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israele.net Rassegna Stampa
04.07.2024 Perché insistere per una soluzione a due stati è uno sforzo vano
Analisi di Lawrence Solomon

Testata: israele.net
Data: 04 luglio 2024
Pagina: 1
Autore: Lawrence Solomon
Titolo: «Perché insistere per una soluzione a due stati è uno sforzo vano»

Riprendiamo dal sito www.israele.net - diretto da Marco Paganoni - l'analisi di Lawrence Solomon tradotto da Jns, dal titolo "Perché insistere per una soluzione a due stati è uno sforzo vano".

Lawrence Solomon
Terrroristi del battaglione Jenin, in Cisgiordania, nella cosiddetta "Palestina buona". Anche la Cisgiordania, come Gaza, è piena di terroristi e Hamas ha la maggioranza dei consensi. Creare uno Stato palestinese vorrebbe dire creare uno Stato islamico terrorista, incuneato in profondità nel territorio di Israele.

Oltre alle forze armate forti di 780.000 uomini, l’Iran ha messo insieme una ventina di gruppi armati nei paesi confinanti con Israele: tutti votati, come l’Iran, all’annientamento dello stato ebraico.

Gli Stati Uniti, l’Unione Europea e gli altri paesi occidentali fissati con la soluzione a due stati esortano continuamente Israele e i palestinesi a negoziare un accordo di pace. Questa esortazione confonde uno spettacolo secondario con l’azione principale, giacché chi conduce le danze non sono Israele e i palestinesi, ma l’Iran con i suoi gregari.

L’Iran, che dirige la maggior parte dei nemici di Israele, non permetterà mai una soluzione a due stati. Per assicurarsi che questo scenario non si concretizzi, l’Iran ha creato il suo “Asse della Resistenza” che “mira ad annientare e spazzare via Israele dall’esistenza”, come ha detto Abdul Majeed Awad portavoce di Hamas, che fa parte dell’Asse.

L’Asse iraniano non persegue lo stato palestinese che viva in pace a fianco di Israele di cui fantasticano i sostenitori dei due stati. L’Iran non vuole nessuno stato israeliano e ha gettato le basi per realizzare il suo obiettivo.

“Ho messo insieme per voi sei eserciti fuori dal territorio iraniano e ho creato un corridoio lungo 1.500 km e largo 1.000 km fino alle rive del Mar Mediterraneo”, affermò il defunto comandante del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica iraniana Qassem Soleimani in un discorso tenuto nel 2019 al Comando militare congiunto iraniano. Soleimani era il generale più potente dell’Iran fino a quando non venne ucciso da un drone statunitense nel 2020.

“In questo corridoio – continuava Soleimani – ci sono sei divisioni popolari religiosamente devote. Un’armata è in Libano. Si chiama Hezbollah. Un’altra armata è in Palestina e si chiama Hamas e Jihad Islamica. Un’armata è in Siria. Un’altra armata è in Iraq e si chiama PMU [Unità di Mobilitazione Popolare], e un’altra armata è nello Yemen e si chiama Ansar Allah [Houthi]”.

La capacità dell’Iran di annullare ogni prospettiva di una soluzione a due stati è risultata evidente il 7 ottobre quando ha scatenato Hamas, il suo principale gregario a Gaza, nella prima implementazione su larga scala della dottrina dell’Asse. L’attacco ha fatto deragliare con successo l’attesa decisione dell’Arabia Saudita di aderire agli Accordi di Abramo, un evento decisivo che avrebbe fatto avanzare le prospettive per la soluzione a due stati stabilendo formalmente la pace tra Israele e il suo vicino arabo più prestigioso.

L’Iran fornisce a Hamas addestramento militare e 100 milioni di dollari all’anno, senza i quali il 7 ottobre non ci sarebbe stato e i futuri 7 ottobre non minaccerebbero di ripetersi “più e più volte”, come Hamas ha promesso. Eppure Hamas, che rappresenta la principale minaccia per Israele al confine meridionale, è poca cosa in confronto a Hezbollah, la principale minaccia per Israele al confine settentrionale. Hezbollah, che riceve 700 milioni di dollari all’anno dall’Iran, dispone di almeno 150.000 razzi e missili puntati contro Israele.

Lo stato palestinese immaginato dall’Occidente sarebbe composto essenzialmente da Giudea/Samaria (Cisgiordania) e striscia di Gaza. Nel 2018 l’Iran, avendo già Gaza saldamente in pugno, iniziò ad ampliare il suo raggio d’azione armando i suoi gregari in Giudea e Samaria. “La Cisgiordania deve essere armata, esattamente come Gaza”, twittò l’ayatollah Ali Khamenei, Guida Suprema dell’Iran, nel 2020.

I suoi ordini sono stati eseguiti. “Recentemente in Cisgiordania vengono effettuati ogni giorno dai 15 ai 30 attacchi da parte delle forze della resistenza contro il regime sionista”, ha riferito nel 2023 Ismail Qaani, comandante della terroristica Forza Quds iraniana. A causa del crescente numero di minacce provenienti da Giudea e Samaria, Israele si trova costretto a intervenire frequentemente nel territorio con le sue forze armate. Oggi il Ministro della difesa israeliano indica Giudea e Samaria come il settimo fronte nella guerra che Israele deve combattere per la propria esistenza.

Intanto Hamas è diventata la fazione più popolare in Giudea e Samaria, dove il 73% della popolazione palestinese approva il massacro del 7 ottobre. Se oggi si tenessero elezioni, Hamas vincerebbe facilmente contro Fatah, il partito di Abu Mazen che controlla l’Autorità Palestinese e che governò Gaza fino a quando venne rovesciato da Hamas con un sanguinoso colpo di stato. Al momento, solo il 32% dei palestinesi sosterrebbe una soluzione a due stati, ammesso che loro opinione conti qualcosa.

L’Iran e i suoi gregari, compresi quelli che governerebbero in Giudea e Samaria se le due regioni diventassero una nazione sovrana, sono tutti contrari alla soluzione a due stati perché si oppongono all’esistenza stessa di Israele. Di fatto, esercitano un diritto di veto sulle ambizioni dell’Occidente per la pace in Medio Oriente.

Continuare a sollecitare Israele e Autorità Palestinese, che della questione dei due stati sono spettatori con le mani legate, a fare la pace fra di loro è una fatica inutile che serve solo a distogliere l’attenzione dall’unico vero soggetto che vuole e può impedire la pace: il regime iraniano.

(Da: jns.org, 2.7.24)

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