Il caos investe le istituzioni di Israele
Analisi di David Elber
Abu Salmyia, direttore dell'ospedale al Shifa e membro di Hamas, liberato assieme ad altri 55 palestinesi, senza il consenso dell'esecutivo. Si tratta di un episodio che rivela il caos che ancora persiste nelle istituzioni israeliane, dopo il pogrom del 7 ottobre.
Il caos che ha investito le istituzioni israeliane – governo, vertici militari, della sicurezza nazionale e dell’intelligence – dopo l’eccidio del 7 ottobre, a distanza di 8 mesi non sembra sia stato superato, anzi. A dire il vero, questo caos era preesistente al 7 ottobre per cui è stato un “facilitatore” le cui conseguenze drammatiche si sono viste in quella tragica giornata.
Ora, qui, ci occuperemo solo di alcuni aspetti di questo caos istituzionale che, solo apparentemente, possono sembrare marginali.
Partiamo da un fatto di cronaca recente: la scarcerazione di Mohammad Abu Salmiya, il direttore dell’ospedale Shifa di Gaza. Quest’uomo, come ampiamente dimostrato dalle telecamere a circuito chiuso dell’ospedale, è più che un fiancheggiatore dei terroristi di Hamas: è, nei fatti, un suo membro, ed è responsabile, tra le altre cose, dell’uccisione della soldatessa Noa Marciano, avvenuta all’interno dell’ospedale e della costruzione di un centro di comando di Hamas nella parte interrata dell’ospedale stesso. Assieme a Mohammad Abu Salmiya, sono stati scarcerati e rispediti a Gaza altri 55 palestinesi ritenuti “non pericolosi” perché non direttamente esecutori in atti di omicidio.
Tale episodio, solo apparentemente marginale, è la testimonianza del caos che regna nelle alte sfere della politica, dell’esercito e della sicurezza. Infatti, lo scarica barile che è seguito alla notizia della scarcerazione si è rivelato imbarazzante per tutti: Netanyahu ha dichiarato che come capo dell’esecutivo non era a conoscenza della decisione e che non era una sua competenza, ma contestualmente ha accusato l’Alta Corte di giustizia di aver fatto pressioni sul governo perché le condizioni di detenzione di molti terroristi non erano confacenti agli standard minimi di detenzione, quindi o si miglioravano o si doveva scarcerare un certo numero di detenuti. Per questa ragione avrebbe delegato l’Agenzia di Sicurezza Nazionale, cioè Ben Gvir, di occuparsi della faccenda. Ben Gvir si sarebbe incontrato con il capo dello Shin Bet, Ronan Bar, con i vertici dell’esercito e del servizio carcerario per stilare un elenco di terroristi giudicati “poco pericolosi” da rilasciare per non incorrere in infrazioni sanzionabili dall’Alta Corte. Dai verbali dell’incontro, pubblicati dal quotidiano Israel Hayom, si evince che era stata stilata una lista di 120 persone che dovevano essere rilasciate (per sovraffollamento carcerario) ma la decisione finale, per volontà di Ben Gvir, doveva essere presa solo con l’approvazione del gabinetto ministeriale, cioè del governo. Tale decisione non è mai avvenuta ma solerti funzionari di basso rango amministrativo hanno interpretato la stesura della lista, come un semaforo verde per il rilascio dei terroristi, cosa che hanno puntualmente fatto. In pratica il caos che aleggia nelle alte cariche dello Stato (non sono ben chiari il ruolo e le competenze dell’esecutivo, dei ministri, degli apparati di sicurezza e dell’esercito) ha permesso la scarcerazione di Mohammad Abu Salmiya e di altri 55 terroristi ricondotti nella Striscia di Gaza. Questo episodio racconta molto bene di come sono gestite le cose: nessuno ha piena fiducia degli altri. Netanyahu non si fida dei suoi ministri (in primis Ban Gvir e Smotrich), i ministri non si fidano dei vertici militari e dello Shin Bet, i militari e i servizi di sicurezza non si fidano dell’esecutivo. Si possono fare molti altri esempi di questa conduzione della cosa pubblica in un momento di grande pericolo del paese ma, mi limiterò a fornire altri due esempi.
Da quando questo governo ha preso il potere, molti suoi ministri si sono scagliati, a ragione, contro l’Autorità Palestinese perché oltre a non fare nulla per arginare il terrorismo, paga lauti stipendi agli assassini di ebrei (o ai propri famigliari), incita incessantemente all’odio antiebraico nelle scuole, alla radio e in televisione. Però ai grandi proclami non è seguito nulla di concreto. Infatti, dopo aver congelato parte dei soldi che Israele raccoglie per l’AP, questo esecutivo ha iniziato a scongelare tali soldi con i quali vengono pagati, alla luce del sole, gli stipendi agli assassini. Per di più, uno dei ministri ritenuto un vero “falco”, il ministro delle finanze Smotrich, come tutti i suoi predecessori, ha firmato una liberatoria per le banche israeliane che fanno transitare la liquidità raccolta da Israele e dagli enti internazionali per l’AP tramite le banche palestinesi. Va però evidenziato che, in Israele (come negli Stati Uniti), esiste una legge che vieta e punisce chi finanzia il terrorismo palestinese. Perché allora Smotrich, in qualità di ministro delle finanze, ha accettato di firmare la liberatoria per le banche e far continuare il flusso di denaro con il quale si incentiva il terrorismo anti ebraico dell’Autorità Palestinese? Poi però nei suoi proclami dice l’esatto opposto di quello che fa: perché? Poi il caos che aleggia nelle istituzioni israeliane: i vertici militari, quelli della sicurezza e Netanyahu (sotto pressione internazionale) ritengono indispensabile la sopravvivenza dell’AP e per questa ragione Israele paga gli assassini dei propri cittadini. Ma siamo sicuri che finanziare un’istituzione che paga gli assassini di ebrei, che non rispetta nessuna clausola degli Accordi di Oslo, che utilizza tutti i forum internazionali per accusare Israele di “occupazione illegale”, di “genocidio”, di “apartheid”, arrivando perfino ad aprire un caso contro lo Stato di Israele presso la Corte Penale Internazionale (che ha appena richiesto un mandato di arresto per Netanyahu e Gallant), sia un partner per la pace e che deve perciò beneficiare di una montagna di soldi? O è, semplicemente, un caos cognitivo di chi dovrebbe governare o proteggere Israele da questi assassini?
Inoltre, che senso ha, come ha fatto nei giorni scorsi Smotrich, legalizzare degli avamposti in Giudea e in Samaria come “ritorsione” per il riconoscimento da parte di Spagna, Irlanda, Norvegia e Slovenia dell’inesistente “Stato di Palestina”? In questo modo a livello internazionale si ha solo la percezione (gonfiata ad arte dai mass media) che Israele permetta e favorisca la costruzione di insediamenti illegali, facendo così di ogni erba un fascio, per pura ripicca, anziché muoversi politicamente e direttamente contro i paesi in questione, facendo capire che chi sostiene l’illegalità del diritto sono proprio questi paesi, togliendo loro gli accreditamenti diplomatici, dimostrando così, una volta di più, di essere uno Stato di diritto.
In ultimo, è emersa la notizia che Netanyahu, si starebbe accordando con funzionari dell’Autorità Palestinese, per affidare loro la Striscia di Gaza dopo la fine delle operazioni militari. Quindi anche lui in pubblico fa proclami e dietro le quinte fa l’esatto opposto.
È sempre più visibile un caos tutti contro tutti: politici, militari, servizi di sicurezza, che sta minando la sicurezza di Israele.
Altro che Autorità Palestinese “rigenerata”, il vero problema è tutta la classe politica israeliana – oltre che i vertici dell’esercito e dei servizi di sicurezza – che devono essere “rigenerati” operando una loro completa sostituzione per evitare che il paese precipiti nel caos mettendone così a rischio la sopravvivenza.
David Elber