Ora basta: la NATO deve sospendere la cooperazione con la Turchia
Analisi di Ben Cohen
(Traduzione di Yehudit Weisz)
https://www.jns.org/enough-is-enough-nato-must-suspend-cooperation-with-turkey/
Recep Tayyip Erdogan, prima dichiara che la Turchia dovrebbe invadere Israele per fermare la guerra a Gaza, poi ordina il lutto nazionale per la morte di Haniyeh. E cosa ci fa ancora nella Nato?
Non conosco il termine turco per “faccia tosta”, ma qualunque cosa sia, si adatterebbe perfettamente ai recenti commenti di Fatih Ceylan, ex ambasciatore della Turchia presso la NATO. Parlando ad Al-Monitor delle implicazioni per la sicurezza del pieno sostegno della Turchia ad Hamas, Ceylan ha gettato acqua fredda sull’ipotesi che Israele potrebbe compiere degli omicidi mirati di Hamas e dei terroristi alleati di base lì, come ha fatto con spettacolare successo in Libano e in Iran la scorsa settimana. Dopo aver scartato la probabilità di operazioni simili sul suolo turco, Ceylan ha aggiunto che se ne dovesse mai accadere una, “in tal caso, la Turchia certamente solleverà questa questione alla NATO.”
A proposito della NATO, la Turchia, sotto il governo brutalmente autoritario del suo presidente, l’irriducibile islamista Recep Tayyip Erdoğan, si è distinta per essere l’anello più debole dell'alleanza. In effetti, se la Turchia non fosse entrata a far parte della NATO nel 1952, quando era retta da un governo laico e filo-occidentale, non c'è dubbio che ai giorni nostri non potrebbe neppure candidarsi all'adesione. Quel che ha fatto Erdoğan è stato sfruttare l'adesione della Turchia per indebolire l'alleanza dall'interno, funzionando quasi come una quinta colonna. In Siria, ad esempio, le forze turche hanno condotto attacchi contro le Forze democratiche siriane (SDF), che sono, a loro volta, sostenute dagli Stati Uniti, il supposto alleato di Ankara e il più potente dei 32 membri della NATO.
Nell'ottobre del 2023, la situazione era così grave che gli Stati Uniti sono stati costretti ad abbattere un drone turco, un membro della NATO che ha intrapreso un'azione militare contro un altro. Il rapporto di Erdoğan con il regime di Vladimir Putin in Russia è altrettanto inquietante.
Nel 2019 Ankara era stata cacciata fuori dal programma dei caccia F-35 degli Stati Uniti dopo che aveva acquistato dei missili S-400 dai russi. Sulla scia dell'aggressione di Putin contro l'Ucraina democratica, la Turchia ha partecipato attivamente all'eliminazione delle sanzioni internazionali contro Mosca e ha aiutato gli oligarchi russi corrotti a spostare fondi tramite le banche turche.
La Turchia è stata anche attivamente ostile ad altri membri della NATO, in particolare alla Grecia. Metà dell'isola di Cipro è stata occupata illegalmente dai turchi fin dal 1974; all'inizio di quest'anno, Erdoğan si è presentato lì per celebrare il 50° anniversario di quell'invasione. Ha cercato di arginare l'espansione della NATO, bloccando la richiesta di adesione della Svezia, che è stata alla fine approvata solo lo scorso marzo. Come ha detto in modo memorabile Sinan Ciddi, il mio collega alla Foundation for the Defense of Democracies: “Scegli il tuo campo di interessi di sicurezza vitali per l'alleanza NATO e scoprirai una connessione turca che lo saboterà senza sosta.” Quindi, quando Ceyhan afferma con disinvoltura che la Turchia solleverà la questione delle operazioni israeliane sul suo territorio presso la NATO (sperando, senza dubbio, che ciò innescherà l'articolo 5 del Trattato NATO, che sancisce il principio secondo cui un attacco a un membro è un attacco a tutti), ci si potrebbe ragionevolmente aspettare, visti questi deplorevoli precedenti, che gli altri membri della NATO mostreranno un dito medio ad Ankara. In questo momento, il Medio Oriente è verosimilmente nello stato più febbrile dalla creazione dello Stato di Israele nel 1948. Mentre siamo seduti sull'orlo di una guerra regionale che rappresenterebbe una lampante minaccia esistenziale per Israele, la Turchia sta facendo tutto il possibile per alimentare le fiamme. Erdoğan è già noto per i suoi feroci attacchi retorici allo Stato ebraico, intrisi del più crudo antisemitismo. Sin dal pogrom di Hamas del 7 ottobre, la situazione è solo peggiorata, con Erdoğan che afferma che il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu è “peggio di Hitler”, e che descrive Israele come una reincarnazione del Terzo Reich.
Inoltre, il presidente turco ha provato un piacere speciale nel festeggiare gli stupratori di Hamas nel suo territorio, tra cui il defunto e non compianto Ismail Haniyeh, che è stato eliminato il 31 luglio con un meraviglioso simbolismo a Teheran. L'assassinio di Haniyeh ha scatenato un'altra infame filippica di Erdoğan, insieme all'annuncio di una giornata di lutto nazionale per la perdita del suo "fratello.” Per coronare il tutto, ha persino minacciato a fine luglio di invadere Israele, vantandosi: “Proprio come siamo entrati nel Nagorno-Karabakh, proprio come siamo entrati in Libia, potremmo fare lo stesso con loro. Non c'è niente che non possiamo fare.”
Di conseguenza, il Ministro degli Esteri israeliano Israel Katz ha giustamente paragonato Erdoğan al defunto tiranno iracheno Saddam Hussein, quando ha chiesto alla NATO di cacciare la Turchia dalle sue suoi fila. Il problema con questa proposta, tuttavia, è che non esiste alcuna procedura all'interno dell'alleanza per espellere un membro, anche quando, come nel caso della Turchia, detto membro si fa beffe attivamente dell'impegno della NATO verso i valori democratici e la difesa di società aperte. Per questo motivo, la NATO deve pensare onestamente, coraggiosamente e creativamente al futuro status della Turchia.
Onestamente, perché ora è dolorosamente chiaro che la posizione della Turchia mina e contraddice lo scopo principale della NATO, e questo deve essere detto ad alta voce. Coraggiosamente, perché uno o più Stati devono trovare il coraggio di mettere pubblicamente in discussione il valore della Turchia per l'alleanza e ottenere l'adesione degli Stati Uniti, cosa che potrebbe essere più facile da ottenere con un'amministrazione repubblicana, piuttosto che democratica.
Creativamente, perché l'assenza di un meccanismo di espulsione significa che gli Stati membri devono trovare un altro modo per far uscire la Turchia dalla NATO.
Ciò potrebbe significare rifiutarsi di prendere parte alle esercitazioni militari con la Turchia; porre fine alla condivisione di intelligence con i servizi di sicurezza di Ankara; evitare incontri con ufficiali militari turchi; fornire informazioni utili a Israele sul sostegno della Turchia ad Hamas e Hezbollah. Erdoğan dovrebbe anche essere messo in discussione per la sua ipocrisia nel non uscire volontariamente dalla NATO. Se è il grande leader islamico che afferma di essere, se si sta allineando sempre di più con gli interessi iraniani, se gli assassini e i predoni in Libano, Gaza, Cisgiordania, Yemen, Siria e Iraq sono i suoi nuovi migliori amici, allora cosa diavolo ci fa nella NATO? L'adesione della Turchia alla NATO non serve ai suoi obiettivi. Né serve ai nostri. La NATO ha dovuto affrontare alcuni test esterni sin dalla sua formazione, ma la Turchia è il più grande test interno da quando il presidente francese Charles de Gaulle si ritirò dalla struttura di comando della NATO nel 1966. È anche più pericolosa poiché le obiezioni di de Gaulle al dominio degli Stati Uniti sulla NATO non hanno spinto la Francia nelle mani dei sovietici.
Per proteggere se stessi e ciò che l'alleanza rappresenta, i membri della NATO hanno una sola opzione: sospendere la cooperazione con la Turchia e fare tutto il possibile per garantire l'uscita della Turchia da un'alleanza che essa non fa che disonorare.
Ben Cohen, scrive su Jewish News Syndacate