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Il Foglio Rassegna Stampa
17.09.2024 All’Onu più della metà dei paesi sono dittature
Commento di Giulio Meotti

Testata: Il Foglio
Data: 17 settembre 2024
Pagina: 1/I
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Buona democrazia»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 17/09/2024, a pag. 1/I, l'analisi di Giulio Meotti dal titolo: "Buona democrazia".  

Informazione Corretta
Giulio Meotti

Antonio Guterres, segretario generale dell'ONU, nella festa internazionale della democrazia (che cade il 15 settembre) non realizza che soltanto 84 dei 193 Stati membri dell’Onu sono democrazie

Nel suo messaggio in occasione della Festa internazionale della democrazia (15 settembre), il segretario generale dell’Onu, António Guterres, ha voluto ricordare che in cinquanta paesi – che rappresentano metà della popolazione mondiale – si tengono elezioni libere e che nonostante i traguardi raggiunti “questi diritti e valori sono sotto attacco in tutto il mondo. Le libertà vengono erose, lo spazio civico si sta riducendo, la polarizzazione si intensifica e la sfiducia cresce”. Tutto bello, nel mondo di Guterres, ma soltanto 84 dei 193 stati membri dell’Onu sono democrazie.

“Le Nazioni Unite sono un enorme club per dittatori”, afferma Thor Halvorssen, fondatore della Human Rights Foundation, oggi presieduta da Garry Kasparov e che invita dissidenti come Anna Kwok, che ha lavorato come organizzatrice durante le proteste pro democrazia di Hong Kong; Oleksandra Matviichuk, attivista per i diritti umani e avvocato ucraino; Leopoldo López, attivista per i diritti umani venezuelano che ha trascorso cinque anni in prigione dopo aver organizzato proteste di massa contro il governo Maduro; e Masih Alinejad, giornalista e attivista iraniana in esilio che ha contribuito a richiamare l’attenzione sulle proteste contro le leggi sull’hijab obbligatorio nel suo paese, anche prima che l’omicidio di Mahsa Amini suscitasse indignazione internazionale.

E questa settimana ha preso posto ufficialmente un nuovo paese, lo stato di Palestina, tra gli stati membri all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, nonostante non sia neanche uno stato riconosciuto. Lo scorso gennaio, Abu Mazen (Mahmoud Abbas) ha completato il suo diciannovesimo anno in carica come presidente dell’Autorità palestinese. Il mandato presidenziale doveva essere di quattro anni e non rinnovabile per più di due. E in effetti, Abu Mazen non l’ha mai rinnovato. Abu Mazen è stato eletto nelle ultime elezioni presidenziali che si sono tenute nell’Autorità Palestinese il 9 gennaio 2005. E in perfetta coerenza con i suoi valori dittatoriali democratici, l’Autorità palestinese sotto Abu Mazen si è astenuta dal tenere elezioni generali per il Parlamento dell’Autorità palestinese sin dal 2006. In quelle elezioni, la maggioranza dei voti espressi andò a Hamas, che da quando governa Gaza nel 2007 (dopo aver fatto un golpe contro l’Anp) non ha mai tenuto elezioni. E Husni Abdel Wahed, storico capo della missione diplomatica palestinese a Madrid, ha presentato ieri le sue credenziali al re di Spagna Felipe VI come ambasciatore dello “stato di Palestina” dopo che il governo spagnolo lo ha riconosciuto a maggio.

Nella sala d’ingresso delle Nazioni Unite a New York c’è un passaggio che tutti i visitatori attraversano. Lungo le pareti c’è una mostra che ricorda ai visitatori le vittime degli attacchi terroristici in tutto il mondo, inclusi gli attacchi a New York, Boston e Kenya. C’è persino una giornata dedicata alle Nazioni Unite per ricordare le vittime del terrorismo, ma ciò che manca da quella giornata e dalle numerose mostre di attacchi terroristici è un gruppo: le vittime israeliane degli attacchi terroristici palestinesi.

L’Iran, dittatura del turbante dove le donne sono brutalmente oppresse e che detiene il record mondiale di esecuzioni capitali, è nominato alla Commissione per i diritti delle donne delle Nazioni Unite. E nonostante l’atroce attacco che ha ucciso 1.200 persone innocenti nei modi più brutali possibili e ne ha rapite altre 250, l’Onu non è mai riuscita a condannare l’attacco di Hamas. Ha invece osservato un minuto di silenzio per il defunto presidente iraniano, Ebrahim Raisi, noto come il “macellaio di Teheran”. E così il segretario generale Guterres ha omesso Hamas in un rapporto sulle organizzazioni sospettate di aver commesso atti di violenza sessuale durante il conflitto. E ancora nelle ultime settimane, il Consiglio di sicurezza ha tenuto una sessione di emergenza dopo un attacco israeliano a un complesso terroristico in agosto, che ha ucciso almeno 31 terroristi palestinesi, ma non è riuscito a tenere una sessione simile su un attacco missilistico di Hezbollah che ha ucciso 12 bambini drusi innocenti sulle Alture del Golan un mese prima.

Lo stesso al Consiglio dei diritti umani, dove ci ricorda UN Watch addirittura il 65 per cento dei paesi membri sono dittature e che in dieci anni hanno votato 155 risoluzioni contro l’unica democrazia del medio oriente: Israele. Otto le risoluzioni contro l’Iran, dieci contro gli Stati Uniti, zero contro la Cina… Happy International Day of Democracy a tutti!

 

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