Israele lotta senza tregua per liberare gli ostaggi
Commento di Antonio Donno
Un paese intero attende il ritorno a casa degli ostaggi in mano ad Hamas. Nonostante la questione divida Israele sulle strategie da adottare, tutti sono concordi sul fatto che debbano essere riportati in patria con ogni mezzo possibile. E l'Occidente continua a non aiutare.
Di tanto in tanto, i soldati israeliani ritrovano alcuni corpi degli ostaggi israeliani catturati il 7 ottobre del 2023. Qual è la tattica di Hamas? Con ogni probabilità, di fronte all’avanzata delle truppe di Gerusalemme e alla progressiva eliminazione dei terroristi di Hamas nella Striscia di Gaza, il gruppo terroristico, con l’uccisione sistematica e progressiva di un piccolo numero di ostaggi, vuol dimostrare che l’azione militare israeliana non condurrà alla liberazione degli ostaggi, ma alla loro eliminazione nel corso del tempo. In questo modo crudele, Hamas intende accrescere l’opposizione del popolo di Israele contro il governo di Netanyahu, accusato di non fare tutto il possibile per liberare gli ostaggi che ancora sopravvivono. Una tattica feroce, che, come altre messe in atto da Hamas, tende a coinvolgere un popolo, quello di Israele, in una contestazione sempre più acuta nei confronti di Netanyahu, costringendolo a rassegnare le dimissioni e mettere in crisi l’intero governo di Gerusalemme.
Se questo dovesse avvenire, Hamas spera di ottenere un risultato positivo. Un nuovo governo israeliano senza Netanyahu potrebbe decidere di chiudere la partita nella Striscia di Gaza, favorire un compromesso e ottenere, così, il rilascio degli ostaggi che sono ancora in vita, insieme ai cadaveri degli altri. Sarebbe, di conseguenza, una vittoria straordinaria per il gruppo di Hamas, il quale, ridotto ormai quasi ai minimi termini, uscirebbe da una situazione gravissima con un successo insperato, ma allo stesso tempo ricercato con un’astuzia eccezionale. Yahya Sinwar diverrebbe agli occhi dei palestinesi il vero capo indiscusso della lotta per la distruzione di Israele. Questo è ed è sempre stato il fine della guerra terroristica palestinese contro Israele.
Quando i governi europei e quello americano, pur giustificando la reazione di Israele nella Striscia di Gaza al fine di cancellare definitivamente Hamas, insistono, tuttavia, nel sollecitare il governo di Netanyahu a sospendere l’azione a Gaza per non infliggere perdite eccessive alla popolazione della Striscia, non sottolineano un fatto di grande importanza: se Israele dovesse sospendere l’azione militare a Gaza, si dovrebbe dare inizio ad un’azione diplomatica tra un gruppo terroristico in via di cancellazione e lo Stato di Israele. In effetti, il piano degli Stati Uniti è stato presentato e Hamas lo ha accettato, perché vede nelle tre fasi descritte nel piano americano la possibilità di ottenere la fine permanente delle ostilità, in cambio del rilascio graduale degli ostaggio sopravvissuti. Sarebbe un trionfo per i terroristi di Hamas.
La fine permanente dell’azione militare di Israele nella Striscia di Gaza e il suo ritiro dalle posizioni raggiunte e bloccate darebbe la certezza ad Hamas di avere davanti a sé il tempo necessario per riacquisire gli armamenti finora perduti e rimpolpare il proprio gruppo con nuovi elementi votati al terrorismo contro Israele. Il piano americano, fatto proprio anche dall’Onu, non può garantire che la sua eventuale accettazione da parte di Gerusalemme assicurerebbe il rispetto da parte da parte di Hamas, un gruppo che si pone completamente fuori dal sistema diplomatico internazionale e che fa, anzi, di questa estraneità la carta vincente nella sua lotta contro Israele. Esattamente come Hezbollah.
La lotta contro il terrorismo nel Medio Oriente dovrebbe essere un punto fermo nell’azione delle Nazioni Unite. Diverse risoluzioni invitano i membri dell’Onu a combattere il terrorismo e i suoi finanziatori. Si tratta di risoluzioni che non hanno mai avuto effetti pratici nel sistema politico internazionale. Così, Hamas, pur essendo stato definito dall’Onu un gruppo terroristico, gode di una significativa impunità da parte dei Paesi del Medio Oriente, a differenza di Israele, il quale lotta per la cancellazione di Hamas dalla Striscia di Gaza. A questo punto, le Nazioni Unite dovrebbero approvare l’azione di Israele, secondo le proprie risoluzioni, ma, al contrario la condanna. Un deficit d’azione che ben dimostra la debolezza dell’Onu in uno dei punti-chiave delle crisi internazionali e che fornisce un vantaggio oggettivo per i gruppi terroristici che vogliono fare la propria parte nella lotta contro Israele per distruggerlo.
Antonio Donno