Gli iraniani disertano anche il ballottaggio Cronaca di Matteo Legnani
Testata: Libero Data: 06 luglio 2024 Pagina: 17 Autore: Matteo Legnani Titolo: «Gli iraniani disertano anche il ballottaggio, non si fidano dei due candidati di regime»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 06/07/2024, a pag. 17, con il titolo "Gli iraniani disertano anche il ballottaggio, non si fidano dei due candidati di regime" la cronaca di Matteo Legnani.
Il primo turno delle elezioni presidenziali iraniane era stato un flop clamoroso, con il 60% degli aventi diritto che si era astenuto dal votare per uno dei quattro candidati in lizza. E ieri, in occasione del ballottaggio, con una mossa disperata intesa ad innalzare il più possibile la partecipazione al voto, le autorità iraniane hanno esteso l'apertura delle urne dalle 18 alle 20.
In palio c’è la successione a Ebrahim Raisi, il presidente deceduto lo scorso 20 maggio nello schianto al suolo dell'elicottero su cui viaggiava. A contendersela c’erano, ieri, i due candidati che avevano ottenuto più voti dopo il primo turno dello scorso 28 giugno, che passerà alla storia per l'affluenza più bassa ad una elezione presidenziale dalla nascita della Repubblica Islamica nel 1979.
Da una parte il 69enne moderato Masoud Pezeshkian, parlamentare dal 2008 e già ministro della Sanità dal 2001 al 2005 con il ”riformista” Mohammad Khatami presidente, che al primo turno aveva ottenuto il 42,5 delle preferenze.
Dall'altra il 58enne ultra-conservatore Saeed Jalili, che era uscito dal voto di sette giorni fa col 38,6 % dei voti. Un autentico “guardiano della rivoluzione islamica” dell'ayatollah Khomeini, già Segretario del Supremo consiglio per la sicurezza nazionale e capo negoziatore sul nucleare dell’Iran dal 2007 al 2013, quando il Paese era preda del fanatismo islamico di Mahmoud Ahmadinejad.
L’esito della contesa (che potrebbe conoscersi già nella giornata di oggi) è di difficile previsione, visto il margine esiguo che lo scorso 28 giugno aveva diviso i due candidati. La gran parte della comunità internazionale, ovviamente, guarda con favore ad una affermazione di Pezeshkian, che renderebbe più agevole il confronto con l’Iran sui temi del nucleare, del petrolio e dell’ordine in Medio Oriente.
Ma ieri, tanto dalle opposizioni al regime in esilio all’estero quanto dallo scià in esilio Reza Pahlavi (figlio del sovrano detronizzato da Khomeini nel 1979) sono arrivati veementi appelli all’astensione, come unico strumento per «smascherare le varie facce di quello che è sempre e comunque un regime estremista, violento e affamatore, che in 45 anni ha reso l’Iran un paese più povero, più infelice e più pericoloso».
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