Kamala, l'altra faccia di Barack Obama, sarà la fine degli Stati Uniti e dell'Occidente
Commento di Deborah Fait
Kamala Harris, se eletta presidente, continuerebbe l'opera distruttiva di Barack Obama nei rapporti con Israele. Già boicotta il discorso di Netanyahu al Congresso.
Boicottare il discorso di Benjamin Netanyahu è stato un errore da scolaretta da parte di Kamala Harris. In primo luogo ha dimostrato che l’America, con un governo democratico, sarà ostile a Israele interrompendo, come aveva fatto, con perfida soddisfazione, Barack Obama, la decennale alleanza tra i due paesi. Oltre a questo, Kamala si è persa una lezione di grande politica che avrebbe potuto esserle d’insegnamento visto che ambisce ad occupare la Sala Ovale della Casa Bianca senza averne le capacità. L’arte oratoria e la enorme esperienza politica di Bibi hanno conquistato il Congresso tanto che il suo discorso è stato interrotto da vere e proprie ovazioni da parte dei repubblicani presenti in aula. Persino qualche, seppur raro, democratico che aveva avuto l’onestà di non boicottare Netanyahu e, di conseguenza, Israele, ha tentato un piccolo applauso, cercando di non farsi notare. Le ovazioni continue con altrettanti standing ovation, non hanno permesso al premier di dire due frasi di fila senza essere interrotto. “Non è uno scontro tra civiltà, ha esordito Bibi, ma tra civiltà e barbarie” intervenendo sul 7 Ottobre e paragonandolo all’attentato alle Torri Gemelle. Netanyahu ha presentato ai senatori Noa Argamani, la giovane rapita e liberata dopo otto mesi di prigionia e di schiavitù presso una famiglia di Gaza, complice di Hamas. Ha portato con sé anche due soldati, uno dei quali un arabo-israeliano, presentandoli come i giovani eroi di Israele. “Israele e gli Stati Uniti devono stare insieme. La nostra vittoria sarà la vostra vittoria”. In sala c’era la deputata di origine palestinese Rashida Tlaib che reggeva un cartello con la scritta “Criminale di guerra” ma tutti conosciamo l’odio della deputata per Israele. All’esterno del Campidoglio intanto si svolgevano le manifestazioni dei tanti rappresentanti del Male del mondo, il piazzale stracolmo di “utili idioti servi dell’Iran” che bruciavano bandiere, urlavano il loro odio, auguravano lo sradicamento dello stato ebraico e la morte dei suoi abitanti. Nancy Pelosi, speaker della Camera, una delle leader più influenti dei Dem, si è messa ignobilmente dalla loro parte, con una frase stupida quanto meschina ”Il peggior discorso mai tenuto al Congresso da un leader straniero”. Il comportamento ostile dei democratici fa temere che, se venisse eletta la Harris alla presidenza degli Stati Uniti, Israele sarebbe solo al mondo, senza alleati, senza sostegno morale né aiuti per difendersi. Una situazione drammatica considerando che l’unico sbocco di questo piccolo paese è solo il mare. Se i nostri nemici dovessero colpire l’aeroporto saremmo in trappola. Niente possibilità di fuga, nessuna via di salvezza. Come si diceva durante la guerra dei Sei giorni, quando Israele, circondato, stava per essere eliminato “l’ultimo spenga la luce”. Allora non è accaduto e abbiamo vinto, adesso non ne sarei così sicura perché Israele non deve difendersi solo dal nemico arabo e dall’Iran ma dagli arabi, dall’Iran, dall’ONU, dagli USA e dal mondo intero. Tutti convinti che uno stato ebraico, l’unico al mondo, più piccolo della Lombardia, non debba esistere. Eppure, udite, udite, Israele anche nel 2024 è annoverato tra i 10 paesi più felici al mondo. Quando, 10 anni fa, le Nazioni Unite decisero di misurare il livello di felicità dei vari paesi del mondo, Israele fu subito tra i primi insieme alla Finlandia. Come è possibile che anche adesso, con i suoi problemi di sicurezza, con le guerre e il terrorismo da cui deve difendersi costantemente, riesca a mantenere un livello di felicità così alto? Dopo il 7 Ottobre, tutti avremmo giurato che quella tragedia avrebbe minato la salute mentale del paese ma questo non è avvenuto. La risposta è nel carattere del popolo ebraico e alla solidarietà che ogni evento traumatico suscita tra la popolazione. L’essere insieme, aiutarsi l’un l’altro, piangere e soffrire, gioire insieme, partecipare. Questa è la parola magica: partecipare, sempre e comunque, ai dolori e alle gioie altrui. In Israele nessuno si sente solo e abbandonato. Dopo il 7 ottobre, secondo gli esperti, gli israeliani hanno trovato una forza mentale incredibile, quel senso di unità che hanno sempre avuto soprattutto nei momenti di pericolo e di dolore, li ha salvati dal baratro. In momenti così tremendi c’è già qualcuno che, incredibilmente, pensa di ricostruire, più belli di sempre, tutti i villaggi che gli arabi hanno bruciato. La chiave della felicità di Israele è il sapersi aiutare e la consapevolezza di vivere in un paese pieno di emozioni, eccitante e dinamico. Secondo uno studio della Harvard University il segreto è l’essere sempre stimolati, vivere una vita non comune, per niente convenzionale. I conflitti continui, anziché scoraggiare e stancare la gente, la rendono più forte e più desiderosa di sentirsi insieme. Un Popolo, un Paese. Il mondo che tanto ci odia è afflitto da rabbia, depressione, solitudine. Israele è il contrario di tutto ciò ed è questo che lo rende sempre più vivace e pieno di inventiva. Nonostante l’ostilità di cui è circondato, nonostante le sfide e le guerre, Israele risulta essere, contro ogni previsione logica, costantemente abbonato alla felicità.
Deborah Fait