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Il Foglio Rassegna Stampa
28.06.2024 Il Pride di Milano senza ebrei
Editoriale de Il Foglio

Testata: Il Foglio
Data: 28 giugno 2024
Pagina: 3
Autore: Redazione de Il Foglio
Titolo: «Il Pride senza ebrei a Milano»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 28/06/2024, a pag. 3, l'editoriale dal titolo "Il Pride senza ebrei a Milano".

Bandiera palestinese al Gay Pride di Roma. E a Milano si ripeterà lo stesso copione: palestinesi sì, ma ebrei no. Quindi l'unico paese gay friendly del Medio Oriente sarà escluso dalla manifestazione per i diritti Lgbt. Che nell'Autorità Palestinese sono negati. Mentre a Gaza gli omosessuali vengono ammazzati. 

Un Gay Pride senza ritorno. Meglio di tutti è stato Alessandro Cecchi Paone a cogliere la portata della clamorosa decisione di Keshet Italia Gruppo ebraico lgbtqai+ di non partecipare ai Pride italiani, tra cui quello di Milano in programma domani. Quasi ininfluente sul piano numerico ma pesante sul piano politico e culturale: lo si è visto ieri alla conferenza stampa organizzata a Palazzo Marino in collaborazione con Certi diritti e la Brigata ebraica. “Non partecipare è stata una decisione sofferta, ma necessaria. L’atmosfera per noi all’interno del movimento è diventata invivibile”, ha detto a Pagine ebraiche il presidente di Keshet, Raffaele Sabbadini. Il punto senza ritorno è anche altrove: non è solo la comunità ebraica a sfilarsi, ma un pezzo di quel mondo laico, da sempre vicino ai temi del Pride, che si è tirato fuori in nome di un deficit di inclusività. Lo ha detto Ivan Scalfarotto, ricordando agli organizzatori che la sicurezza degli ebrei è un tema universale e che lui, per la prima volta, non si sente di partecipare a un “Pride juden free”. Lo ha detto Klaus Davi, reduce dall’aggressione subita fuori dalla moschea di Milano, che ha accusato gli organizzatori della kermesse di “ignoranza e ingratitudine”. Lo ha urlato Andrè Ruth Shammah spiegando che la vera lotta per i diritti è di chi li possiede già e si batte per chi non li ha. Non è solo il clima ostile a motivare questa decisione, il termine “genocidio” comparso sulle piattaforme del Pride, la paura di essere poco graditi. C’è anche la rabbia per il mancato riconoscimento del fatto oggettivo che Israele è, in Medio Oriente, un’oasi per tutti coloro che rivendicano i diritti civili. Mancanza grave per lacomunità Lgbt che dovrebbe mostrare una particolare sensibilità e mirare a ben altri bersagli come Hamas, l’Iran o Hezbollah. Sullo sfondo anche la posizione di Beppe Sala che, a differenza del suo ex collega di Bergamo Giorgio Gori, non ha revocato il patrocinio, un gesto invece auspicato dal consigliere di Azione Daniele Nahum che ha raccolto un fragoroso applauso.

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lettere@ilfoglio.it

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