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Informazione Corretta Rassegna Stampa
08.09.2024 La campagna di vaccinazione contro la poliomielite smentisce le accuse di “genocidio” israeliano
Analisi di Ben Cohen

Testata: Informazione Corretta
Data: 08 settembre 2024
Pagina: 1
Autore: Ben Cohen
Titolo: «La campagna di vaccinazione contro la poliomielite smentisce le accuse di “genocidio” israeliano»

La campagna di vaccinazione contro la poliomielite smentisce le accuse di “genocidio” israeliano
Commento di Ben Cohen
(Traduzione di Yehudit Weisz)
https://www.jns.org/polio-vaccination-campaign-gives-lie-to-claims-of-israeli-genocide/

Antipolio, campagna di vaccinazione in corso nella Striscia di Gaza, condotta grazie a una tregua nei combattimenti. Israele viene accusato di genocidio. Ma nella storia non si è mai visto un genocida che smette di combattere per consentire la vaccinazione della popolazione sua vittima e partecipa in prima linea alla campagna vaccinale. Però l'Occidente continua ad accusare Israele, ignorando questi dati di realtà.

Gli Stati che commettono genocidi non fanno distinzioni tra personale militare e popolazione civile. Non accettano pause nelle loro campagne militari per consentire la consegna di aiuti umanitari. Cercano di ostacolare le agenzie internazionali che si occupano delle emergenze abitative e mediche della popolazione presa di mira, piuttosto che di collaborare con esse.

Se dovessero scoppiare malattie mortali tra gli sfollati e i profughi, come spesso accade, cercherebbero di nasconderle, invece di riconoscerle e contrastarle. Tutto ciò significa una delle due cose. Nella Striscia di Gaza, Israele sta conducendo il più strano genocidio nella storia orribile di quel fenomeno, o non ne sta conducendo affatto.

Nell'ultima settimana, Israele ha aiutato l'Organizzazione Mondiale della Sanità e l'UNICEF, il fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia, a lanciare una grande campagna di vaccinazione a Gaza contro la poliomielite in seguito al primo caso del virus in 25 anni. Più di 1,25 milioni di dosi del vaccino sono arrivate nell'enclave costiera a Gaza il 25 agosto, grazie alla facilitazione di Israele attraverso il suo valico di Kerem Shalom. Il 31 agosto, COGAT, l'unità del Ministero della Difesa israeliano responsabile della situazione umanitaria a Gaza, ha annunciato formalmente l'inizio della campagna di vaccinazione rivolta ai bambini di Gaza, specificando sia gli orari che i luoghi in cui il vaccino sarebbe stato distribuito. Israele ha anche trasferito a Gaza apparecchiature di raffreddamento per conservare i vaccini. L'obiettivo è vaccinare 640.000 bambini di Gaza contro la malattia. Una dichiarazione dell'OMS del 4 settembre ha confermato che nella prima fase della campagna di vaccinazione, nella parte centrale di Gaza, 187.000 bambini hanno ricevuto il vaccino, superando di 30.000 l'obiettivo per quell'area. “È stato estremamente incoraggiante vedere migliaia di bambini in grado di accedere ai vaccini antipolio, con il supporto delle loro resilienti famiglie e dei coraggiosi operatori sanitari, nonostante le condizioni deplorevoli che hanno affrontato negli ultimi 11 mesi. Tutte le parti hanno rispettato la pausa umanitaria e speriamo che questo slancio positivo continui”, ha commentato Richard Peeperkorn, rappresentante dell'OMS per Gaza, e questo per Israele è probabilmente il momento più vicino per ricevere un voto di ringraziamento da questa agenzia, che non è esattamente nota per il suo calore nei confronti dello Stato ebraico. La campagna si è ora spostata nella parte meridionale di Gaza, dove folle di famiglie palestinesi si sono radunate per ricevere i vaccini, prima di essere completata nella parte settentrionale della Striscia. nella sua fase finale. E’ difficile pensare a un altro Stato, in particolare uno coinvolto in una guerra per la sopravvivenza, che farebbe di tutto per proteggere i bambini nella zona di combattimento da questa malattia devastante che può paralizzare parti del corpo. La Russia, che ha rapito bambini in Ucraina, non farebbe certamente lo stesso. E nemmeno la Turchia, che ha inviato le sue forze armate nella vicina Siria e continua la sua campagna genocida contro la sua minoranza curda. Lo stesso vale per Cina, Birmania/Myanmar, Sudan e tutti gli altri Paesi in cui sono in corso veri e propri genocidi, perseguiti da leader politici e militari il cui obiettivo è che le vittime che prendono di mira muoiano il più rapidamente e nel maggior numero possibile. Come si addice a un movimento che si tappa le orecchie ogni volta che saltano fuori fatti scomodi, la folla globale pro-Hamas è rimasta in silenzio sulla campagna vaccinale o ha promosso ridicole teorie cospirative accusando Israele di aver impiantato il virus e poi distribuito un falso vaccino. Ironicamente, la maggior parte dei palestinesi non sembra condividere questa prospettiva. Quando Bisan Owda, un'influencer dei social media di Gaza, ha avvertito che l'emergere della poliomielite era la conseguenza di una cospirazione anti-palestinese, è stata liquidata bruscamente da Nour Alsaqa, un'altra influencer di Gaza e difficilmente amica di Israele, che ha sottolineato che il primo caso di poliomielite è stato registrato e pubblicizzato dal Ministero della Salute gestito da Hamas! Alsaqa ha chiesto in modo mirato a Owda perché il suo video che  accusava lo sforzo vaccinale fosse stato pubblicato in inglese “quando la popolazione interessata è quella dei gazawi che parlano arabo.”  Ha concluso che Owda stava semplicemente “cercando di nuovo attenzione… online.” Non sono in disaccordo con questa valutazione. Per essere chiari, non sto sostenendo che la campagna di vaccinazione significhi che la popolazione palestinese di Gaza improvvisamente veda i suoi vicini israeliani attraverso occhiali rosa. Quel che voglio dire è che la campagna di vaccinazione, che non sarebbe stata assolutamente possibile senza il consenso e l'assistenza pratica di Israele, è una prova importante per contrastare la mostruosa bugia secondo cui l'obiettivo di Israele è sterminare ogni singolo palestinese. Se questa fosse una guerra contro i civili, non ci sarebbe alcun vaccino. Ma non lo è. È una guerra contro Hamas, l'organizzazione terroristica che ha scatenato questo conflitto in primo luogo con il suo pogrom del 7 ottobre e le cui azioni hanno causato miseria alle persone che affermano di voler liberare. Eppure non ci si può aspettare che i manifestanti anti-Israele nei campus americani ed europei dimostrino un po' di umiltà quando troppi dei loro governi stanno rafforzando l'idea che Israele sia uno Stato canaglia che commette deliberatamente crimini di guerra e crimini contro l'umanità. Non sto parlando dell'Iran, della Turchia o del Qatar, stati i cui leader hanno adulato gli stupratori di Hamas per quasi un anno ormai. Sto parlando di presunti alleati di Israele (e degli Stati Uniti) che hanno cercato di legare le mani di Israele militarmente, riconoscendo unilateralmente lo Stato palestinese e bloccando le forniture di armi alle Forze di difesa israeliane. L'ultimo esempio di questo comportamento vergognoso riguarda il neoeletto governo laburista nel Regno Unito, il cui ministro degli esteri, David Lammy, ha annunciato il 2 settembre che 30 delle 350 licenze di esportazione di armi verso Israele erano state sospese per timore che lo Stato ebraico avrebbe utilizzato questo materiale in violazione del diritto umanitario internazionale.

Lammy ha fatto l'annuncio mentre le truppe israeliane scoprivano i corpi di sei ostaggi, tra cui l'israelo-americano Hersh Goldberg-Polin, dopo che erano stati brutalmente giustiziati dai loro rapitori di Hamas a Gaza, nonché sulla scia dell'annuncio di Israele di trasferire con urgenza i vaccini antipolio. Nascondendo questa squallida manovra politica dietro la giustificazione di una consulenza legale imparziale, sia Lammy che il Primo Ministro Sir Keir Starmer si sono distinti per aver attaccato Israele in un momento di straziante dolore per l'intera nazione. È improbabile che gli israeliani dimentichino quell'insulto per molto tempo, se non per sempre.

Il Regno Unito, che fornisce felicemente armi ad aggressori come Turchia e Cina senza preoccuparsi di consulenze legali, si è unito a una lista di altri Paesi che hanno implementato restrizioni simili, tra cui Spagna, Paesi Bassi e Canada. Niente di tutto ciò avrà un grande impatto sulle capacità di combattimento di Israele, poiché oltre il 90% delle armi importate dall'IDF proviene dagli Stati Uniti e dalla Germania. La minaccia che queste misure rappresentano è politica, incoraggiando gli osservatori neutrali a trarre un'equivalenza tra l'IDF e Hamas e a rafforzare la visione che mentre Israele potrebbe teoricamente avere il diritto di difendersi, in termini pratici non ce l'ha.

Allo stesso tempo, tali misure suggeriscono ai nemici implacabili di Israele che le loro posizioni sono essenzialmente corrette e che il potere della “lobby sionista” è ciò che impedisce ai loro governi di sostenere in blocco la loro linea.

Che Israele si elevi al di sopra della mischia e prenda le decisioni giuste indipendentemente da tutto questo è a suo eterno merito.

Ben Cohen Writer - JNS.org

Ben Cohen, scrive su Jewish News Syndacate


takinut3@gmail.com

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