Dopo più di 7 mesi l’Onu si accorge che le cifre di Hamas sono false Quando le democrazie si decideranno a creare una nuova ONU?
Testata: israele.net Data: 18 maggio 2024 Pagina: 1 Autore: Redazione di Israele.net Titolo: «Note a margine: qualche recente notizia che può esservi sfuggita»
Riprendiamo dal sito www.israele.net - diretto da Marco Paganoni - una raccolta di notizie di questa settimana, dal titolo "Note a margine: qualche recente notizia che può esservi sfuggita".
1. Dopo più di sette mesi, l’Onu si è accorta che le cifre diramate da Hamas non sono attendibili e da un giorno all’altro ha dovuto più che dimezzare la stima delle vittime palestinesi donne e “bambini”. Non senza qualche imbarazzo: “Le revisioni vengono prese… ehm, ovviamente, nella nebbia della guerra, è difficile fornire numeri”, ha balbettato venerdì scorso Farhan Haq, vice portavoce del Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, interpellato da JNS.
Per inciso, i “bambini” delle statistiche Onu/Hamas sono più esattamente “minorenni”. Come ricorda Times of Israel, “il ministero di Hamas considera bambini tutti coloro che hanno meno di 18 anni, ma gli osservatori sottolineano che un numero non trascurabile di combattenti sono adolescenti”. Il che significa che almeno una parte dei “bambini, sono in realtà dei ragazzi indottrinati, addestrati e mandati a combattere dai terroristi di Hamas e Jihad Islamica.
Vale la pena ricordare che le cifre di Hamas che l’Onu ora ha drasticamente ridimensionato sono quelle che da mesi vengono ripetute ogni giorno da tutti i mass-media per condannare Israele, e vengono usate per fomentare le accuse di “genocidio”.
Alla luce dell’imbarazzata marcia indietro delle fonti Onu, molto più verosimili appaiono le stime diffuse da Israele. Lunedì, il portavoce del governo israeliano Avi Hyman ha ribadito che le Forze di Difesa israeliane stimano d’aver intenzionalmente ucciso più di 14.000 terroristi (cui vanno aggiunti gli oltre mille terroristi uccisi all’interno di Israele il 7 ottobre) e non intenzionalmente circa 16.000 civili. Un tasso di vittime combattenti/non combattenti che si avvicina al rapporto 1 : 1 è in assoluto uno dei più bassi mai registrati in tutte le guerre urbane moderne. “La realtà – ha detto Avi Hyman – è che Israele sta stabilendo un nuovo standard di riferimento per la guerra urbana, con quello che appare il più basso rapporto vittime civili e combattenti della storia”. C’è solo da sperare che altri paesi civili, costretti a combattere in analoghe condizioni, siano capaci di eguagliarlo.
2. Lunedì il presidente turco Tayyip Erdogan ha affermato che più di 1.000 membri del gruppo terroristico palestinese Hamas sono in cura negli ospedali di tutta la Turchia.
Sorgono spontanei alcuni interrogativi. Come e quando sono usciti dalla striscia di Gaza i mille terroristi feriti? Chi li ha fatti uscire? Come mai la Turchia ha deciso di ricoverare e curare mille terroristi e non mille civili palestinesi?
Sempre ammesso che le rivelazioni di Erdogan corrispondano al vero. Lecito dubitarne. Erdogan è lo stesso personaggio che mercoledì ha rilasciato la fantasmagorica dichiarazione secondo cui Israele prima o poi intende occupare la Turchia e per questo Ankara deve sostenere Hamas. Ecco un capo di stato (della Nato) attivamente impegnato a seminare paure irrazionali e aizzare odio contro lo stato ebraico.
3. Secondo alti funzionari americani, israeliani e palestinesi citati da Axios e da Sky News Arabic, la scorsa settimana Israele ha offerto all’Autorità Palestinese di inviare suo personale a prendere parte, in veste non ufficiale, alla gestione della riapertura del valico di frontiera di Rafah, una misura chiesta a gran voce dagli Stati Uniti e dalla comunità internazionale. Ma a quanto risulta, l’Autorità Palestinese ha rifiutato l’offerta.
Il presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen si è detto sconvolto dalla proposta di partecipare “sotto copertura”. Comunque, per accettare, ha chiesto che Israele sblocchi le entrate fiscali congelate da Gerusalemme (come reazione alla campagna condotta dall’Autorità Palestinese per spingere la Corte Penale Internazionale ad emettere mandati d’arresto a danno della massime cariche politiche e militari israeliane). In altri termini, per contribuire all’ingresso di aiuti umanitari a Gaza, i vertici dell’Autorità Palestinese chiedono soldi per sé.
Intanto, secondo due fonti di sicurezza egiziane citate da YnetNews, l’Egitto ha respinto una proposta avanzata mercoledì da Israele volta a creare un meccanismo di coordinamento fra i due paesi per riaprire e gestire il valico di Rafah tra il Sinai egiziano e la striscia di Gaza. Stando a quanto riferito, l’Egitto insiste che il valico debba essere gestito solo dalle autorità palestinesi. In attesa che si mettano d’accordo fra loro, a ogni buon conto la colpa dell’impasse viene data a Israele.
4. Nel frattempo, le Forze di Difesa israeliane impegnate a combattere Hamas nella striscia di Gaza continuano a trovare armi e terroristi nelle cliniche mediche, nelle scuole dell’Unrwa, nei veicoli targati Onu.
5. Stando a un reportage pubblicato sabato dal Washington Post, l’amministrazione Usa avrebbe promesso a Israele “preziosa assistenza, comprese informazioni di intelligence sensibili per aiutare l’esercito israeliano a individuare la posizione di capi di Hamas”, pur di convincere Israele a non procedere con una vasta operazione militare a Rafah.
Dobbiamo dedurne che finora, invece, gli americani hanno evitato di passare a Israele informazioni preziose per scovare capi terroristi come Yahya Sinwar, una misura che verosimilmente avvicinerebbe di molto la fine della guerra? C’è davvero da sperare che sia fondata la precipitosa smentita di Washington.
6. Intanto Christelle Cazabat, che è a capo del Centro di Monitoraggio sugli Spostamenti Interni (un dipartimento del Consiglio Norvegese per i Rifugiati), ha riferito che alla fine del 2023 si è registrato il più alto numero di sfollati nel mondo da quando si è iniziato a tenerne il conto, 15 anni fa. Si tratta di più di 68 milioni di persone, di cui almeno la metà (34,8 milioni) riguardano la Repubblica Democratica del Congo e il Sudan. Seguono la Siria, come effetto di più di dieci anni di guerra intestina, lo Yemen (che si attesta stabilmente su 4,5 milioni) e l’Iraq (1,1 milioni). Si attendono cortei di protesa, manifestazioni indignate, occupazioni di scuole e università eccetera eccetera.
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