Il Foglio: un ottimo esempio di giornalismo tre articoli di grande interesse
Testata: Il Foglio Data: 26 agosto 2003 Pagina: 1 Autore: la redazione Titolo: «Tre articoli da Il Foglio»
Molto ricco il numero del 26.8.2003
1)un pezzo informatissimo sulle finanze di Hamas. Ma dove sono gli "esperti" dei grandi quotidiani? Perchè ignorano l'argomento? 2) Arafat & C.: che succede nell'ANP. Ottima la ricostruzione di Maria Giovanna Maglie 3) e per finire, dalla rubrica "recensire Rep", uno dei piaceri della lettura quotidiana del Foglio, alcune righe sull'inviato Leonardo Coen, autore dei servizi più squilibrati che abbiamo potuto leggere recentemente sul giornale di proprietà dell'Ing.Carlo de Benedetti.
Buona lettura
1- A pagina 3: "C'è una lista di conti di Hamas che crea imbarazzi in Europa" Milano. La Casa Bianca ordina il congelamento dei conti di Hamas e si scopre che gran parte dei canali finanziari finiti nel mirino dipendono da organizzazioni non governative con base in Europa. Il presidente americano George W. Bush, alcuni giorni fa, ha firmato l’autorizzazione per congelare i conti e i depositi legati al movimento estremista palestinese. La mossa è una risposta diretta alla rivendicazione dell’ultima strage di Gerusalemme. Per la prima volta non vengono colpiti solo i flussi finanziari occulti delle Brigate Ezzedin al Qassam, braccio armato di Hamas, ma pure i conti dei leader politici del movimento. Fra i sei capi palestinesi finiti sotto il tiro del Dipartimento del Tesoro americano spiccano il capo spirituale, lo sceicco paraplegico Ahmed Yassin e Abdel Aziz Rantisi, leader politico di Gaza, che gli israeliani hanno già tentato di eliminare. Secondo il New York Times l’aspetto più interessante è che la Casa Bianca ha deciso il giro di vite anche nei confronti di quelle associazioni, che col paravento dell’assistenza umanitaria, raccolgono fondi per le strutture sociali messe in piedi da Hamas. Su cinque organizzazioni non governative palestinesi, ben quattro hanno le loro sedi principali in Europa e Washington ha già chiesto di intervenire agli alleati d’oltreoceano. Il 5 e 6 settembre, a Riva del Garda, i ministri degli Esteri dell’Ue discuteranno la possibilità di inserire Hamas nella lista delle organizzazioni terroristiche. Le posizioni sono discordi: Gran Bretagna e Olanda spingono per la messa al bando, mentre la Francia punta i piedi. Il Palestinian relief and development fund, o Interpal, ha un sito Internet accattivante, dove si vedono bambini palestinesi in lacrime, nessun kamikaze. La base principale è nel Regno Unito e raccoglie fondi per i palestinesi di Gaza e Cisgiordania, ma pure per i rifugiati nei campi del Libano e della Giordania. Per il Dipartimento del Tesoro americano l’organizzazione coordina gran parte delle raccolte di fondi per Hamas. Il nocciolo duro finanziario è però rappresentato dal Commitee for welfare and relief for Palestine e la Palestinian relief association. Il primo ha sede in Francia, il secondo in Svizzera, e operano entrambi dai primi anni 90. Il presidente è unico: Khalid al Shuli. Il Commitee lavora con una dozzina di Ong in Cisgiordania e a Gaza, mentre l’organizzazione con base in Svizzera è specializzata in raccolta fondi, in moschee e centri islamici, che vengono trasferiti ad Hamas. Pure l’insospettabile Austria conta uno dei gruppi nella lista nera di Washington. Si tratta della Palestinian association ed è controllata dai leader di Hamas. I fondi vengono girati attraverso altre Ong e spesso percorrono canali vorticosi, attraverso il Medio Oriente, per fare perdere le tracce dei trasferimenti di denaro. L’unica organizzazione extraeuropea è la Sanabil association for relief and development, che ha sede a Sidone, una delle città meridionali a forte concentrazione di profughi palestinesi. Anche la Sanabil riceve ingenti fondi dalle altre Ong filo Hamas in Europa. Hamas raccoglie decine di milioni di dollari l’anno, in tutto il mondo, utilizzando come copertura organizzazioni caritatevoli islamiche, denuncia il Dipartimento del Tesoro. Nel dicembre 2001 l’Amministrazione Bush aveva congelato i fondi della Holy Land Foundation, una delle più importanti organizzazioni umanitarie musulmane negli Stati Uniti, con sede a Dallas. In maggio la scure del Tesoro era caduta su l’al Aqsa international foundation, che prende il nome dalla grande moschea di Gerusalemme. La sua sede principale si trovava in Germania, ma lo scorso anno gli uffici erano stati chiusi dalle autorità e un suo dirigente, Mohammed Alì Hassan al Muyad, arrestato per collusioni con al Qaida. L’organizzazione ha continuato a operare in Europa, con uffici aperti fino a pochi mesi fa in Olanda, in Medio Oriente e in Africa. 2- A pagina 4: "Il rais contro la road map" di Maria Giovanna Maglie Brigadiere generale nonché consigliere per la Sicurezza nazionale, lui lo aveva cacciato e lui lo ha rinominato, così, in dispetto ad Abu Mazen, e per ostacolare ulteriormente la capacità di agire di Mohamed Dahlan. Jibril Rajoub, che Arafat aveva destituito giusto un anno fa, torna in auge alla corte del rais, il quale mantiene il suo status di comandante supremo delle forze di sicurezza palestinese, impedendone così la minima riforma; non passa, perché Abu Mazen rifiuta l’imbroglio, il tentativo, sempre orchestrato da Arafat, di far nominare Nasir Yusef ministro dell’Interno, esautorando Dahlan completamente. Il governo "moderato", insomma, non fa un passo avanti nell’attribuzione dei poteri necessari per applicare il percorso di pace. Inutile l’incontro di domenica fra il direttivo di Fatah e lo stesso Abu Mazen. Anche la delegazione egiziana se n’è tornata a casa, inutile un incontro con l’ideologo di Hamas, Abdel Aziz Rantisi. La situazione è talmente degenerata, e così forte anche al moderato premier Ariel Sharon appare il rischio di collaborare in nome e per ansia di pace alla creazione di uno Stato terrorista, che il governo israeliano ha deciso che questa volta non si fermerà, finché non saranno stati eliminati tutti i dirigenti delle organizzazioni integraliste. Il quotidiano Yediot ricostruisce bene quel che già era trapelato dalla riunione di giovedì scorso, e che il Foglio aveva anticipato, quando Sharon, sconvolto e furioso dopo la strage del bus di Gerusalemme, di fronte all’inviato americano, John Wolf, che gli comunicava che ogni suo tentativo di infondere coraggio ad Abu Mazen e a Mohamed Dahlan era fallito, ha rievocato Golda Meir, la rabbia di Golda Meir grande quanto la sua, e quello che Golda Meir disse e fece dopo la strage del 1972, durante le Olimpiadi di Monaco. Non è bastato ai falchi come Avigdor Lieberman, ha spaventato i ministri più liberal, quelli del laico Shinui, che hanno detto in questo modo seppelliamo la road map e la speranza della pace, ma alla fine la decisione di eliminare la leadership terroristica l’hanno approvata tutti, tranne Avraham Poraz. Domenica sono tornati a riunirsi, e Sharon ha definito la nuova linea di appoggio alle scelte dei militari e dell’intelligence, spiegando che Israele non ha niente di cui giustificarsi, soprattutto non con le nazioni che si rifiutano di dichiarare Hezbollah un’organizzazione terroristica, o che continuano a trasferire fondi di finanziamento a Hamas. Quei paesi non hanno diritti morali o legali da vantare con Israele, e il riferimento alle pene dell’Unione europea, la Francia che continua ad allisciare il pelo di Hamas, era evidente.
Le tre alternative del primo ministro Il primo ministro ha ora di fronte, dicono i suoi consiglieri, tre alternative. 1) dare il via all’operazione di difesa "wall", durante la quale l’esercito tornerà a occupare tutte le città di West Bank e forse anche la striscia di Gaza, per smantellare le reti di terrorismo; 2) Arafat, nel senso di che cosa e come fare per espellere il rais che rappresenta il primo ostacolo a qualunque tentativo di pacificazione. Non è facile, significherebbe che Abu Mazen si dimette, o muore, che tutta la responsabilità del lamento internazionale ricadrebbe su Sharon e su Israele. Fino a ieri era contrario pure Sharon, oggi ci sta riflettendo su; 3) l’eliminazione dei capi di Hamas e Jihad, ma se necessario anche del circolo diretto del rais, e questo è stato deciso; 4) lasciare ancora una volta l’obbligo morale della mediazione agli Stati Uniti, aspettando, e sperando, che siano Abu Mazen e Mohamed Dahlan a fare finalmente il lavoro sporco. Sharon di queste attese e speranze non ne può più, non crede più, per un breve periodo si era fidato, che ci sia nell’Autorità palestinese qualcuno che realmente agirà contro il terrorismo. Lo sanno bene anche gli americani che questo tentativo è andato male, brucia ma è la realtà. 3- A pagina 2: "Recensire Rep. e scoprire che ormai è diventata Al JamuRep." La prima pagina di Repubblica (Rep.) di ieri, 25 agosto 2003, avrebbe potuto aprirsi con "Periferie, l’assedio del crimine" oppure con "Berlusconi incalza gli alleati sulle pensioni", ma non è successo. Quelli erano i titoli del Corriere, giornale repubblicano-ma-non-republicones che ormai ha soffiato a Rep. il ruolo di guida civile del paese (oltre a Magdi Allam). Il quotidiano di Ezio Mauro, nel Mese II della Nuova Era Gregaria, apriva con due titoli simili, simili a quelli di un tabloid: "In tv il fratello del killer: Vito, arrenditi" e "Pensioni, Berlusconi accelera". Rep. critica la decisione, ammesso che sia una decisione, del Cav. sull’innalzamento dell’età pensionabile. L’editoriale è di Giulio Anselmi, "lo strappo d’agosto del Cavaliere". Anselmi critica il Cav. nonostante "Berlusconi" abbia "certamente ragione quando sottolinea l’urgenza di intervenire sulla previdenza". Più che strappo d’agosto, un "plauso d’agosto", no? Invece no. Il Cav. ha sempre torto, anche quando ha ragione. W i republicones. Rep. è sempre più l’organo di Hamas. Venerdì Leonardo Coen aveva scritto che la tregua era saltata a causa della reazione israeliana e non per la precedente strage di Gerusalemme, poi aveva sostenuto che il numero 3 di Hamas era un moderato, nonostante avesse "positivamente commentato l’azione del kamikaze di Gerusalemme, definendolo un eroe della causa palestinese". Sabato ancora propaganda pro Hamas: "Fermiamo i terroristi solo se Israele cessa il fuoco", "i sionisti hanno ucciso la tregua", "impressionante" la manifestazione di Hamas e così via. Neanche un cenno, nemmeno uno, alla strage che Hamas aveva compiuto a Gerusalemme. Sono fatti così i republicones. Tanto che sembra dedicata a loro la frase che Gianni Riotta, maliziosamente, ieri ha scritto nel suo articolo da Baghdad per il Corriere: "... al giornale del regime, Al Jamurya, la repubblica". Al JamurRep. ieri ha titolato così: "Iraq, Croce rossa nel mirino, medici in fuga da Baghdad". E’ vero che i medici stiano scappando? E chi lo sa. Nell’articolo c’è scritto che è annunciata una drastica riduzione, ma niente numeri. Quanti medici stanno fuggendo. Settemila?, tredici?, Gino Strada? Sabato Al JamuRep. aveva questo titolo in prima pagina: "L’Onu: nuove truppe in Iraq, solo sotto il nostro comando". Parola di Marco Marozzi. E’ vero? No, non è vero. E’ vero il contrario, almeno secondo il New York Times dello stesso giorno. Articolo dal titolo: "Il capo delle Nazioni Unite dice che in Iraq la nuova forza può essere guidata dagli Stati Uniti". Credete ai republicones o al New York Times, giornale che i suoi Lupis li licenzia? Invitiamo i lettori di informazionecorretta.com ad inviare la propria opinione alla redazione de Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.