Usa, la sinistra anti-israeliana Cronaca di Carlo Nicolato
Testata: Libero Data: 21 agosto 2024 Pagina: 15 Autore: Carlo Nicolato Titolo: «L'ovazione dei Dem a Biden, il leader che hanno abbattuto»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 21/08/2024, pag. 15, con il titolo "L'ovazione dei Dem a Biden, il leader che hanno abbattuto", l'analisi di Carlo Nicolato.
Carlo Nicolato
Il dubbio, tuttavia, è che quegli applausi gli siano dovuti più che altro per essersi fatto da parte senza troppe proteste e non tanto per quello che ha detto. «Grazie Joe!», ha ripetuto la platea della Convention di Chicago per ben due volte come si trattasse della plenaria del Partito del Lavoro nordcoreano al cospetto di Kim Jong Un. «Grazie anche a Kamala!», ha risposto entrambe le volte il presidente il cui discorso di 50 minuti sembra qualcosa di scritto mesi fa, quando era ancora candidato, con l’aggiunta del nome della Harris associato del tutto arbitrariamente a ogni risultato di cui si è vantato.
Un discorso elettorale con l’elenco delle cose fatte inondato di ipocrisia liberalsocialistoide, patriottismo e costanti attacchi a Trump, il cui nome è stato pronunciato 23 volte.
Una ogni due minuti, casualmente lo stesso numero di volte che ha pronunciato quello di Kamala. In mezzo ci sono coloriture da parodia, come quando parlando dei fatti di Charlottesville 2017 ha detto di aver visto «estremisti che uscivano dai boschi portando torce, con le vene che gli uscivano dal collo, portando svastiche naziste e cantando la stessa identica bile antisemita che si sentiva in Germania nei primi anni '30», medaglie da veterosocialista, come quando si è vantato di essere «il primo presidente a fare un picchetto» e di essere stato etichettato come «il presidente più pro-sindacato della storia». «Union Joe!
», ha risposto in coro la platea. «You got it, man», ha risposto a sua volta Biden dicendosi «orgoglioso».
Il presidente ha detto anche che sarebbe orgoglioso di portare le tasse per i ricchi al 25%, ma ci penserà Kamala a farlo.
Il momento più basso però è stato quando, riferendosi alla marcia anti -israeliana che contemporaneamente si teneva in strada, ha detto che «quei manifestanti in strada hanno ragione», dando così di fatto torto a Israele e ragione ad Hamas. «Molte persone innocenti vengono uccise da entrambe le parti», ha aggiunto, sostenendo che lui e il suo Segretario di Stato stanno «lavorando tutto il giorno per prevenire una guerra più ampia, riunire gli ostaggi delle loro famiglie, aumentare l'assistenza umanitaria, realizzare un cessate il fuoco e porre fine a questa guerra».
LE LACRIME
Non sono mancati i riferimenti a fatti mai accaduti, come quando ha tirato fuori per l’ennesima volta l’accusa mai suffragata secondo cui Trump avrebbe detto che i caduti in guerra sono «perdenti e fessi». Né i riferimenti razziali, che a furia di essere strumentalizzati rischiano di diventare razzisti: quello alla prima donna nera alla Corte suprema, Ketanji Brown Jackson, che si dice orgoglioso di aver nominato, e ovviamente quello alla «prima donna nera e di origine sud-asiatica a ricoprire la carica di vicepresidente» e che «presto sarà il 47° presidente degli Stati Uniti». «Lei è brava, guardate», ha poi aggiunto.
«Grazie Joe!», ha risposto la platea educatamente, «grazie Kamala!». Il discorso è finito in lacrime, e non poteva essere altrimenti.
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