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israele.net Rassegna Stampa
13.07.2024 Pubblicati i risultati dell’inchiesta militare sul fallimento della difesa al kibbutz Be’eri
Analisi di Yonah Jeremy Bob

Testata: israele.net
Data: 13 luglio 2024
Pagina: 1
Autore: Yonah Jeremy Bob
Titolo: «Pubblicati i risultati dell’inchiesta militare sul fallimento della difesa al kibbutz Be’eri»

Riprendiamo dal sito www.israele.net - diretto da Marco Paganoni - l'analisi di Yonah Jeremy Bob tradotta da Jerusalem Post dal titolo "Pubblicati i risultati dell’inchiesta militare sul fallimento della difesa al kibbutz Be’eri".

Yonah Jeremy Bob
Vittime al kibbutz Be'eri, attaccato da Hamas il 7 ottobre. Un'inchiesta rivela tutte le mancanze dell'IDF nella difesa delle comunità del Sud di Israele

Le Forze di Difesa israeliane hanno pubblicato i risultati della loro prima indagine operativa sul fallimento, il 7 ottobre, nell’impedire e contrastare l’invasione di Hamas e altri gruppi terroristi.

Questa prima parte dell’inchiesta militare si è concentrata sull’invasione del kibbutz Be’eri, che si trova di fronte alla parte centrale della striscia di Gaza.

Durante l’invasione, sono stati uccisi 101 residenti di Be’eri e 30 sono stati presi in ostaggio. Di questi, 11 sono ancora nelle mani dei terroristi palestinesi a Gaza.

Prima di essere presentati al ministro della difesa Yoav Gallant, i risultati dell’indagine sono stati illustrati giovedì dal capo di stato maggiore delle Forze di Difesa israeliane, Herzi Halevi, ai membri di Be’eri, alle famiglie degli ostaggi rapiti dal kibbutz e alle famiglie delle vittime. Giovedì sera l’indagine è stata resa di pubblico dominio.

Nel testo, le forze israeliane usano termini molto severi, come non si vedevano dai tempi della guerra dello Yom Kippur. “Il 7 ottobre – si legge nella sintesi – le Forze di Difesa israeliane hanno fallito nel modo più grave la loro missione di difendere gli abitanti del kibbutz Be’eri”.

Vi sono almeno tre importanti fallimenti strategici e tattici che hanno permesso a Hamas di invadere il sud di Israele in oltre 60 località e 22 villaggi, e il kibbutz Be’eri è stata una delle vittime più gravi.

E’ importante enumerare tutti questi fallimenti per non perdere di vista il quadro generale, nella grande quantità di dettagli e cronologie che le Forze di Difesa israeliane hanno ricostruito e pubblicato giovedì relativamente al caso specifico del kibbutz Be’eri.

Ma è anche importante precisare ciò che non è ancora emerso, e cioè: la maggior parte delle restanti indagini dei militari, che saranno rese pubbliche a più riprese nelle prossime sette settimane e, cosa altrettanto importante, i risultati di un’indagine statale – ancora da fare – sul primo ministro Benjamin Netanyahu, il suo governo e i governi precedenti che hanno condiviso la fallimentare conceptzia: il quadro concettuale che ha consentito il 7 ottobre.

Ma torniamo innanzitutto a ciò che abbiamo appreso giovedì.

1. Questa prima indagine delle Forze di Difesa israeliane sul 7 ottobre a Be’eri conferma che la difesa militare del confine era drammaticamente indebolita, avendo scommesso troppo su tecnologia e sensori per avere preallarmi tempestivi. Quando Hamas ha usato tattiche relativamente antiquate per distruggere questi sensori e attaccare, le forze israeliane non disponevano di una risposta. Si è trattato di un caso di grave arroganza da parte dei militari, dei servizi di sicurezza e del governo. Tutti credevano erroneamente che Hamas fosse dissuasa o intimorita, e che comunque fosse troppo incompetente per rappresentare una vera minaccia di invasione.

2. Il rapporto conferma il più generale fallimento della mancanza di una seria seconda linea di difesa. Per quante truppe e sensori si mettano su un confine, un nemico abile e paziente può sempre trovare almeno un anello debole. Basandosi su questo, le forze israeliane hanno lavorato per circa un decennio su come gestire un’invasione di Hezbollah in pochi villaggi al confine settentrionale: pochi villaggi, non 22 villaggi come ha fatto Hamas.

Proprio perché nessun confine è impenetrabile, una seria seconda linea di difesa deve sempre essere pronta in ogni momento per impedire agli invasori di dilagare oltre il confine. Senza una vera seconda linea, una volta che Hamas ha sfondato il confine alcuni dei suoi combattenti sono arrivati fino a Ofakim, che non è più lontana da Gaza di una città come Ashkelon.

Secondo il rapporto, a Be’eri le Forze di Difesa israeliane non sono riuscite a imporre un vantaggio numerico su Hamas fino alle 14.30 del 7 ottobre, più di 7 ore e mezza dopo l’inizio dell’invasione avvenuto alle 6.55. Questo incredibile fallimento ha aggravato in modo esponenziale quello precedente.

Il grafico mostra la quantità di soldati delle forze israeliane (in blu) rispetto alla quantità di terroristi (in rosso) durante i combattimenti nel kibbutz Be’eri il 7 ottobre

3) Fallimenti nella valutazione degli allarmi di intelligence e nelle operazioni. L’ufficiale dell’intelligence V. ha avvertito il suo supervisore, il tenente colonnello A. dei piani di invasione di Hamas, ma le è stato detto che erano “fantasie” e che stava facendo perdere tempo a tutti. Alti ufficiali operativi hanno ignorato gli avvertimenti che giungevano dalle giovani sentinelle addette al monitoraggio tecnologico dei movimenti oltre confine. L’intelligence ha persino ignorato l’accensione di centinaia di carte SIM israeliane a Gaza alla vigilia dell’invasione liquidandola come un’esercitazione, quando avrebbe dovuto essere considerata la prova di un’invasione pianificata di Israele.

Infine, intelligence e forze armate si sono fatti distrarre dai 3.000 razzi lanciati da Hamas nelle prime quattro ore: hanno preso il diversivo per l’attacco centrale, senza dedicare abbastanza attenzione alla simultanea invasione di terra.

Secondo il rapporto Be’eri, nessun comandante a livello di generale di divisione è stato incaricato dell’area di Be’eri fino alle 13.00. Non c’è da meravigliarsi che arrivassero pochi rinforzi e mal coordinati se non c’era nessuno a dirigere le manovre. Ci è voluto così tanto tempo perché intelligence militare e alti comandi erano stati colti totalmente di sorpresa ed erano in stato confusionale.

Bisognerà attendere dalle indagini che usciranno nelle prossime sette settimane i dettagli completi su queste questioni e su cosa esattamente è accaduto dietro le quinte all’interno dell’intelligence, delle sale operative e degli alti comandi prima della guerra e lo stesso 7 ottobre.

E tutto questo sta accadendo troppo tardi. Le fasi più intense della guerra a Gaza sono terminate all’inizio di gennaio. Sebbene vi siano stati pesanti combattimenti a Khan Yunis per un breve periodo all’inizio di febbraio e a Rafah per un breve periodo all’inizio di maggio, per la maggior parte del tempo dall’inizio di gennaio i combattimenti sono stati di profilo relativamente basso. Dunque i risultati avrebbero potuto essere pubblicati già a marzo-aprile se queste indagini militari fossero state avviate a gennaio.

Comunque, almeno a partire da adesso il pubblico israeliano riceverà un resoconto completo di tutte queste questioni operative.

A livello politico, invece, Netanyahu ha finora impedito che si iniziasse anche solo a discutere di un’inchiesta statale che esamini le decisioni del suo governo e dei governi precedenti che hanno portato al 7 ottobre.

Ma è fuori discussione che Netanyahu fa parte del gruppo di decisori responsabili della concezione secondo cui Hamas era sufficientemente soggetta alla deterrenza e al contenimento a Gaza, e che fosse accettabile lasciarla al potere.

In questo senso, Netanyahu è stato uno dei principali sostenitori dell’idea di permettere che il Qatar versasse finanziamenti a Hamas per evitare guerre.

Inoltre, le opinioni divergono sull’impatto che la famigerata riforma giudiziaria del 2023 può aver avuto sulle Forze di Difesa israeliane, ma è cosa nota che Netanyahu e i sostenitori della riforma la promossero con tale rapidità e tenacia che il suo stesso ministro della difesa, Yoav Gallant, pur favorevole in generale alla riforma, suonò un clamoroso campanello d’allarme sul fatto che certe politiche avrebbero potuto compromettere le capacità operative delle forze armate.

Naturalmente non si tratta solo di Netanyahu. Benny Gantz, oggi il suo principale rivale per la leadership politica del paese, è stato capo di stato maggiore dal 2011 al 2015 e ha pienamente condiviso la concezione della deterrenza e del contenimento di Hamas. Anche gli ex primi ministri Naftali Bennett e Yair Lapid (da metà 2021 a fine 2022) avevano accettato questo quadro concettuale sulla sicurezza.

C’è chi afferma che quasi tutto l’attuale establishment politico dovrebbe essere sostituito da facce nuove, da destra a sinistra.

Ma una critica specifica mossa a Netanyahu è che, anziché perseguire eventuali opzioni diplomatiche con l’Autorità Palestinese in Cisgiordania per isolare Hamas, abbia invece cercato di indebolire l’Autorità Palestinese, lasciando stare Hamas.

Bennett avrebbe probabilmente sostenuto questa politica, ma Gantz e Lapid certamente no.

E’ stata una politica che ha rafforzato la minaccia di Hamas, oppure qualsiasi iniziativa politica volta a indebolire Hamas rafforzando l’Autorità Palestinese non sarebbe andata da nessuna parte (perché l’Autorità Palestinese è troppo corrotta e ambigua, perché attaccare Hamas a freddo sarebbe stato improponibile ecc.)?

Al momento è impossibile saperlo, e forse non lo sapremo mai. Ma un’inchiesta statale indipendente e imparziale potrebbe fornire un’analisi ragionata e motivata e gli elettori potrebbero trarne le loro conclusioni.

In ogni caso, anche se le indagini delle Forze di Difesa israeliane rappresentano un inizio importante per aiutare la nazione a superare il 7 ottobre, fino a quando non ci sarà un’inchiesta statale il paese non sarà in grado di voltare pagina.

(Da: Jerusalem Post, 11.7.24)

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