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Deborah Fait
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TuB'Av, l'antica Festa dell'amore e la guerra 20/08/2024

TuB'Av, l'antica Festa dell'amore e la guerra
Diario di guerra di Deborah Fait

TuB’Av il giorno dell'amore è una festività minore del calendario ebraico, dopo i giorni di lutto in cui si ricorda la distruzione del tempio. Oggi acquista tutt'altra importanza, in tempo di guerra. Si celebra disperatamente l’amore pensando ai 364 giovani trucidati al Nova festival il 7 Ottobre, alle centinaia di famiglie rimaste orfane.

Dalla sera di domenica 18 agosto alla sera di lunedì 19 agosto, in Israele e nel mondo ebraico si celebra la festa di TuB’Av, il giorno dell’amore. È una festa biblica minore del calendario ebraico, un giorno di gioia ripreso nell’epoca moderna dal mondo anglosassone con il Valentine day, festeggiato in tutto il mondo, compreso Israele. Anticamente le giovani ebree per TuB’Av si vestivano di bianco e danzavano per le strade in attesa di essere scelte da qualche bel ragazzo. Dopo la distruzione di Gerusalemme da parte dei Romani la festa fu cancellata e sostituita con il lutto per la Terra perduta. Fu ricostituita dopo il 1948 con la fondazione del moderno stato ebraico. Quest’anno le celebrazioni si sono adattate alla guerra e hanno assunto un significato molto profondo. Si celebra disperatamente l’amore pensando ai 364 giovani trucidati al Nova festival il 7 Ottobre, alle centinaia di famiglie rimaste orfane, alle centinaia di coppie divise dalla morte o dal rapimento degli ostaggi. Per la prima volta dal 1948 questa festa gioiosa passerà in sordina, in modo molto privato. Siamo circondati dalla guerra all’interno di Israele con il terrorismo, ai nostri confini attaccati da Hezbollah, da Hamas, dagli Houti. L’Iran abbaia per la nostra distruzione, all’estero, in tutto l’Occidente, la gente ci odia e lo urla al cielo, sbraita che la Palestina will be free dal fiume al mare.

L’altra sera un terrorista con uno zaino con 15 kg di esplosivo si è fatto esplodere a Tel Aviv vicino a una sinagoga . È stato un incidente sul lavoro durante un atto terroristico, sia Hamas che la Jihad islamica si sono assunti la responsabilità dell’evento . L’intenzione del terrorista era di arrivare allo stadio Blumfield di Yaffo ( Giaffa) dove si giocava una partita di calcio e assassinare migliaia di israeliani in un colpo solo. Fortunatamente è saltato lui prima di arrivare sul luogo stabilito per la strage.

Hamas ha dichiarato che adesso riprenderanno gli attacchi dei kamikaze, gli uomini bomba, su tutto il territorio israeliano, questo significa che sono pronti a far scoppiare la terza intifada. A questo punto urge che Israele risolva il problema di Giudea e Samaria perché siamo tutti in pericolo. Sappiamo che sia Hamas che Fatah che la Jihad palestinese hanno migliaia di uomini pronti a fare i kamikaze. Una situazione disperata non solo per il pericolo che Israele corre di essere spazzato via ma anche perché il mondo, chi silenziosamente, chi urlando come ossessi pazzi di odio, non aspetta che un’altra Shoah, possibilmente definitiva. Qui mi aggancio a un bellissimo articolo di Giulio Meotti pubblicato dal Foglio l’11 giugno di quest’anno https://www.ilfoglio.it/esteri/2024/06/11/news/-un-mondo-senza-israele-j-accuse-del-nobel-per-la-letteratura-herta-mu-ller-6638313/.

Si tratta di un’intervista al Premio Nobel per la letteratura Herta Mueller, poetessa e saggista, l’unica non ebrea invitata al “Forum del 7 Ottobre”, un evento letterario organizzato dall’Istituto di cultura ebraica in Svezia. L’articolo ha un titolo esplicativo: “Un mondo senza Israele”. Dice la Mueller: “C’è un orrore arcaico in questa sete di sangue che non credevo più possibile ai giorni nostri. Questo massacro ha lo schema dello sterminio attraverso i pogrom, schema che gli ebrei conoscono da secoli”. La Mueller poi ricorda che il massacro del 7 Ottobre è stato fatto da uomini comuni, non solo da miliziani e fa il paragone con lo sterminio dei villaggi ebraici in Polonia quando migliaia di ebrei furono trucidati davanti e dentro le loro case,  non dalle SS ma da uomini civili. Racconta la poetessa, che, in quell’occasione, una coppia di sposi polacchi festeggiò le nozze recandosi sul luogo del pogrom per vedere i morti e si mise a passeggiare felice tra i cadaveri, la sposa vestita di bianco. La poetessa conclude il suo intervento ricordando le parole di un sopravvissuto alla Shoah rifugiatosi in Israele: “ Non posso immaginare il mondo senza Israele, non voglio immaginare il mondo senza Israele”.

Gridiamole tutti insieme queste parole. Un mondo senza Israele sarebbe orfano e triste sia per chi ama questo paese che per chi lo odia e non avrebbe più su chi sfogare le proprie miserevoli vite.

Deborah Fait
Deborah Fait


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