Se Israele perde tutte le democrazie sono in pericolo Commento di Giulio Meotti
Testata: Il Foglio Data: 04 settembre 2024 Pagina: 1/I Autore: Giulio Meotti Titolo: «L’avamposto ebraico»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 04/09/2024, a pag. 1/I, il commento di Giulio Meotti dal titolo: “L’avamposto ebraico”.
Giulio Meotti
Mohamed Sifaoui, giornalista e intellettuale franco-algerino, specialista in terrorismo e islam radicale, detiene un record di cui vorrebbe fare a meno. Dal 2003 è il “cliente” più anziano del Servizio di protezione francese. Questa unità non si occupa solo delle massime autorità dello stato; comprende anche una sottodirezione per la sicurezza di alcune personalità. E nonostante viva sotto una fatwa da vent’anni, Sifaoui sembra ancora in cerca di “guai”. Per le edizioni Rocher ha appena pubblicato un libro su (e contro) Hamas. Sifaoui racconta che “Hamas può contare su tre alleati strategici: l’Iran prima, il Qatar poi e infine la Turchia”. Doha è un importante sostenitore finanziario, politico e propagandistico. Ha consentito la ricostruzione di Gaza e, per estensione, la costruzione di numerosi tunnel. Usa il canale al Jazeera come strumento di propaganda.
Questa alleanza consente al Qatar di essere al centro del gioco diplomatico e di apparire, agli occhi dell’occidente, “come il partner essenziale quando si tratta di negoziare con i leader di Hamas”, spiega Sifaoui. “Questo doppio gioco costante è noto a tutti”. Pur comprendendo il “cinismo diplomatico”, Sifaoui scrive che in Europa c’è stata troppa generosità verso il Qatar. “E troppa compiacenza nei confronti di un regime che è sponsor dei nemici delle democrazie”.
Se la prende con la sinistra di Jean-Luc Mélenchon. “Lui e i suoi amici non hanno mai condannato Hamas o il Jihad islamico, che rifiutano di considerare organizzazioni terroristiche”. Ma Sifaoui va anche al cuore culturale dello scontro. “I Fratelli musulmani si opposero alla nascita di un focolare ebraico in Palestina non per antisemitismo, ma perché sapevano che questi primi sionisti avevano uno stile di vita moderno, considerato pericoloso per il progetto della Fratellanza. Israele è diventato agli occhi degli islamisti una specie di avamposto dei valori universali nella regione e questo per loro è insopportabile. Naturalmente, successivamente, si sono aggiunti fattori religiosi e politici, ma ci rendiamo conto che gli islamisti hanno paura di ciò che Israele incarna come sistema democratico”.
E se Israele perdesse? “Se Israele perde la partita, posso assicurarvi che tutte le democrazie ne risentiranno. Galvanizzerà il movimento islamista, come la rivoluzione iraniana, e un eventuale successo dell’asse islamista causerà una vera e propria esplosione a livello globale. Questa non è solo una formula retorica per spaventare la gente. Attaccando Israele, i sostenitori dell’islam politico sanno che ciò va ben oltre il medio oriente”.
Gli intellettuali algerini sembrano aver assunto il ruolo di grilli parlanti. Si va da Boualem Sansal a Kamel Daoud, che in questi giorni gira la Francia per presentare il suo nuovo romanzo, “Houris”, e per mettere in guardia l’Europa dal compiacere gli islamisti: “Se l’occidente cade in ginocchio, dove andremo? L’occidente è qualcosa di precario, di fragile”. Dice di avere la sindrome di Apollinaire, Daoud: “Sono più francese dei francesi. Non mi piace il vittimismo. Quello che stiamo vivendo in occidente, in termini di compromesso con l’islamismo, per me è un remake, lo abbiamo sperimentato con le illusioni degli intellettuali di Algeri che, in nome della democrazia, sostenevano gli islamisti. L’islamismo in Europa si è sviluppato con una formidabile ingegneria, sa dove colpire, come far sentire le persone in colpa. Gli islamisti investono in modo efficace nella comunicazione e nella propaganda. C’è motivo di temere l’emergere di un emirato nel cuore di un’Europa accecata dal senso di colpa e dalla codardia”. Viva gli intellettuali algerini, abbasso i pensabenisti occidentali.
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