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La Repubblica Rassegna Stampa
05.05.2024 Bandiere russe troppo vicine al Golan
Editoriale di Maurizio Molinari

Testata: La Repubblica
Data: 05 maggio 2024
Pagina: 1/23
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Bandiera russa sul Golan»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 05/05/2024, a pag. 1/23, con il titolo "Bandiera russa sul Golan" l'editoriale del direttore Maurizio Molinari.

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Maurizio Molinari

Militari russi in Siria, ai piedi delle alture del Golan. Dall'inizio dell'anno i russi hanno aperto tre nuove basi militari nell'area, a ridosso di Israele. Guardarsi sempre da Putin, mai dimenticarlo.

Nel Medio Oriente teatro dello scontro fra Iran e Israelespicca una novità: la bandiera russa sventola sul Golan.

Dall’inizio dell’anno le forze armate di Mosca hanno creato almeno tre diverse basi militari e 14 punti di osservazione sul lato siriano delle Alture del Golan, al confine con Israele, mentre unità di polizia russa hanno iniziato ad operare con regolarità nelle province di Quneitra e Daraa, immediatamente a ridosso della frontiera. È la prima volta dalla nascita dello Stato di Israele, nel 1948, che un così alto numero di soldati e mezzi di Mosca si trova sul lato opposto del confine, evidenziando l’aumento della presenza russa nella regione.

Le forze russe sono presenti in Siria dal settembre del 2015, quando il presidente Vladimir Putin le inviò per sostenere il regime di Bashar Assad che stava per essere travolto dalla guerra civile, e da allora hanno esteso la loro presenza sul terreno, rafforzando in particolare le basi di Latakia e Tartus sul Mediterraneo. Ma questa è la prima volta che si insediano a poche centinaia di metri dalle linee israeliane sulle Alture che Damasco perse nella guerra del 1967, furono teatro della guerra del 1973, ed Israele ha annesso nel 1981, diventando una delle regioni più fortificate — da entrambi i lati del confine — del Medio Oriente. In particolare, la Russia sta moltiplicando la creazione di posti di osservazione nelle località più strategiche: da Bir al-Ajam ad Al-Maalaka, sempre ad Ovest di Quneitra, da dove la visuale sul lato israeliano è più vasta.

Da qui l’interrogativo sul perché il Cremlino abbia deciso di creare delle proprie basi e, al tempo stesso, di iniziare a costruire delle fortificazioni che possono trasformarsi in una sorta di frontiera armata fra la Russia ed Israele.

L’unico precedente noto di una linea militare terrestre sotto controllo russo nella regione del Mediterraneo, dopo la fine della Guerra Fredda, è quella che è stata costruita attorno al 2021-2022 per dividere la Cirenaica dalla Tripolitania in Libia, al fine di proteggere la stabilità del controllo da parte delle milizie del generale Khalifa Haftar su Bengasi. Ma all’epoca l’operazione venne gestita dai mercenari della Brigata Wagner mentre in questa occasione si tratta delle forze armate russe vere e proprie, che rispondono alla Difesa del Cremlino. Ed agiscono con voluta visibilità: muovono mezzi militari, costruiscono installazioni, fanno l’alzabandiera, suonano l’inno nazionale e presidiano bunker, vecchi e nuovi, dai quali si osservano con chiarezza i centri civili israeliani che si trovano davanti a loro. Insomma, fanno di tutto per farsi notare, come avveniva per gli avamposti degli imperi europei nei secoli passati.

L’interrogativo su quanto sta avvenendo è legittimo perché da un lato Mosca non ha alcun bisogno di rafforzare il controllo sulla Siria che già possiede — con il pieno consenso del regime di Bashar Assad — e dall’altro non c’è alcuna tensione militare bilaterale con Israele capace di giustificare una simile mossa sul terreno.

Dunque, cosa sta facendo Mosca? In assenza di spiegazioni ufficiali da parte del Cremlino, più fonti occidentali che stanno osservando la situazione sul Golan affermano che la decisione di Mosca sarebbe la cartina tornasole della sovrapposizione fra i conflitti in Ucraina ed in Medio Oriente. Il motivo è che la crescente intensità di attività militare israeliana ai confini con Libano e Siria, a causa degli scontri quotidiani con Hezbollah ed altre milizie filo-iraniane, ulteriormente cresciuti dopo l’attacco iraniano a Israele con droni e missili, consente ai russi di osservare con facilità, da vicino, il funzionamento, offensivo e difensivo, di armamenti americani che lo Stato ebraico possiede e che i russi ritengono siano spesso assai simili a quelli che il Pentagono da oltre due anni sta fornendo alle truppe di Volodymyr Zelensky.

L’attenzione russa si concentra soprattutto su droni, missili e difese anti-aeree. Ovvero, Mosca ritiene che raccogliere informazioni sulle operazioni militari israeliane contro Hezbollah e pasdaran possa aiutare le sue truppe a meglio conoscere gli armamenti americani con cui si trova a duellare sui cieli ucraini. Basi militari, forti e punti di osservazione russi sul Golan servirebbero dunque per una operazione di intelligence molto sofisticata, il cui fine è di comprendere meglio, a fondo, come tutta una serie di armi americane opera in teatro di combattimento.

Ciò che colpisce di questo scenario è l’analogia con quanto leforze Usa facevano durante la Guerra Fredda in Medio Oriente — ma al contrario — sfruttando i conflitti arabo-israeliani per studiare da vicino le armi russe che il Cremlino forniva agli eserciti di Damasco e del Cairo. Allora si trattava soprattutto di carri armati, aerei Mig, radar e batterie anti-missile sovietiche, di cui in effetti il Pentagono apprese molti segreti grazie all’alleanza con Israele, mentre adesso l’interesse di Mosca si concentra sui droni israeliani di fabbricazione Usa, per il semplice fatto che Kiev li adopera con crescente intensità per bersagliare le forze avversarie tanto in Ucraina quanto dentro il territorio russo.

Da qui la considerazione che il Cremlino stia operando nel quadro del conflitto mediorientale, iniziato circa sette mesi fa con l’attacco di Hamas contro Israele, non solo con il fine di potenziare l’intesa strategica con Teheran, appoggiare il gruppo jihadista per rafforzarsi nella regione e distrarre risorse americane dal sostegno all’Ucraina, ma anche per raccogliere informazioni cruciali al fine di imporsi militarmente sulle forze di Zelensky. Dimostrando di avere sempre più un approccio strategico integrato alla regione del Mediterraneo, considerandola un unico grande scacchiere di confronto contro gli Stati Uniti ed i loro alleati, Ucraina e Israele.

In questa cornice è interessante notare come un recente attacco aereo israeliano contro obiettivi dei pasdaran nella città di Aleppo, con un bilancio di perdite militari iraniane e siriane insolitamente alto, abbia dimostrato la capacità delle forze di Gerusalemme di violare gli spazi aerei più sorvegliati dalle difese russe — a causa della vicinanza con le basi di Tartus e Latakia — portando a dedurre che questa vulnerabilità venga studiata da Mosca sempre nell’ottica delle implicazioni sullo scenario ucraino.

A rendere il tutto ancor più complesso c’è il coordinamento non-dichiarato fra le forze russe e israeliane, in vigore dal 2015, sul teatro siriano, in base al quale Gerusalemme non ostacola le attività di Mosca a sostegno di Assad e Mosca non ostacola le azioni di Gerusalemme contro gli Hezbollah ed altre forze filoiraniane. Se a questo aggiungiamo che la Repubblica islamica dell’Iran è il maggior fornitore di droni armati alla Russia sul teatro ucraino, ne esce un quadro militare assai articolato che vede Mosca essere al tempo stesso garante del potere di Assad a Damasco, alleata militare di Teheran, sostenitrice politica di Hamas e rispettare taciti accordi di coordinamento operativo con Gerusalemme in Siria ma al tempo stesso spiare le attività israeliane al fine di avere successo contro l’Ucraina.

Insomma, una finestra sull’estrema sofisticazione della presenza russa in Medio Oriente e nel Mediterraneo, il cui intento è imporsi come potenza dominante nella regione più contesa del globo.

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