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Libero Rassegna Stampa
12.07.2024 Il caso Toti
Commento di Daniele Capezzone

Testata: Libero
Data: 12 luglio 2024
Pagina: 1/12
Autore: Daniele Capezzone
Titolo: «Caro Giovanni, la tua vicenda dimostra che la giustizia va riformata. Resisti, se puoi»

Riprendiamo da LIBERO di oggi 10/07/2024, a pag. 1/11, con il titolo "Caro Giovanni, la tua vicenda dimostra che la giustizia va riformata. Resisti, se puoi", il commento di Daniele Capezzone. 

Confessioni di un liberale. Daniele Capezzone al Caffè della Versiliana  Giovedì 14 luglio, ore 18:30 - Versiliana Festival
Daniele Capezzone

Giovanni Toti, il suo è un caso esemplare di mala-giustizia politicizzata italiana. Che dimostra come la magistratura debba essere riformata il prima possibile.

Esattamente come gli indagati – pallidi e pronti al patibolo – mormorano la frase insensata “abbiamo fiducia nella giustizia”, pure noi qui – a scanso di querele – precisiamo che va doverosamente fatta salva la buona fede dei magistrati, e che non intendiamo insinuare una loro volontà malevola.
Ma oggettivamente (usiamo un avverbio storicamente caro ai comunisti) è dal 1992, dagli eccessi di Tangentopoli, che assistiamo al sistematico uso delle misure cautelari come strumento per ottenere confessioni e dimissioni.
Trentadue anni dopo, in questo 2024, siamo ancora lì. Comunque si giri e si rigiri l’inchiesta genovese su Giovanni Toti, essa pare basata su palafitte più che su fondamenta di cemento armato. Anni e anni di intercettazioni, metodi solitamente usati contro la criminalità organizzata, vite passate al microscopio, cos’hanno prodotto finora? Un puro teorema volto a collegare contributi privati regolarmente registrati a un presunto e opaco do ut des tra imprese e politica. Ma ancora non si è visto uno straccio di prova.
E intanto, incredibilmente, ormai da un tempo lunghissimo, Toti resta ai domiciliari. I nostri codici (se non sono stati cambiati solo perla Liguria) stabiliscono che le tre ragioni che possono giustificare la privazione della libertà prima del processo (pericolo di fuga, inquinamento delle prove, reiterazione del reato) non debbano essere considerate in termini teorici o astratti.
Teoricamente parlando, infatti, qualunque indagato potrebbe fuggire o ripetere il crimine o distruggere elementi probatori. Il punto è invece stabilire se vi siano elementi concreti (non teorici), reali (non astratti), tangibili (non puramente supposti) che inducano a ritenere che esista uno di questi rischi.
E invece, con nonchalance, si arriva a un esito paradossale per cui si giustifica la privazione della libertà per Toti per un tempo indeterminato. Fino alle sue dimissioni, domandiamo? Si stabilisce cioè un baratto inaccettabile, irricevibile, antidemocratico, tra il recupero della libertà e la rinuncia a una carica decisa dai cittadini?
Ma con la decisione di ieri del Tri “ bunale del Riesame si è assistito a un incredibile e inedito salto di qualità. Toti – abbiamo dovuto leggere – potrebbe ripetere il presunto reato «in quanto ha dimostrato di non aver compreso appieno la natura delle accuse». E ancora: «Persiste la concreta probabilità che l’indagato reiteri condotte di analogo disvalore confidando nel malinteso senso di ’tutela del bene pubblico’ cui ha ammesso di essersi ispirato all’epoca dei fatti». In altre parole, i magistrati sembrano abbandonarsi a un mix di considerazioni moralistiche e di valutazioni psicologiche (più che giuridiche), imbastendo una sorta di processo alle intenzioni. Tutto ciò, a nostro avviso, non ha nulla a che fare con la civiltà giuridica liberale. Dinanzi a tutto questo, la sinistra non cambia mai: fa la ola e gode all’idea di arrivare al bottino pieno (cioè riprendersi una regione dove aveva perso) attraverso l’uso politico della giustizia e l’eliminazione degli avversari per via giudiziaria. A maggior ragione, la destra deve cambiare passo: la positiva approvazione della prima tranche della riforma Nordio, l’altro giorno, deve essere seguita da un’accelerazione del percorso parlamentare (in quattro tappe) della separazione delle carriere. Questa vicenda ligure – con l’evidente schiacciamento delle istanze giudicanti sulle tesi della procura – è un clamoroso spot a favore della riforma. Guai se quel treno rimanesse troppo a lungo fermo nella stazione di partenza. Quanto a Giovanni Toti, passando al tu, abbiamo solo da dirgli: se puoi, resisti. La riforma della giustizia sei tu. Se mostrerai a tutti che un presidente eletto dai cittadini non può essere abbattuto da una procura, avrai restituito alla politica coraggio e dignità.

 

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