Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
La lotta per il potere secondo Arafat così ostacola il lavoro di Dahlan e di Abu Mazen, ma l'Europa non se ne accorge
Testata: Corriere della Sera Data: 26 agosto 2003 Pagina: 12 Autore: Renzo Cianfanelli Titolo: «Le mani di Arafat sulla sicurezza»
A differenza de La Repubblica, che quasi non parla (mezza colonna a pag.20) il Corriere dedica una pagina intera allo scontro fra Arafat & C., sotto un titolo finalmente chiaro e intelleggibile: "Le mani di Arafat sulla Sicurezza". Le mani di Arafat, capito? e aggiunge nell'occhiello, tanto per chiarire meglio, che "Arafat vuole indebolire Dahlan e Abu Mazen". Capito, giornalisti di Repubblica? A fondo pagina, due opinioni sull'eventuale espulsione di Arafat. Una contro e una a favore. Buon vento quello che sta soffiando sul Corriere. Speriamo che duri.
Ecco i servizi.
"Le mani di Arafat sulla sicurezza" di Renzo Cianfanelli Con un nuovo colpo di scena, Yasser Arafat, che Israele da tempo vorrebbe estromettere, è tornato al centro delle grandi manovre sull’assetto politico dell’Autorità palestinese. Il vecchio leader ha scompaginato i piani del premier Abu Mazen che, con l'appoggio degli Stati Uniti, tentava di assumere il pieno controllo dei servizi di sicurezza palestinesi. La conseguenza - almeno immediata - è che Abu Mazen appare più debole e che la prospettiva di rimettere in moto il piano di pace diventa ancora più incerta.
TERZO UOMO - Arafat, nel suo ruolo di presidente dell'Autorità palestinese, ha annunciato la nomina a consigliere per la sicurezza nazionale del generale Jibril Rajoub, già responsabile dei servizi di polizia della vecchia Olp, l'Organizzazione per la liberazione della Palestina. L’incarico è di riformare la sicurezza palestinese. Rajoub, avvantaggiato anche dai buoni rapporti di lunga data coltivati con gli americani, ha accettato. Prevedibilmente, l'apparizione di un «terzo uomo», inserito fra l'attuale ministro della Sicurezza Mohammed Dahlan e il generale Nasser Youssef, che lo stesso Arafat, il giorno precedente, aveva nominato come «ministro dell’Interno», al fianco di Dahlan, ha prodotto nei vertici palestinesi notevole disorientamento. «C'è una piccola crisi, ma sapremo risolverla», ha commentato il ministro dell’Informazione Nabil Amr. Meno diplomatico, il primo ministro palestinese: in un'intervista alla seconda rete israeliana, ha definito i cambiamenti voluti da Arafat «una soluzione sbagliata». Particolare inatteso, Rajoub, scelto da Arafat come suo uomo di fiducia nella sicurezza, nel luglio 2002 fu licenziato dallo stesso raìs, che in un clamoroso diverbio tentò di prenderlo a schiaffi minacciandolo con una pistola. Ma a favore del «terzo uomo» gioca la forte rivalità fra Rajoub e Dahlan, utile ad Arafat per indebolire Abu Mazen.
HEZBOLLAH - Con la mediazione tedesca e della Croce Rossa Internazionale, Israele ha compiuto ieri quello che sembra un gesto di distensione verso Hezbollah, il «partito di Dio» impegnato da anni con Israele in una guerriglia d'attrito nel Libano meridionale e negli insediamenti israeliani lungo il confine. A Naqoura, ieri, i rappresentanti della Croce Rossa hanno consegnato ai guerriglieri islamici i resti di due dei loro compagni, uccisi in combattimento nel 1998-99 durante attacchi contro reparti israeliani operanti nel territorio del Libano. In cambio della restituzione, Israele dovrebbe ricevere notizie sulla sorte del pilota Ron Arad, abbattuto nel lontano 1986, e di tre militari rapiti nel maggio 2000 dai «soldati di Dio». «Non si tratta di uno scambio di prigionieri ma di un gesto unilaterale, almeno per ora», ha precisato il rappresentante della Croce Rossa. Hezbollah, per continuare la trattativa, chiede il rilascio dei circa 15 prigionieri che si troverebbero in carcere in Israele.
TERRORISMO INTERNO - Lo Shin Beth, il servizio di sicurezza, ha reso noto di avere distrutto una «cellula terroristica interna» di ultranazionalisti israeliani che preparavano attentati contro i palestinesi. Uno degli arrestati, Yitzak Pass, un colono di Hebron, ha confessato di avere progettato un attacco per vendicare la morte della figlia di 10 mesi, uccisa da un cecchino palestinese.
RAPPRESAGLIE - Dopo l’assassinio «mirato» di quattro palestinesi (due militanti di Hamas, fra i quali Ahmed Aishtawi, un tecnico addetto alla preparazione del missile Qassam-2; due appartenenti alla Forza 17, il corpo d’élite sotto il controllo di Arafat), avvenuto domenica a Gaza da parte di un commando aereo israeliano, Hamas minaccia di rispondere con altri attacchi. «Se gli israeliani pensano di distruggere la nostra determinazione con l'assassinio si sbagliano», ha detto ieri Ismail Haniya, un portavoce di Hamas. Anche Israele minaccia. «Ciascun militante di Hamas - afferma un portavoce di Gerusalemme - sarà considerato un bersaglio. Il nostro obiettivo è semplice: la liquidazione dei terroristi». Ieri, i funerali dei militanti di Hamas seguiti da una folla di 1500 persone. Numerose, nel corteo, le bandiere verdi di Hamas. Ma i capi del movimento questa volta non si sono fatti vedere. Intanto le truppe israeliane preparano la controffensiva. Intorno alla striscia di Gaza dozzine di carri armati e blindati sono schierati in assetto di combattimento.
STATI UNITI - «Israele deve rispettare i propri impegni e le proprie responsabilità per aiutare il cambiamento pacifico». Così Condoleezza Rice, il consigliere per la Sicurezza nazionale del presidente Bush, ha esortato il governo Sharon a continuare sulla strada della «road map». «Il presidente Bush - ha detto la Rice - continua a sostenere questo percorso, perché è l'unica via che potrà portare ad una pace durevole ed alla sicurezza». ed ora le due opinioni sull'eventuale esplusione di Arafat, entrambe firmate da Guido Olimpo.
A favore: "Copre i terroristi, dobbiamo cacciarlo. Poi lavoreremo con la nuova leadership" Caroline Glick firma i commenti di prima pagina del quotidiano in lingua inglese Jerusalem Post. Una giornalista che non nasconde le sue posizioni estreme sul conflitto israelo-palestinese.
Cosa deve fare Israele con Arafat? «Ci sono varie possibilità, ma penso che espellerlo dai territori sarebbe quella meno dannosa per il nostro Paese e la più praticabile».
Perché una misura così drastica? «Abbiamo pensato che fosse un partner di pace. Invece ha animato il terrorismo contro di noi e l’Autorità palestinese ha coperto gli estremisti».
Lei ritiene che Arafat sia legato direttamente ai gruppi terroristici? «Certamente. E’ il raìs che ha coordinato le azioni con Hamas e la Jihad. Un ruolo che per lungo tempo ha svolto Marwan Barghouti, come responsabile del comando unificato dell’Intifada».
Crede che esista ancora una possibilità per l’hudna? «La tregua temporanea è il risultato della sponsorizzazione degli Usa e di un progetto egiziano. Un approccio che però sul terreno ha permesso ai gruppi terroristici di riorganizzarsi, di usare la pausa negli scontri per preparare nuove operazioni. Israele non è ha tratto alcun vantaggio».
Come valuta la ritorsione israeliana all’ultima strage? «L’attacco contro il bus dei bambini è stato un attentato strategico, mentre la nostra risposta è stata tattica. Serve una mossa drastica e profonda. Dello stesso livello».
Intende dire contro Arafat? «Sì. Hamas e le altre fazioni non avrebbero agito se non avessero avuto la luce verde dalla Mukata».
E quali altri passi dovrebbe compiere Israele? «Giunti a questo punto, c’è una sola scelta. Distruggere le organizzazioni che compiono atti terroristici e smantellare l’Autorità di Arafat. Dopo sarà possibile trovare una nuova leadership in casa palestinese con la quale concludere un accordo di pace». e l'opinione contraria, dal titolo: "Espellere Yasser? Inutile, è già isolato. Anche dall'estero farebbe le stesse cose". Danny Rubinstein è un esperto di questioni palestinesi ed autore di una biografia su Yasser Arafat.
Potrebbe essere una soluzione cacciare il raìs dai territori? «Assolutamente no. Espellere Arafat significherebbe far crollare l'Autorità Palestinese. Un passo del genere sarebbe assolutamente controproducente per Israele».
Quali sono i rischi? «L'attuale occupazione potrebbe essere definita "semplice": controlliamo la Cisgiordania, occupiamo le città palestinesi quasi interamente, ma non ne paghiamo il prezzo. Non siamo responsabili delle scuole, degli ospedali, delle infrastrutture e neppure del nutrimento dei palestinesi. Se il governo decidesse di fare irruzione nella Mukata passeremmo all’occupazione totale».
Ma Arafat perderebbe il contatto diretto con la sua gente. «In caso di esilio, continuerebbe a fare le stesse cose ma da un altro Paese. Il raìs si trova già in una situazione di isolamento totale. La sua cacciata sarebbe solo un’azione simbolica, contraria agli interessi israeliani».
Come giudica le accuse di doppiogioco nei confronti del presidente palestinese? «Le sue colpe stanno più in quello che non fa, non in quello che fa. A mio parere la sua colpa maggiore è quella di essere ossessionato di mantenere la propria posizione di leader e di aver creato un potere basato su legami personali e spesso anche sulla corruzione».
Esiste un’alternativa? Gli israeliani potrebbero rafforzare Abu Mazen? «Non penso. Non è più sufficiente rilasciare qualche prigioniero o non commettere assassinii mirati. Oggi è necessaria un’azione drastica. I palestinesi devono indebolire le infrastrutture del terrorismo alla base, con arresti di massa e chiari messaggi politici. E gli israeliani devono uscire dai territori».
L’Autorità palestinese può veramente combattere gli estremisti? «No. L'opinione pubblica palestinese è diventata troppo radicale. Hamas, Jihad e tutte le organizzazioni terroristiche sono appoggiate dalla gente». Invitiamo i lettori di informazionecorretta.com ad inviare la propria opinione alla redazione del Corriere della Sera. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.