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Libero Rassegna Stampa
15.07.2024 Caso Trump: risolto in Italia, per la sinistra è colpa di Donald
Editoriale di Daniele Capezzone

Testata: Libero
Data: 15 luglio 2024
Pagina: 1/6
Autore: Daniele Capezzone
Titolo: «Per la sinistra italiana è tutta colpa di Donald. Così gli anti-trumpiani hanno già risolto il caso»

Riprendiamo da LIBERO di oggi 15/07/2024, a pag. 1/6, con il titolo "Per la sinistra italiana è tutta colpa di Donald. Così gli anti-trumpiani hanno già risolto il caso", il commento di Daniele Capezzone. 

Confessioni di un liberale. Daniele Capezzone al Caffè della Versiliana  Giovedì 14 luglio, ore 18:30 - Versiliana Festival
Daniele Capezzone

Donald Trump, sopravvissuto all'attentato. Come sempre, quando non riesce a spiegarsi un evento in cui è vittima un suo nemico, la sinistra italiana dà la colpa... alla vittima. Quindi è colpa di Trump, anche per l'attentato che ha subito.

Da queste parti, eravamo stati fin troppo facili profeti. Esiste ormai un’intera mensola di libri dedicati al tema della polarizzazione politica estrema, cioè della contrapposizione frontale tra schieramenti nel nostro Occidente. Ormai è chiaro: la vittoria degli avversari - da molti - non è vissuta come uno dei due normali possibili esiti di una competizione elettorale, ma come un evento catastrofico che distruggerebbe la democrazia. Qui in Italia ne sappiamo qualcosa: dai successi passati di Silvio Berlusconi fino a quello del 2022 di Giorgia Meloni, ogni volta che la sinistra ha perso ha creato un clima avvelenato: delegittimazione sistematica, uso politico della giustizia, minaccia di una nuova “Piazzale Loreto” (metaforica, se non reale). In questa atmosfera, Berlusconi rimediò una statuetta in faccia, mostrando al mondo il suo volto sanguinante.
E ieri è toccato a Donald Trump, che per un paio di centimetri ha salvato la pelle. Eppure, a ben vedere, qualcos’altro non si è potuto salvare. Come in pochi tentiamo invano di dire già da molto tempo, siamo ormai ad uno stadio ulteriore, un giro avanti all’interno di una corsa che non pare arrestabile. Mettiamola in questi termini: in questo inquietante climax, cosa c’è dopo la polarizzazione? C’è un concetto terribile e a suo modo “classico”: la guerra civile, nozione ben nota alla storia americana. Siamo a un passo da lì.
E in questo senso - se possibile - ancora peggiore dell’attentato contro Trump è stata, nelle ore successive e poi per tutta la giornata di ieri, l’opera di offuscamento e di attenuazione, e in qualche caso perfino di implicita negazione dei fatti, messa in campo dalla sinistra mediatica sia negli Stati Uniti sia qui in Italia, con punte surreali e a tratti involontariamente comiche. L’imbarazzo mescolato con la faziosità politica genera questo tipo di cocktail.
Ecco il Washington Post subito dopo gli spari: «Trump portato via dopo forti rumori al comizio». Quindi la persona rimasta uccisa sarà morta per il fracasso?
Non da meno il sito della Cnn: «I servizi segreti lo portano via dal palco dopo che Trump è caduto al comizio».
Una scivolata, insomma. E il New York Times? «Sono stati uditi scoppi che suonavano come colpi di pistola».
Avete letto bene: «suonavano come». Il sito Politico non si è accontentato nemmeno di vedere il volto insanguinato di Trump: «Appariva ferito». Appariva. Per la Cbs i colpi erano «possible shots»: possibili, mica certi.
Ancora più bizzarra la ricostruzione fornita da Axios, secondo cui il ferimento di Trump sarebbe stato determinato nientemeno che dai pezzi di vetro del gobbo elettronico, mica dal proiettile.
Prove sensazionali di racconto fantasy sono venute anche da singole e teoricamente autorevoli firme. Secondo Tom Winter di Nbc questo «può essere stato un serio attentato alla vita di Trump». Mi raccomando: «può», non di più. Per James Politi del Financial Times, Trump è stato portato via «dopo un incidente».
E perfino ieri, a molte ore dai fatti, ancora molte testate mostravano di avere notevoli problemi a fare i conti con la realtà. Ecco l’edizione europea della già citata Politico: «Trump sopravvive a un apparente tentativo di assassinio». E «apparente» è stato lo stesso incredibile aggettivo usato pure dall’Associated Press.
Si dirà che alcuni di questi media potrebbero aver scelto di essere cauti subito dopo i fatti, in attesa di verificarli meglio. Peccato però che si tratti degli stessi siti, giornali e tv che, il 6 gennaio 2021, già dai primi momenti del famigerato assalto al Campidoglio di Washington, non ebbero dubbi nello sparare a palle incatenate contro Trump. Dunque, se e quando Trump può essere lapidato, lo si fa immediatamente e senza alcuna esitazione; se invece è lui la vittima, allora è meglio aspettare e nel frattempo puntare su ricostruzioni vaghe e fumose. Curioso doppio standard, no?
E qui in Italia? Se possibile, è andata ancora peggio che negli Usa. Per Walter Veltroni (Corriere della Sera), in un articolo probabilmente scritto prima dei fatti ma inequivocabilmente pubblicato come editoriale post attentato, il giudizio su Trump è testualmente il seguente: «Un magnate spregiudicato e aggressivo, ignaro o avverso alla sostanza della democrazia». Poi arriva la serie di coloro che temono che l’episodio possa giovare a Trump.
Ecco l’ineffabile Roberto Saviano: «La storia politica insegna che il proiettile che manca il bersaglio lo rafforza». Insomma, Saviano si duole del fatto che l’attentato abbia «trasformato Trump in vittima». La pensa così anche Myrta Merlino: «Nella violenza muore la democrazia. E inoltre adesso Trump è una vittima. Male, molto male».
Non manca chi spiega che la colpa, gira e rigira, è proprio del puzzone Donald. Ecco l’acchiappafascisti Paolo Berizzi (Repubblica): «Trump è rimasto vittima della spirale di violenza che lui stesso ha creato e che alimenta da anni». Ieri si è lamentata per aver subito una shitstorm sui suoi canali social Marta Ottaviani, la quale aveva soavemente commentato i fatti così, a caldo: «Dite quello che volete, ma questo “attentato” a Trump puzza di preparato da lontano un miglio».
Notevole la scelta di mettere la parola attentato tra virgolette. Gran finale con la prima analisi di Limes: «Il rischio principale dell’attentato a Trump è come reagirà la galassia di estremisti che gli ruota attorno».
Trovati i colpevoli, dunque: Trump e i suoi tifosi. Il caso è chiuso.

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