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Il Giornale Rassegna Stampa
21.09.2024 Israele, il passo implacabile contro i profeti del terrore
Commento di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 21 settembre 2024
Pagina: 12
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Israele, il passo implacabile contro i profeti del terrore»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi 21/09/2024 a pag. 12 il commento di Fiamma Nirenstein con il titolo: "Israele, il passo implacabile contro i profeti del terrore".


Fiamma Nirenstein

A Beirut, Israele uccide uno dei capi di Hezbollah, Ibrahim Aqil. Non sono passati ancora due giorni dalla strage dei cercapersone che Israele ha lanciato altri due attacchi, uno contro le rampe di lancio di Hezbollah e poi questo raid mirato a uno dei maggiori ricercati. L'obiettivo è quello di ristabilizzare il fronte nord e riportare gli sfollati a casa.

Dopo la giornata dei beeper e il seguito dei walkietalkie, dopo la distruzione di cento rampe di lancio pronte per una parte dei missili che l’Iran ha fornito agli Hezbollah, ieri pomeriggio nel centro di Beirut è stato eliminato un capo terrorista ricercato da anni, Ibrahim Aqil. Di nuovo un colpo strategico fondamentale contro il maggiore proxy degli Ayatollah, un gruppo terrorista che ha trascinato il Libano in una guerra a fianco di Hamas di cui gli altri cittadini libanesi si rammaricano. Essi per primi sperano che questa situazione crei le condizioni per il tramonto di Nasrallah. Non così il resto del mondo. Per ora al nord, sul Golan, in Galilea, verso Tiberiade, le sirene non hanno smesso di chiamare i cittadini israeliani a correre nei rifugi. Ma i bombardamenti degli Hezbollah dal 7 di ottobre, quando Nasrallah intraprese dal Nord la guerra di attrizione a fianco di Hamas, sono un fatto normale, e per ora non cessa. Ma Nasrallah, durante il suo discorso di giovedì (niente bandiere sullo sfondo, tono incerto, rating gigantesco nell’attesa dell’annuncio, che non è venuto, della sua vendetta) ha solo confermato che non smetterà di combattere finché Hamas lo farà, che Israele semmai è il responsabile della guerra e ha confessato di non avere mai ricevuto un colpo così duro come mercoledì. E oggi un altro colpo nel cuore di Beirut: un’altra sonora umiliazione. È vero, i suoi missili partono ancora, i boschi bruciano, le case ebraiche del nord ancora sono deserti, due soldati sono stati uccisi Nael Fwarsy e Tomer Keren, ma solo domenica scorsa Netanyahu annunciò che fra gli obiettivi strategici, oltre alla sconfitta di Hamas c’era anche il ritorno a casa dei 65mila sfollati cacciati dalle loro case dalla ferocia degli Hezbollah.

Hezbollah solo per solidarietà coi peggiori assassini del secolo li ha aggrediti e cacciati via: donne, bambini, famiglie. Così, finalmente Israele mercoledì ha azionata una macchina di attacco inusitata, stupefacente, ad personam, con poche perdite civili rispetto all’obiettivo, i terroristi di Nasrallah. Un congegno super complesso, preparato con un lavoro di sicurezza e tecnologico da Netflix: dimostra che Israele è ancora sé stesso, e che dopo il fallimento del 7 ottobre ha ripreso la via dell’invenzione inaspettata per vincere i propri più terribili nemici. La spiegazione della lunga preparazione a fronte invece dell’ignoranza colpevole su Hamas, è legata probabilmente alla maggiore attenzione per il fronte iraniano. Grave errore.

Adesso, lo scopo è chiaro: Israele vuole riportare la sua gente sfollata a casa, riprendere possesso del suo territorio, delle sue case, delle sue scuole; non ha nessun interesse al territorio libanese se non per quella parte che viene usata come rampa di lancio per i missili iraniani, pronti per il prossimo sterminio degli ebrei programmato dall’Iran da anni, e costruito con la sua schiera di proxy che non hanno niente a che fare l’uno con l’altro se non la passione estatica jihadista, il sogno di eliminare gli ebrei. Qui non valgono le leggende sull’occupazione, la sofferenza: è puro odio. Come quello dei missili lanciati da 2000 chilometri di distanza dagli Houty per capire quanto è folle l’aggressione antisemita. Eppure anche la semplice decisione di Israele di cercare di riportare a casa i suoi, al nord, è coperta di insulti, di disapprovazione, di timore dell’“escalation”. Ma l’escalation c’era già stata, quella che ha portato a fianco di Hamas l’Iran e i suoi. Mai condannata. Chi ha intimato agli Hezbollah di smettere di fiancheggiare Hamas? Nessuno.

L’Occidente biasima solo Israele, non ammira affatto, la brillante impresa dei beeper, non chiede di lasciar tornare a casa gli sfollati israeliani per por fine al conflitto. Che Blinken abbia insistito diverse volte sul fatto che “gli Stati Uniti non sapevano, non sono coinvolti…” e che si preoccupa per una “escalation” non stupisce. Israele è solo mentre l’Inghilterra laburista gli taglia le armi, mentre, su un altro proscenio, lo scontro con il terrorismo allarga il suo fronte anche nelle nostre città e l’ONU intanto vota una risoluzione che sembra scritta da Krusciov usando la politica delle maggioranze automatiche dell’ONU e nega a Israele il diritto alla difesa. Normale. Fa solo impressione anche che l’Italia si sia astenuta.

La paura dell’escalation e la richiesta di cessate il fuoco-regalo sono aiuti alle organizzazioni terroristiche; e gli Hezbollah sono fra le peggiori, un’organizzazione fascista, criminale, antisemita, che punta alla liquidazione di Israele, come Hamas. Israele però viene condannata perché cerca di difendersi pena la sua stessa vita. Se la logica con cui viene ideologicamente perseguitata fosse stata la stessa ai tempi della Seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti di Roosevelt e Truman, come l’Inghilterra di Churchill sarebbero tutti stati condannati per crimini di guerra.    

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