Perché si ricomincia a parlare di trattative con Hamas Analisi di Ugo Volli
Testata: Shalom Data: 10 luglio 2024 Pagina: 1 Autore: Ugo Volli Titolo: «Perché si ricomincia a parlare di trattative con Hamas»
Riprendiamo da SHALOM online l'analisi di Ugo Volli dal titolo "Perché si ricomincia a parlare di trattative con Hamas".
Israele vince sul campo ma non basta
Dopo nove mesi di guerra, Israele ha ormai il controllo di tutta la Striscia di Gaza. Questo non vuol dire che occupi tutta Gaza continuamente: le truppe israeliane sono presenti sul 20% circa del territorio, ma sono in grado senza problemi di entrare dove si riscontra un’attività terroristica. In una guerra normale ciò avrebbe comportato da tempo la vittoria, ma in questo caso non è così. Hamas e gli altri gruppi terroristici hanno ancora risorse importanti dalla loro parte e le usano bene. Ecco le principali: 1. Controllano ancora tutte le fortificazioni sotterranee che non sono state scoperte e distrutte, con le armi e le truppe che vi hanno accumulato e la possibilità di usarle per agguati alle spalle degli israeliani. 2. Godono dell’appoggio di buona parte della popolazione di Gaza (e anche degli arabi di Giudea e Samaria) e sono in grado di reprimere violentemente le sporadiche manifestazioni di insofferenza che vi si manifestano (ma che non sono mai diventate opposizione politica vera e propria). 3. Sono appoggiati militarmente e logisticamente da uno schieramento vicino (Iran e i suoi satelliti Hezbollah, Houti, sciiti iracheni, Qatar) e lontano (Turchia, Russia, Cina – a questo proposito bisogna dire che non è mai stata smentita la notizia di cui pochi parlano che nei tunnel di Hamas Israele ha catturato e prontamente riconsegnato al loro stato due ingegneri militari cinesi). 4. Sono appoggiati dalla burocrazia internazionale delle corti di giustizia e delle commissioni dei diritti umani dell’Onu. 5. Hanno sponde politiche in buona parte dell’Occidente, in particolare fra i democratici americani, la sinistra europea inclusi i vincitori delle recenti elezioni in Francia e Gran Bretagna. 6. Detengono ancora molte decine di rapiti israeliani che i servizi di informazione non sono stati in grado di localizzare, come non hanno potuto individuare i capi più importanti di Hamas.
Perché Israele accetta la trattativa
Gli ultimi due punti sono decisivi per la strategia israeliana verso Gaza. Israele potrebbe in teoria continuare per tutto il tempo certamente lungo necessario a distruggere completamente l’apparato militare terrorista e per quello ancora maggiore per eliminare il controllo politico di Hamas sulla popolazione. Il fronte del nord resterebbe caldo, ma è chiaro che Iran e Hezbollah non hanno interesse per il momento a una guerra vera e propria. In Occidente però quasi tutti ormai vogliono un cessate il fuoco che chiuda (o piuttosto lasci in sospeso) in un modo o nell’altro la guerra fra Israele e Hamas: prima di tutti gli Stati Uniti, che hanno già mostrato di voler usare le potenti armi di pressione di cui dispongono, innanzitutto i rifornimenti militari necessari a Israele che da tempo rallentano pericolosamente e i voti al consiglio di sicurezza dell’Onu. Inoltre, il tentativo di ottenere la liberazione dei rapiti per via di scambio, dato che non si riesce a salvarli con le armi, è sia un imperativo morale da tutti sentito in Israele; sia una necessità per i rapporti internazionali di Israele; sia la posta in gioco di una pericolosa lotta politica interna per eliminare il governo Netanyahu che si sta ripresentando tanto in piazza che nelle burocrazie statali, inclusa la magistratura e lo stato maggiore.
Un ammorbidimento di Hamas?
Volente o nolente, il governo israeliano ha dunque da tempo dovuto accettare di trattare con Hamas per la liberazione degli ostaggi. Consapevoli della loro posizione di forza (politica, non militare) i terroristi hanno sempre chiesto, come precondizione per discutere di uno scambio fra i rapiti e i loro galeotti assassini detenuti nelle carceri israeliane, addirittura il ritiro preventivo delle truppe israeliane e l’impegno a cessare la guerra lasciandoli al potere a Gaza. Il fatto che Israele sia riuscito a occupare Rafah nonostante l’opposizione di Usa e della “comunità internazionale” e che abbia preso pure il “corridoio Filadelfia” che mette in contatto Gaza con l’Egitto bloccando buona parte del contrabbando di armi, sembra averli ammorbiditi. Dopo aver rifiutato per qualche settimana le trattative, ora annunciano di rinunciare alla precondizione della conclusione della guerra per aprire la trattativa sui rapiti, accontentandosi di una sospensione “per tutta la durata dei negoziati, per cui però non vogliono un limite temporale in modo da poterle trascinare all’infinito. Dunque questo annuncio non segna una grande differenza pratica, ma è bastato perché Netanyahu fosse obbligato a mandare una delegazione in Qatar per partecipare alle pre-trattative indirette non con Hamas ma con i mediatori.
Le linee rosse di Israele
Al tempo stesso Netanyahu ha chiarito quali sono le condizioni irrinunciabili per Israele. Questa è la dichiarazione: “La ferma posizione del Primo Ministro contro il tentativo di fermare l’operazione dell’IDF a Rafah è ciò che ha portato Hamas ad avviare i negoziati. Il Primo Ministro continua a sostenere fermamente i principi già messi nero su bianco da Israele: 1 – Qualsiasi accordo consentirà a Israele di tornare e combattere fino al raggiungimento di tutti gli obiettivi della guerra. 2 – Non sarà possibile contrabbandare armi ad Hamas dal confine di Gaza verso l’Egitto. 3 – Il ritorno di migliaia di terroristi armati nel nord della Striscia di Gaza non sarà possibile. 4 – Israele massimizzerà il numero di ostaggi vivi che verranno restituiti dalla prigionia di Hamas”.
Gli ostacoli
Vi sarà dunque lo scambio e il cessate il fuoco? Non bisogna farsi troppe illusioni. Le esigenze fondamentali di Israele e di Hamas sono antagonistiche. L’Iran, ben deciso a combattere Israele col sangue dei suoi satelliti arabi, farà il possibile per impedire ogni accordo. Hamas considera i rapiti israeliani come il suo bene più prezioso e l’assicurazione sulla vita dei suoi capi: difficile che li lasci andare in cambio di una tregua che non sia in pratica una vittoria. Israele sa che se si ferma ora dovrà combattere di nuovo in poco tempo e riconquistare di nuovo Gaza; il 7 ottobre ha mostrato che la convivenza con Hamas e gli altri gruppi terroristici è impossibile. Anche se le trattative procedessero oltre la fase preliminare e indiretta in cui sono, è molto improbabile che si concludano con un accordo se non provvisorio e parziale. Tutto il resto, purtroppo, sono manovre propagandistiche.
Per inviare a Shalom la propria opinione, telefonare: 06/87450205, oppure cliccare sulla e-mail sottostante