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La Stampa Rassegna Stampa
22.08.2003 L'hudna finisce ma non la Road Map
ovvero la democrazia come antidoto contro il terrorismo

Testata: La Stampa
Data: 22 agosto 2003
Pagina: 5
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Muore la hudna, ma la pace può vivere»
Riportiamo l'articolo di Fiamma Nirenstein pubblicato su La Stampa venerdì 22 agosto 2003.
Dunque la «hudna» sembrerebbe finita, anche se potrebbe essersi conclusa la hudna ma non la Road Map. E sembra che questo non riguardi solo il conflitto israelo-palestinese, ma anche il mondo intero, devastato da attentati suicidi. Increduli e orrificati dal tributo di sangue che il terrorismo in poche ore ha richiesto a innocenti, donne, bambini, sia a Baghdad sia a Gerusalemme, giornalisti e politici si chiedono come mai la sede dell'Onu sia diventata un obiettivo da distruggere, e danno invece per scontate le ragioni per cui Hamas in piena hudna sia andata a fare strage di ebrei sull'autobus a Gerusalemme. Questo approccio contiene due errori: il primo è quello di ritenere che l'attacco all'Onu sia frutto della guerra Usa-Iraq. Come se gli Usa avessero scoperchiato un vaso di Pandora che una volta aperto sparge fumi letali anche sull'Onu decisa ormai a partecipare alla ricostruzione, in supporto alla politica statunitense.
La realta' è che nessun vaso di Pandora è stato aperto: lo era di già e da tempo. L'Iraq, come altri Stati canaglia, era un appoggio essenziale, un rifugio, un finanziatore del terrorismo internazionale. Lo stesso terrorismo che vediamo affacciarsi da ben prima della guerra ai quattro angoli del mondo con violenza identica a quella cui abbiamo assistito a Baghdad. Kashmir, Iran, Sudan, Cecenia, Nord Africa, Kenya, Filippine... dopo tante mostruose esperienze dovute al terrore in cui è implicata la matrice integralista islamica, come si può ancora onestamente pensare che il terrorismo in Iraq sia una produzione purulenta della presenza americana, e non invece, come è evidente, una parte della difficile guerra al terrorismo, una continuazione di uno scontro lungo e difficile? In Iraq hanno allignato e allignano pezzi di Al Qaeda, di Hamas, di Hezbollah; i Paesi finanziatori del terrore, come Siria e Iran, ritengono, come dice Bashar Assad, che l'Iraq è finalmente la palude che bloccherà il gigante americano. Insomma, come lo è il conflitto israelo-palestinese, anche il terreno iracheno è parte del campo di gioco del terrore che diventa vieppiù largo.
Questa guerra ha il carattere totalitario e risoluto che gli ha impresso nel suo discorso del 1998 Bin Laden: siamo in guerra con crociati, ebrei e apostati per un califfato mondiale. Apostati significa quella parte dell'Islam che lascia entrare la modernizzazione corruttrice: come gli Stati membri dell'Onu che, nonostante siano musulmani, se la fanno con l'Occidente. L'Onu è un'accolita di apostati e corruttori crociati ed ebrei, e il mondo estremista islamico può usarlo talvolta, ma sempre gli farà guerra. A sua volta, Abu Mazen è un apostata da quando la causa palestinese è stata inquinata dal morbo acuto del terrorismo sucida a sfondo islamista di Hamas. E quindi faremmo bene a vedere la rottura della hudna (e qui appunto è il secondo errore di chi si interroga solo sull’attentato all'Onu) come parte di una determinazione terrorista che non conosce compromesso.
La Road Map però non è la stessa cosa della hudna, che rappresentava una dichiarazione unilaterale delle organizzazioni palestinesi, La Road Map è un tentativo di far giocare un ruolo importante alle forze moderate dell'Islam che pure esistono (Abu Mazen nel caso palestinese), come lo è anche il tentativo di lasciare che l'Iraq costruisca una sua democrazia. Ma questo va insieme con una lotta spietata al terrore, rampante, diffuso, ricco: uccida pure le sue hudna, noi europei e americani insieme ad Abu Mazen e al resto del mondo arabo disponibile dobbiamo mantenere viva la Road Map, ovvero la democrazia come antidoto contro il terrorismo.
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