L'amnesia del 7 ottobre come un comandamento: Analisi di Elliot Kaufman
Testata: israele.net Data: 03 luglio 2024 Pagina: 1 Autore: Elliot Kaufman Titolo: «L'amnesia del 7 ottobre come un comandamento: Non ricordare come si presenta il vero nazionalismo palestinese»
Riprendiamo dal sito www.israele.net - diretto da Marco Paganoni - l'analisi di Elliot Kaufman tradotto da Wall Street Journal, dal titolo "L'amnesia del 7 ottobre come un comandamento: 'Non ricordare come si presenta il vero nazionalismo palestinese'".
“Preghiamo che un giorno ci sia la pace – dice Nina Tokayer, del duo musicale israeliano Yonina, dopo che è stata spenta una candela per concludere il sabato – A volte ciò significa eliminare i nostri nemici, che odiano la pace e vogliono distruggerci. Per qualche ragione, molte persone in tutto il mondo non lo capiscono”. Gli israeliani non capiscono cosa il mondo non capisce del 7 ottobre. Hamas è il partito di maggioranza palestinese e il 7 ottobre è stata la sua apoteosi. Ci riproverà, se Israele lascerà Gaza troppo presto, e farà peggio se Israele cederà la Cisgiordania. Eppure il mondo pretende entrambe le cose, inducendo gli israeliani a concludere che il mondo non si fa problemi a sottoporli a ulteriori massacri. Gli israeliani hanno la sensazione che venga loro imposta una forma di amnesia come una specie di comandamento: Non ricordare come si presenta il vero nazionalismo palestinese. La battaglia per la memoria ha un significato strategico. Micah Goodman, un intellettuale israeliano di spicco politicamente di centro, afferma che la prima lezione del 7 ottobre è: “Quando lasciamo un territorio, restiamo indifesi rispetto a quel territorio”. Il concetto è diventato consenso nazionale. “Abbiamo già avuto un 7 ottobre: nel 1929”, dice Goodman. Allora, folle arabe trucidarono più di cento ebrei a Hebron, Safed, Gerusalemme e Giaffa e più di 300 furono feriti. “Gli ebrei furono aggrediti nelle strade, nelle case, con tutto il corredo di orrende atrocità a cui abbiamo assistito il 7 ottobre. Tutto questo accadeva prima della nakba del 1948, prima dell’occupazione del 1967”. L’asilo del kibbutz Be’eri, dopo il 7 ottobre Ho pensato alla battaglia per la memoria durante una visita a una base militare israeliana, sede di un’unità combattente d’élite, l’identità completa dei cui membri viene tenuta segreta. “Il mondo non capisce il dolore – dice Maxim, un giovane soldato – e non credo che gliene importi”. Maxim ammette che la gente potrebbe aver dimenticato l’attacco di Hamas del 7 ottobre. Il suo compagno Roi non ci crede: “Sanno cosa è successo, ma non gliene frega un ca**o. Oppure lo sostengono e lo chiamano resistenza”. Dice Asaf, un soldato di 21 anni: “Gli arabi vincono perché sono pazienti. Possiamo sconfiggere Hamas, ma se ce ne andiamo ricostruiranno tutto e tra dieci anni attaccheranno di nuovo”. Dal suo punto di vista di militare, “l’unico modo per vincere è prendere il territorio”. Farebbe meglio a non dirlo: cosa può esserci di più ripugnante, per orecchie straniere, di una rioccupazione israeliana di Gaza? Molto meno ripugnante, per il mondo, è l’altro scenario di Asaf: Hamas continua a tenere Gaza e prepara il prossimo 7 ottobre. Nel kibbutz di confine di Kfar Aza, Chen Kotler si adopera per evitare che il 7 ottobre venga dimenticato. Racconta dei terroristi sul suo tetto e a casa di sua sorella. “Lungo questo marciapiede sono state uccise otto persone”, dice in un certo punto. Hamas tiene ancora in ostaggio cinque suoi vicini: Gali e Ziv Berman, Emily Damari, Doron Steinbrecher e Keith Siegel, un cittadino americano di 65 anni. Gli edifici sono stati distrutti e la comunità dovrà lottare per sopravvivere. Ma non muoiono più persone a Gaza? I media sono ben felici di mettere in ombra le distinzioni che contano. Gli attivisti promuovevano la menzogna del “genocidio” anche prima della guerra. Spiega Eylon Levy, fino a poco tempo fa portavoce del governo israeliano: “Le calunnie contro Israele, oggi, preparano la risposta al prossimo 7 ottobre: gli ebrei se la sono cercata”. Abitazioni di Kfar Aza, dopo il 7 ottobre Può essere che Israele non possa appagare lo sguardo occidentale. Un cartello su un’abitazione distrutta a Kfar Aza recita: “Aviad Edri è stato brutalmente assassinato in questa casa”. Ma l’Occidente vuole vedere il cadavere abbandonato sul terreno. Gli israeliani non vogliono – e non devono – collaborare. Alcuni sopravvissuti, vicini di casa della signora Kotler, si oppongono addirittura alle visite e non consentono di scattare foto. “Questa presto sarà storia – dice lei – Arriveranno i trattori a riparare. Quindi bisognerà portare tutto questo con sé per tutta la vita”. Il mondo non è disposto a sopportare questo peso a lungo. Anche se dopo il 7 ottobre il presidente Biden aveva messo in chiaro che Hamas non doveva rimanere al potere, a febbraio non ne era più così sicuro. Ha definito il contrattacco di Israele “eccessivo”. A maggio, in occasione di un evento commemorativo della Shoah, ha esortato il mondo a “non dimenticare mai” il 7 ottobre mentre frenava la consegna di armi a Israele per prevenire l’attacco a una roccaforte di Hamas. Adesso Thomas Friedman [editorialista del New York Times molto vicino a Biden ndr] scrive ciò che è implicito nella politica di Biden: è okay lasciare Hamas al potere. Forse ci sarà un accordo per una condivisione del potere. Forse il popolo di Gaza riuscirà a contenere Hamas. O forse l’Occidente non ha imparato nulla dal 7 ottobre. C’è una storia che l’Occidente racconta a se stesso: dopo il massacro, Israele aveva la simpatia e il sostegno di tutto il mondo. Ma Israele è andato troppo oltre e il mondo gli si è rivoltato contro. Agli occidentali benpensanti piace questa storia perché gli occidentali benpensanti ne sono i protagonisti. La triste sorte di Kfar Aza e dei partecipanti al festival Nova li spinge a denunciare Hamas, ma non così tanto da perdere la loro imparzialità e il loro istinto umanitario come fanno quei vendicativi degli israeliani. Ma la verità è non è così luminosa. In verità, gran parte del mondo, forse la maggior parte, non ha condannato il 7 ottobre né ha ripudiato Hamas. Il Qatar e l’Egitto, i mediatori, hanno entrambi incolpato Israele per il 7 ottobre. L’8 ottobre la Cina esortava Israele a “porre fine immediatamente alle ostilità”. La Russia riceve ancora delegazioni di Hamas con tutti gli onori. Nessuno dei sostenitori di Hamas l’ha abbandonata o ha mai subito pressioni serie perché lo faccia. (Da: Wall Street Journal, 27.6.24)
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