Ucraina: vittoria sul ring Commento di Anna Zafesova
Testata: La Stampa Data: 20 maggio 2024 Pagina: 15 Autore: Anna Zafesova Titolo: «Ucraina: vittoria sul ring»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 20/05/2024, l'analisi di Anna Zafesova a pag. 15, con il titolo "Ucraina: vittoria sul ring".
Anna Zafesova
«Gli ucraini picchiano forte! Tutti i nostri avversari alla fine verranno sconfitti», esulta Volodymyr Zelensky sui social, e con lui centinaia di migliaia di ucraini che hanno seguito lo scontro tra Oleksandr Usyk e Tyson Fury, in un'ennesima notte di sirene e bombe, che però è stata anche una notte di festeggiamenti e bottiglie stappate. L'Ucraina ha un grande bisogno di una vittoria, e i 12 round del match che ha portato al 37enne pugile il titolo di campione assoluto dei pesi massimi vengono vissuti come una parafrasi della guerra contro la Russia, una «battaglia per la luce» come recita una delle bandiere che il suo team srotola alla vigilia. È una vittoria ai punti, e la polemica del britannico sconfitto sui giudici che assegnano la vittoria all'ucraino «perché il suo Paese è in guerra» fa infuriare il pubblico di Kyiv e Kharkiv non soltanto perché rovina il clima del fair play, ma anche perché l'immaginario nazionale rifiuta la commiserazione. Le immagini dei pugni di Usyk sulla faccia del suo avversario si mescolano alla televisione e nei social con le foto dei droni ucraini che attaccano le raffinerie russe, e dei missili che affondano un dragamine, 26ª nave del Cremlino distrutta da un Paese praticamente privo di una marina militare.
La vittoria di Usyk è dunque un trionfo nazionale, anche se con i suoi 1,91 metri di altezza e più di un quintale di peso il campione assomiglia più a Golia che a Davide. Il look scelto per l'incontro che gli è valso il titolo da record è ucraino al 120%: Usyk entra sul ring con un caffetano ricamato color verde e un colbacco di pelo. Ricordano i cosacchi, il giallo e blu della bandiera nazionale sono ovunque, dai pantaloncini ai guantoni. Alla pesa ha indossato una tradizionale camicia ricamata rossa, con sulla schiena un ritratto di Oleksandr Marsievsky, il soldato ucraino fucilato dai russi dopo aver gridato «Slava Ukraini», e il testo della poesia che lo stesso Usyk aveva scritto in suo onore. In un'altra cerimonia ha invece scelto un look più elegante: abito, camicia e cravatta bianchi, con una fascia con le decorazioni tipiche dei tartari della Crimea in nero.
Insomma, un vero simbolo dell'Ucraina, scagionato grazie alla vittoria dagli ultimi strascichi di una polemica che aveva portato Usyk nelle liste del celebre sito «Mirotvorets», che censisce i nemici della nazione. Russofono originario di Simferopoli, in Crimea, Usik per anni aveva scansato la domanda «Di chi è la Crimea?» - diventata dopo l'annessione russa del 2014 un test di fedeltà da entrambe le parti del confine – con risposte come «è di dio» oppure «di chi la abita», probabilmente per non inimicarsi i suoi numerosi fan russi. Ancora nel 2018 sosteneva che russi e ucraini «sono lo stesso popolo, gli slavi», e aveva consigliato ai sostenitori della «decomunistizzazione» - la campagna per cambiare i toponimi sovietici – di «prendere sapone e corda e impiccarsi». Fervente cristiano che dopo la vittoria ha ringraziato Gesù Cristo, Usyk è rimasto un fedele della Chiesa ortodossa ucraina del patriarcato di Mosca, e in occasione della Pasqua 2020 aveva girato un video di propaganda religiosa in Russia.
Ora i siti della propaganda di Mosca accusano Usyk di essere un «traditore dei russi e degli ortodossi». In realtà, il campione dei pesi massimi ha seguito un percorso comune a molti ucraini che avevano sostenuto una coesistenza pacifica con il «popolo fratello»: tornato da Londra in patria subito dopo l'invasione russa del 2022, ha accusato i russi del «peccato di Caino». I blindati russi avevano prima sparato contro la sua casa a Vorzel, nella provincia di Kyiv, non lontano da Bucha, e poi l'avevano occupata. Il pugile si era iscritto ai reparti di difesa territoriale, e aveva registrato un video in cui chiedeva agli ormai ex «fratelli» di andarsene: «Questa è la nostra terra. Noi qui siamo a casa, non siamo stati noi a venire da voi». La sua fondazione benefica ha raccolto centinaia di migliaia di euro per le vittime ucraine della guerra, e Usyk ha deciso di restare in Ucraina, fino a che Vitaly Klichko – sindaco di Kyiv e a sua volta ex campione dei pesi massimi - non lo aveva convinto di tornare a combattere. Ora promette che dopo la partita della rivincita con Tyson tornerà in patria, per "andare ad aiutare i ragazzi laddove sarà più dura". Un tempo Usyk diceva di voler diventare il presidente dell'Ucraina, ma ora sostiene che è uno scherzo, e restituisce i complimenti a Zelensky dicendo «abbiamo un presidente fantastico, che si batte fino alla fine».
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