|
| ||
|
||
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi 01/08/2024 a pag. 12 il commento di Fiamma Nirenstein con il titolo: "Doppio colpo mirato di Netanyahu destinato a Teheran".
La verità è sempre un momento di energia e di rigenerazione, anche se contiene per chi la pratica pericoli seri: ognuno di noi ne ha esperienza. Dunque nelle ultime 48 ore, Israele ha con due eliminazioni eccellenti in 7 ore, recuperato due verità dimenticate nel corso dei trecento giorni della guerra: la prima è che ancora esiste intera la mitica capacità del Mossad e delle unità di combattimento di sapere progettare colpire in condizioni impossibili. La seconda è la dimensione geografica e ideologica della guerra che Israele deve combattere, e che, se in questi mesi si è focalizzata su luoghi specifici, su Rafah, sul Golan, persino su Eilat colpita dai Houthi… adesso recupera i suoi confini reali: come dice Netanyahu Israele combatte su sette fronti, ma tutti hanno lo stesso nome e cognome, si chiamano Iran, ayatollah Khamenei, Guardie della Rivoluzione. Il leader supremo ieri ha subito promesso una “dura punizione” per l’uccisione di Ismail Haniyeh a Teheran spiegando che “il regime sionista, criminale e terrorista, ha martirizzato il nostro caro ospite nella nostra casa e ci ha straziato”. È dovere dell’Iran ha detto prepararsi a vendicare l’assassinio di Haniyeh in visita (per l’ennesima volta) nella capitale iraniana per la cerimonia di insediamento di Masoud Pezeshkian, il nuovo primo ministro. Come lui anche altri ospiti d’onore quando il missile israeliano all’ora giusta è entrato nella finestra giusta si trovavano nell’ hotel superfortificato e protetto a cura direttamente delle Guardie della Rivoluzione, superprotetto dalla crema delle forze iraniane. Un messaggio chiarissimo: Israele può arrivare ovunque, in qualsiasi momento. La brutta figura, imperdonabile in Medio Oriente, di aver fallito nella custodia del prezioso ospite ricade sul potere centrale dell’Iran, che già poche ore prima, stavolta a Beirut, aveva subito per interposti Hezbollah, l’eliminazione del vice stesso di Nasrallah, Fuad Shukr, il capo di Stato maggiore del suo proxy più utile, più vicino, meglio armato, più attivo contro Israele dal 7 ottobre al fianco dell’altro suo amico e mantenuto, Hamas. Gli eventi di certo richiedono una reazione armata secondo tutti i criteri mediorientali: l’edificio di Shukr era sito nel sud di Beirut dove abita, iperdifeso con ogni possibile sistema di prevenzione da attacchi da terra, dall’aria, da ogni dove, la leadership intera di Hezbollah. Un quartiere fatale, Dahya, da cui si disegna tutta l’attività che tiene il bellissimo Paese dei Cedri e delle tante identità sotto il tallone sciita dell’Iran: attività terroristiche e criminali, appena nascoste da una presenza parlamentare di copertura. Ma l’Iran è il burattinaio, dall’assassinio di Hariri, al cumulo di armi che ha causato l’esplosione gigantesca del porto, alla sospetta occupazione esplosiva dell’aeroporto fino alla decisione di fiancheggiare Hamas dal 7 ottobre costringendo Israele a sgomberare tutto il nord. Shukr era stato il capo dell’eccidio di 241 soldati americani nel 1983; ieri la TV israeliana ha intervistato Efrat Abraham il cui fratello Benny fu rapito sul confine con altri due soldati dagli hezbollah e i cui corpi sono stati scambiati solo 4 anni dopo: è stato sempre Shukr, e sempre lui ha autorizzato il lancio del missile che ha fatto strage di bambini drusi uccidendone 12 due giorni fa a Madjel Shams. Dunque averlo eliminato è per Israele un atto legato alla necessaria difesa dei cittadini drusi, non un attacco a Beirut ma uno specifico impegno inevitabile in difesa dei suoi cittadini orbati dei piccoli. L’attacco, dunque, non è a Beirut, come l’eliminazione di Haniyeh non è contro Teheran: era lui il volto atroce della programmazione disinfettata della Nukba, divenuto miliardario con i soldi dei palestinesi vivendo in un albergo di Doha; ossessionato messianicamente dall’odio per Israele e gli ebrei si è spostato impunemente da Doha al Cairo a Teheran a Mosca tenendo i contatti col suo complice e capo Sinwar, sperando un giorno di riprendersi il ruolo di leader supremo. Adesso pare che il suo successore sarà Khaled Mashal, anche lui lontano da Gaza. Haniyeh è stato la giacca e la cravatta dell’orrore della strage di bambini e dello stupro e genocidio di famiglie nel disegno di dominare il mondo con la sua versione assassina dell’Islam, insensibile persino alla morte di tre dei suoi figli annunciatagli in diretta tv. L’Iran è al centro della vicenda, Haniyeh era il suo funzionario, la sua morte è uno shock inaspettato. Adesso vedremo: le strutture belliche iraniane sono tutte mobilitate, Israele dichiara che la guerra non le interessa e vuole riprendere la trattativa per i rapiti. Chissà che Sinwar stavolta non ci senta, dall’orecchio della paura, della deterrenza, cioè del Medioriente come veramente è e va trattato. Israele sembra tornato dall’incubo del 7 ottobre alla verità dei fatti, alla maestria di un Paese democratico e avanzato di fronte all’aggressione della parte di mondo che odia la libertà, e la combatte. Se sarà guerra totale, questi sono i due fronti opposti, e con le sue azioni di ieri Israele l’ha reso molto chiaro. Per inviare la propria opinione al Giornale, telefonare: 02/85661, oppure cliccare sulla e-mail sottostante segreteria@ilgiornale.it |
Condividi sui social network: |
|
Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui |