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Libero Rassegna Stampa
24.07.2024 Biden riemerge dal silenzio
Editoriale di Daniele Capezzone

Testata: Libero
Data: 24 luglio 2024
Pagina: 1/12
Autore: Daniele Capezzone
Titolo: «Biden riemerge dal silenzio in cui i Democratici l'hanno segregato. Ora però deve dare alcune spiegazioni»

Riprendiamo da LIBERO di oggi 24/07/2024, a pag. 1/12, con il titolo "Biden riemerge dal silenzio in cui i Democratici l'hanno segregato. Ora però deve dare alcune spiegazioni", l'editoriale di Daniele Capezzone. 

Confessioni di un liberale. Daniele Capezzone al Caffè della Versiliana  Giovedì 14 luglio, ore 18:30 - Versiliana Festival
Daniele Capezzone

Biden si ritira, non si presenta in pubblico, con un Covid che non si sa ancora se è reale o politico. Anche l'annuncio della sua rinuncia alla candidatura avviene con un tweet e nessuna conferenza stampa. Chi l'ha visto? Ora che, volente o nolente, torna a parlare in pubblico, deve dare molte spiegazioni.

Qualcuno stava forse per convocare Federica Sciarelli per organizzare una puntata speciale di Chi l’ha visto?, naturalmente in versione americana: “Who has seen him?”. Anzi, ancora meglio: “Has anybody seen him?”. Stiamo parlando del grande desaparecido della Casa Bianca, il povero Joe Biden. Senonché, nel pomeriggio italiano di ieri, un tweet dell’account presidenziale @potus ha preannunciato per stasera un discorso di Biden dallo Studio Ovale. Tema: “Ciò che si prospetta e come finirò il mio lavoro per gli americani”.
Ora, non serve un genio della politologia e nemmeno un sofisticatissimo scienziato della comunicazione di massa per capire che, se un leader politico era chiamato a una enorme rinuncia (nel suo caso, a uscire dalla corsa per ricandidarsi a presidente degli Stati Uniti), la gravità e la rilevanza storica della circostanza avrebbero imposto una immediata comunicazione calda, un messaggio audiovideo, una testimonianza “viva”, qualcosa che potesse restare nella memoria di tutti, spiegare il senso della scelta e anche emozionare.
Con il doppio obiettivo di far capire bene ai concittadini le ragioni profonde di una decisione tanto importante e anche – dal punto di vista del partito che esprime quella figura istituzionale – per motivare e mobilitare gli elettori in vista della prosecuzione della campagna.
E invece Biden è stato ancora una volta sottratto per quattro lunghi giorni (da se stesso o dai suoi occhiuti “badanti” politico-istituzionali) a un minimo di trasparenza. Oppure, se vogliamo vedere le cose in termini più empatici verso l’anziano presidente, gli si è perfino negato in quei momenti decisivi l’onore di una passerella, di un omaggio sincero, e non solo “a cose fatte”.
A noi, che non siamo complottisti e che cerchiamo sempre spiegazioni razionali, viene in mente una sola motivazione possibile per un comportamento tanto freddo e quasi spietato nei suoi confronti: il tentativo mediatico della macchina comunicativa dem era ed è stato quello di lanciare Kamala Harris, di tempestare gli elettori con le notizie di una pioggia di sostegni ed endorsement a favore della nuova beniamina, di suonare la grancassa per i nuovi record sulla raccolta fondi, e così via. E – contemporaneamente – quello di oscurare e tentare di mettere in archivio la grande emozione destata presso l’opinione pubblica americana dall’attentato contro Donald Trump.
Dunque, niente “distrazioni”: un Biden parlante (con tutte le incognite legate alle uscite pubbliche del vecchio Joe) avrebbe potuto spostare l’attenzione mediatica. O – peggio, dal punto di vista dei grandi manovratori della campagna – una parola fuori controllo del presidente o magari un suo cenno incontrollato di stizza avrebbero potuto rompere la nuova “armonia” pro Kamala che si intendeva artificialmente alimentare.
Si dirà: Biden ha avuto il Covid nei giornis scorsi. Vero, ma un po’ di febbre non impediva certo di registrare un video né di diffondere un messaggio adeguato al carattere letteralmente storico della decisione presa. E invece?
Il ritiro è stato comunicato con una letterina in versione digitale. L’appoggio alla Harris con un tweet. Il saluto alla capa dimissionaria del Secret Service con un’altra letterina. Niente video, niente eventi pubblici, niente eventi senza pubblico, niente di niente. Parrebbe rientrato in agenda l’incontro che era stato programmato con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, e che dovrebbe tenersi giovedì, mentre entro la settimana Biden dovrebbe vedere i familiari degli ostaggi americani sequestrati a Gaza. Solo ieri è stata diffusa la notizia di una telefonata che Biden avrebbe fatto al quartier generale della campagna di Kamala (per dire – ci si fa sapere – che la «Harris è la migliore» e che lui sarà a sua disposizione).
Vedremo cosa dirà stasera dallo Studio Ovale. Ma già il tweet di preannuncio – curiosamente – sembra più proiettato sul futuro (i suoi prossimi sei mesi alla Casa Bianca) che non a dare spiegazioni adeguate della scelta compiuta. Ed è altamente prevedibile che il discorso non farà chiarezza fino in fondo su quel tema rovente.
Dunque, restano sul tavolo almeno due questioni pesanti come macigni.
Primo: Covid o non Covid, è semplicemente incredibile che non ci sia stato per quattro giorni un momento in cui Biden abbia parlato in pubblico della sua decisione o abbia risposto a domande sul tema. Secondo: se Biden ha posto fine alla sua campagna per la rielezione, come può giustificare il fatto di rimanere presidente in un semestre che si preannuncia politicamente tanto caldo?
Nei giorni scorsi (poi copiato ma non esplicitamente citato da alcuni giornali italiani) il Wall Street Journal, proiettando malinconicamente sul nostro Occidente le penultime pagine della storia della vecchia Urss, aveva non a caso insistito su quanto pesò – nell’immaginario globale – il declino di Breznev e l’idea che l’Unione Sovietica avesse al suo vertice un uomo che era ormai l’ombra di se stesso, e sul quale venivano fatte filtrare notizie vaghe e non sempre affidabili. È semplicemente incredibile – ma tragicamente vero – che una quarantina di anni dopo la scena si sia ripetuta a Washington.

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