Gaza, ecco come sragiona chi dà retta ai terroristi Analisi di Stefano Stefanini
Testata: La Stampa Data: 12 agosto 2024 Pagina: 3 Autore: Stefano Stefanini Titolo: «È sbagliato rompere le relazioni se puntiamo alla tregua a Gaza»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 12/08/2024, a pag. 3, con il titolo "È sbagliato rompere le relazioni se puntiamo alla tregua a Gaza", l'analisi di Stefano Stefanini.
Il diritto di Israele alla difesa contro Hamas è indiscutibile ma non illimitato. Il limite è la salvaguardia della popolazione. Il raid che ha colpito la scuola di Al Tabeen a Gaza City mostra come sia sempre più difficile, se non impossibile, non oltrepassare la soglia della "inaccettabilità" delle drammatiche conseguenze sui civili, pur mirando a colpire Hamas. La condotta della guerra da parte israeliana non può cambiare se non marginalmente; per converso, è garantito che Hamas continuerà scientemente a farsi scudo di scuole e ospedali, con anziani, donne e bambini in prima linea. Solo il cessate il fuoco, negoziato da mesi ma non realizzato, salvo per pochi giorni a novembre, può mettere fine a questo drammatico stato di cose. Le diplomazie americana, qatariota ed egiziana stanno raddoppiando gli sforzi per arrivarci. Messo alle strette il governo di Gerusalemme non dice di no, almeno in teoria, alla proposta finale arabo-statunitense che dovrebbe essere sul tavolo dei negoziatori a Doha nei prossimi giorni. Per avere una qualche efficacia, lo sdegno verbale del governo italiano per le vittime di Al Tabeen si dovrebbe tradurre in un'azione diplomatica e politica a sostegno dell'accordo di tregua, non certo in futili e inconcludenti gesti quali di richiamo dell'ambasciatore a Tel Aviv. Da sola l'Italia non fa certo massa critica di pressione su Israele. In consultazione e facendo squadra con le altre principali capitali europee può tuttavia contribuire ad esercitare influenza su Benjamin Netanyahu. Nella presente congiuntura, il primo ministro ha bisogno di tutto il sostegno internazionale possibile, politico e militare, per difendersi sull'altro fronte della preannunciata offensiva da Nord da parte di Iran, Hezbollah e Houthi. Senza aiuti di intelligence e sorveglianza dei cieli, come quelli americani, europei (Gran Bretagna e Francia) e arabi ricevuti in aprile, Israele è vulnerabile. Pur ostentando sicurezza («siamo pronti a tutto») Bibi lo sa benissimo. Del resto, a malincuore, persino i suoi ministri più estremisti riconoscono che Israele non può ignorare la comunità internazionale. Il momento di far pressione su Gerusalemme per la tregua a Gaza è questo. Lo strazio delle vittime colpite dalle tre bombe israeliane nel perimetro della scuola di Al Tabeen riflette la piega presa dalla guerra a Gaza. Israele ha inflitto gravissime perdite a Hamas. Ne ha pesantemente danneggiato infrastrutture e capacità offensive. Ma non l'ha domata tant'è che Hamas si è permessa di elevare a capo Yahya Sinwar, dato ancora per operante proprio nella Striscia; tant'è che vi continua ad avere in cattività un centinaio di ostaggi. Il prosieguo del confronto diventerà sempre più una guerriglia urbana con un Hamas ferita che si annida sempre più in mezzo ai civili costringendo pertanto a colpire innocenti per punire terroristi. Secondo l'Onu, Israele ha preso di mira ben 17 scuole nell'ultimo mese. Lo ha fatto sicuramente a ragion veduta, cioè perché c'erano dei militanti di Hamas, ma non può continuare a farne pagare il prezzo ai civili. E ci sono gli ostaggi da liberare. E una guerriglia urbana può andare avanti all'infinito senza riuscire a vincerla - Iraq docet. Da questo vicolo cieco Israele può uscire solo con un cessate il fuoco di lunga durata, se non a tempo indeterminato, che gli restituisca gli ostaggi ancora in vita. Resteranno gli enormi problemi sul tappeto, il futuro e la ricostruzione di Gaza, i due Stati palestinesi, ma una cosa alla volta. Oggi la priorità è la tregua. Se il governo italiano ha veramente a cuore la situazione umanitaria a Gaza, questo è il messaggio da indirizzare a Gerusalemme - per il quale serve più che mai avere un ambasciatore sul posto, non ritirarlo. Messaggio che sarà tanto più efficace quanto meno fatto in solitudine. Ferragosto non è tempo ideale per iniziative internazionali o europee, ma le crisi non rispettano il calendario delle vacanze. Washington è frenata dalla campagna elettorale. Ancor più che puntare sull'Ue, divisa sul Medio Oriente e con un'inaffidabile presidenza ungherese, in queste circostanze sarebbe utile un filo diretto con Parigi, Berlino e Londra, anche per evitare che le tre capitali lo istituiscano fra loro e senza di noi - è successo in passato. A condizione, naturalmente, che il nostro governo voglia fare politica estera. Se vuol fare politica interna, va benissimo richiamare l'ambasciatore a Tel Aviv - o dire agli ucraini di usare i guanti di velluto con la Russia che li bombarda da due anni e mezzo. La popolazione di Gaza o i soldati ucraini non se ne accorgeranno, ma saranno salvi gli equilibri dei palazzi romani.
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