Putin contro gay e democrazie Analisi di Anna Zafesova
Testata: La Stampa Data: 21 agosto 2024 Pagina: 21 Autore: Anna Zafesova Titolo: «Lo zar apre a chi combatte i gay e la democrazia»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 21/08/2024, a pag. 21, l'analisi di Anna Zafesova dal titolo "Lo zar apre a chi combatte i gay e la democrazia".
Nel «grande scambio» dei dissidenti russi con le spie e i killer di Vladimir Putin, avvenuto qualche settimana fa, c'è un piccolo dettaglio passato abbastanza inosservato. Ilya Yashin l'ha raccontato nella sua intervista dopo il ritorno in libertà all'intervistatore-star Yuri Dud, sul suo canale YouTube: sull'aereo a bordo del quale i prigionieri del Gulag venivano portati ad Ankara per lo scambio, gli ostaggi americani e tedeschi erano stati fatti accomodare nella Business class, e l'ufficiale che teneva d'occhio l'oppositore russo a un certo punto si è accomiatato da lui scusandosi: «Sono stato promosso, mi mandano a scortare gli americani». Una classifica che ogni russo, ogni ex sovietico, ha assorbito fin da piccolo, in una subalternità piena di risentimento che era stata riassunta nel motto di Nikita Krusciov «raggiungere e superare», una ammissione dell'arretratezza di Mosca che il suo pur timido «disgelo» aveva reso palese. «Loro», come vengono chiamati gli «stranieri», per i quali normalmente si intendono gli occidentali, possono venire odiati, osteggiati, combattuti. Ma la consapevolezza che rimangono un modello da invidiare rimane perfino nei momenti di maggior isolazionismo nazionalista della storia russa. Il decreto n. 702 firmato da Putin, che concede permessi di soggiorno agevolati nella Federazione Russa a cittadini di Paesi occidentali che «rifiutano la politica dell'imposizione di principi ideologici neoliberali», nasce dallo stesso desiderio di competizione. Almeno un milione di cittadini russi è fuggito dalla Russia dopo l'invasione dell'Ucraina, e le pubblicità più gettonate anche sui canali YouTube di blogger fedeli al regime come Ksenia Sobchak promuovono agenzie che permettono di dotarsi di un permesso di soggiorno in Romania, o almeno di un passaporto turco. Il sogno impossibile di milioni di russi è «uekhat», andarsene (in un'accezione del verbo che implica il «per sempre»). E quando il Cremlino apre le porte a rifugiati «ideologici» che vogliono «compiere una libera scelta a favore di un legame spirituale, culturale e legale» con la Russia, e i suoi «valori spiritual-morali tradizionali», lo fa per cercare di fare buon viso a un gioco già perso. Inevitabile fare ironie sui potenziali candidati all'asilo politico in Russia per le vittime del liberalismo. Ogni Paese occidentale, dall'Italia alla Germania agli Usa, potrà stilare una propria lista di politici e opinionisti – prevalentemente di destra ma non solo – che a parole preferiscono Mosca all'Occidente «depravato». Difficile però che si formi una coda agli sportelli dell'ufficio immigrazione. I simpatizzanti del Cremlino non fanno di solito una buona fine, come ricorda la storia degli idealisti (all'epoca prevalentemente di sinistra) che avevano scelto l'Urss per finire nel Gulag, o scapparne delusi dopo pochi anni, come Lee Harvey Oswald, l'assassino di John Kennedy. Del resto, anche «immigrati» di lusso come Gerard Depardieu, che aveva preso il passaporto russo per sfuggire alle supertasse di François Hollande, o Steven Seagal, che non si perde una parata in piazza Rossa, preferiscono godersi il declino dell'Occidente.
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