Putin vuole la resa, ma la chiama pace Analisi di Rosalba Castelletti
Testata: La Repubblica Data: 15 giugno 2024 Pagina: 2 Autore: Rosalba Castelletti Titolo: «Ucraina dimezzata. Putin vuole la resa, ma la chiama pace»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 15/06/2024, a pag.2, l'analisi di Rosalba Castelletti dal titolo "Ucraina dimezzata. Putin vuole la resa ma la chiama pace".
Putin detta le condizioni per la fine della guerra di aggressione che lui stesso ha scatenato contro l'Ucraina mostrando di voler capitalizzare con urgenza il relativo vantaggio militare ottenuto al prezzo di perdite catastrofiche, non solo fra i civili ucraini, ma anche fra i soldati russi.
La chiama «pace», ma quello che propone è una irrealistica capitolazione di Kiev. Nel giorno dell’intervento del Papa al G7 in Puglia e alla vigilia della conferenza in Svizzera a cui la Russia non è stata invitata, Vladimir Putin detta le sue condizioni per un cessate-il-fuoco e negoziati in Ucraina. Non offre concessioni. Non lascia spazio al compromesso. Putin non solo ribadisce la sua richiesta di «smilitarizzazione » e «denazificazione» di Kiev, invariata dal 22 febbraio 2022, giorno in cui ha mosso le sue truppe, chiedendo che l’Ucraina garantisca la sua neutralità rinunciando all’adesione alla Nato e che si impegni a impedire ai «nazionalisti» di prendere il potere. Pretende anche che Kiev si ritiri dalla totalità delle quattro regioni che Mosca ha unilateralmente annesso nel settembre 2022, ma controlla soltanto in parte, e che l’Occidente revochi le sanzioni. Non sono richieste nuove. Il leader del Cremlino ha sempre detto che eventuali colloqui dovrebbero partire dal riconoscimento di quelle che chiama «nuove realtà territoriali », ma per molto tempo era rimasto nel vago per riservarsi una certa flessibilità. Adesso, per la prima volta, entra nel dettaglio e rilancia. «Le truppe ucraine devono essere completamente ritirate dalle Repubbliche popolari di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia. E attiro la vostra attenzione: dall’intero territorio delle regioni entro i propri confini amministrativi», dice intervenendo dinanzi ai vertici del ministero degli Esteri russo. Putin rivendica, dunque, non solo la penisola di Crimea incorporata nel 2014 e le quattro regioni dell’Ucraina orientale e meridionale annesse nel 2022, ma anche le aree che non ha mai controllato in oltre due anni di cosiddetta “Operazione militare speciale”. Soltanto quando Kiev «inizierà un vero e proprio ritiro delle truppe da queste regioni, e notificherà anche ufficialmente l’abbandono dei piani di adesione alla Nato, seguirà immediatamente da parte nostra, nello stesso precisoistante, l’ordine di cessare ilfuoco e iniziare negoziati». Il tempismo dell’intervento di Putin non è lasciato al caso. Il leader del Cremlino cerca di fare breccia nell’incontro tra Papa Francesco e Joe Biden e di incunearsi tra le loro due diverse idee di “pace” in Ucraina: la “pace a tutti i costi” del pontefice che passa per la rinuncia alle armi e il dialogo incondizionato e la “pace giusta” del presidentestatunitense e dei Sette Grandi che mira al ripristino dell’integrità territoriale e sovranità di Kiev all’interno dei suoi confini riconosciuti a livello internazionale. Prova così a riprendere l’iniziativa in una settimana in cui l’Ucraina l’ha fatta da padrone alla Conferenza sulla ricostruzione a Berlino e al G7 di Borgo Egnazia e sarà protagonista anche oggi e domani alla conferenza “di pace” di Bürgenstock in Svizzera.Putin ha parole dure per gli appuntamenti da cui la Russia è stata esclusa. Definisce «nullo e non valido » il patto di sicurezza decennale siglato da Kiev e Washington. Denuncia come «un furto» che «non resterà impunito» il sequestro degli interessi degli asset russi congelati in Occidente per garantire un prestito di 50 miliardi a Kiev deciso al G7 e liquida il summit svizzero come uno «stratagemma per distogliere l’attenzione di tutti, invertire la causa e l’effetto della crisi ucraina e impostare la discussione sulla strada sbagliata». Il suo professato «piano di pace» punta proprio a ribaltare il tavolo. A detta di una fonte moscovita, «è il suo “saluto” ai partecipanti al vertice di pace e personalmente a Volodymyr Zelensky, un segnale che il leader russo è pronto solo per la guerra». Il suo «obiettivo immediato », come osserva la politologa russa indipendente Tatiana Stanovaja, fondatrice del think tank R.Politik, è «creare le condizioni che costringerebbero Zelensky a dimettersi e a trascinare l’Ucraina in “negoziati” che destabilizzerebbero lo Stato, costringendo così Kiev ad acconsentire alle richieste russe in futuro. Questa strategia solleverebbe la Russia dalla necessità di continuare l’azione militare e ridurrebbe la necessità per l’Occidente di armare l’Ucraina. Allo stesso tempo, la “proposta” è pensata per seminare discordia in Occidente e fare appello a coloro che desiderano una pace immediata, incoraggiando il sostegno alla “proposta” russa ». A partire da quello del Papa. Putin, tuttavia, tradisce anche una certa urgenza. Vuole consolidare e capitalizzare il vantaggio delle forze russe che da diversi mesi hanno ripreso l’iniziativa sul fronte per renderlo irreversibile e imporre i propri termini. Un vantaggio, però, sempre più precario e che secondo diversi analisti militari potrebbe perdere presto dopo che diversi Paesi Nato hanno autorizzato l’Ucraina a colpire obiettivi all’interno del territorio russo. Nei giorni scorsi il presidente russo ha anche incontrato il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan, unico partecipante al vertice a Nizhnij Novgorod dei capi delle diplomazie dei Paesi Brics a essere stato ricevuto al Cremlino. Colloquio che, ora che Fidan ha annunciato la sua presenza a Bürgenstock, fa ipotizzare che — in assenza della Cina — sarà la Turchia “l’ambasciatrice” della Russia in Svizzera. Il ministro degli Esteri Sergej Lavrov ha detto alla tv russa che chi «ha orecchie sentirà Putin e chi ha cervello lo capirà».
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