ANPI: Israele è uno Stato terrorista Commento di Pietro Senaldi
Testata: Libero Data: 21 settembre 2024 Pagina: 13 Autore: Pietro Senaldi Titolo: «La resistenza dell'ANPI contro ebrei e Israele»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 21/09/2024, a pag. 13, con il titolo "La resistenza dell'ANPI contro ebrei e Israele" il commento di Pietro Senaldi.
Pietro Senaldi
Al prezzo di due milioni di euro l’anno, tanto incassa dai contribuenti, l’Associazione Nazionale Partigiani offre all’opinione pubblica un’ampia gamma di idiozie con le quali, con il pretesto di difendere la democrazia, semina odio e divide l’Italia.
L’ultima bestialità la fornisce la sezione di Lucca. All’indomani della più grande operazione di guerra chirurgica di tutti i tempi - i cercapersone fatti scoppiare dai servizi segreti israeliani tra le mani di tremila capi di Hezbollah in Libano- i partigiani del 2024, che novantanove volte su cento non sono neppure i nipotini di coloro che ottant’anni fa fecero la resistenza, si lanciano in un esercizio di antisemitismo. «Lo Stato di Israele ha compiuto, su vasta scala, un ignobile atto terroristico, un’intollerabile azione inumana, il più insensato salto qualitativo mai compiuto da un Paese. Un orrore sul piano tecnologico, etico, giuridico: fuori da ogni teatro di guerra, Israele ha ucciso, storpiato, ferito chiunque fosse in possesso di un cercapersone, che aveva preventivamente alterato».
Così scrive l’Anpi toscana, profetizzando «reazioni crudeli che potranno colpire cascuno di noi».
Israele viene definito «Stato terrorista che nessuno ha il coraggio di sanzionare» e l’Italia viene rimproverata per essersi astenuta dalla risoluzione delle Nazioni Unite che chiede «la fine dell’occupazione dei Territori palestinesi da parte delle forze armate israeliane».
NEGAZIONE DI ISRAELE
Sarebbe fin troppo facile sostenere che gli obiettivi dell’azione del Mossad non erano civili ma miliziani, terroristi, soldati se si vuole scomodare un termine che offre a Hezbollah una dignità che in realtà non ha. Nessun gesto terroristico dunque, solo un’azione bellica mirata, come quella che ieri ha consentito l’eliminazione di Aqil, ufficiale di Hezbollah ricercato anche dagli Stati Uniti, ucciso nel sud del Libano con un blitz aereo.
L’Anpi parla di terrorismo, manipolando la realtà. La verità è che Israele sta combattendo una guerra per la propria sopravvivenza contro un nemico che lo circonda geograficamente e una buona parte dell’opinione pubblica occidentale di sinistra che gli nega il diritto a esistere. Si è capito fin dall’8 ottobre, giorno successivo alla mattanza di civili israeliani a opera dei tagliagole di Hamas, quando a Time Square, nel centro di New York, si vedevano striscioni con la scritta «Intifada per sempre».
ANTISEMITISMO DIFFUSO
Gli pseudo partigiani di casa nostra e i loro sodali hanno impiegato ventiquatt’ore a dimenticare i duemila civili morti, anziani, padri di famiglia, bambini e tanti giovani che facevano festa al rave party vicino al confine con Gaza. Non si ricordano comunicati di condanna da parte dei nostri sedicenti partigiani contro l’Iran, la teocrazia delle impiccagioni in piazza e delle ragazze ammazzate di botte se mettono male il velo, quando il regime ha scaricato in un giorno 350 testate missilistiche sulle teste dei civili israeliani, che si sono salvati solamente grazie all’Iron Dome, lo scudo missilistico di difesa dello Stato Ebraico.
Silenzio anche quando Hezbollah ha trucidato undici bambini drusi che giocavano a calcio in un villaggio sulle alture del Golan.
Questo sì un vero atto di terrorismo contro una popolazione inerme. Ma gli ebrei, anzi chiunque viva in Israele, per i nostri resistenti, sono morti di serie B. L’Anpi si dice antinazista ma tra i suoi adepti c’è chi cova odio antisemita.
Ce lo ha ricordato, nella relazione consegnata al Senato due mesi fa, il generale Pasquale Angelosanto, coordinatore della commissione per il contrasto ai fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza, presieduta dalla senatrice a vita Lilliana Segre. Dal 7 ottobre al luglio scorso in Italia si sono registrati oltre quattrocento casi di antisemitismo. Un cittadino italiano su cinque non si vergogna di affermare che odia gli ebrei mentre uno su tre si permette di banalizzare, quando non arriva addirittura a negare, l’Olocausto.
Se vuole difendere la democrazia e la libertà, l’Anpi non deve guardare lontano, dall’altra parte del Mediterraneo. Perché la libertà è a rischio anche in Italia, con i cortei filo-palestinesi, per esempio, dove si sfila perla dittatura, per il sacrificio umano del popolo palestinese a opera dei suoi capi, in favore dei regimi islamici e di chi ha la cancellazione di Israele nel proprio programma di governo. La parte di opinione pubblica occidentale che accusa lo Stato Ebraico di terrorismo alimenta la guerra, dà ad Hamas l’illusione di poterla vincere, oltre che la certezza di poter contare su alleati e quinte colonne nel cuore dell’Europa e degli Stati Uniti.
Si chiamava Maia quella ragazza che, nell’inverno scorso, in corteo per i palestinesi gridò «fuori i sionisti da Roma». Ma chi sono questi sionisti? I bottegai, i pensionati e i professionisti che vivono intorno al Portico d’Ottavia, i parenti degli ebrei romani morti ad Auschwitz, i discendenti dei pochi sopravvissuti. Questo l’Anpi ignora, o finge di dimenticare.
IRRESPONSABILITÀ
Nel rapporto di Angelosanto è scritto che gli ebrei italiani oggi hanno paura. Non di Hamas ma di alcuni loro concittadini. «Per combattere l’antisemitismo in tutte le sue forme» è scritto nel rapporto del generale, «è necessario uno sforzo collettivo, completo e immediato da parte di tutte le componenti della società». Pronto, Anpi toscana?
Certi comunicati delle sezioni dei partigiani nostrani sembrano ignorare la realtà. Hanno le Nazioni Unite come stella polare, malgrado siano state documentate le fitte relazioni tra membri del personale Onu a Gaza e i terroristi e malgrado l’organizzazione internazinale abbia da tempo perso la propria equidistanza nel conflito israeliano-palestinese. Se mai ce l’ha avuta.
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