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Il Foglio Rassegna Stampa
30.07.2003 La sicurezza torna in primo piano a Washington
la costruzione del fence di protezione procede

Testata: Il Foglio
Data: 30 luglio 2003
Pagina: 1
Autore: un giornalista
Titolo: «Sharon a Bush: non è un muro, è la nostra difesa dal terrore»
Riportiamo l'articolo pubblicato su Il Foglio di mercoledì 30 luglio 2003. Corretto e interessante come sempre.
New York. Meno propaganda e toni più sobri, come si conviene fra vecchi alleati in democrazia, l’incontro fra George W. Bush e Ariel Sharon una cosa l’ha chiarita, più in altre capitali, segnatamente Londra, che a Washington, dove le cose le conoscono, che ai governi israeliani non si danno ordini, non è la stessa cosa discutere di terrorismo da cominciare a combattere, parlando con Abu Mazen, e di barriera protettiva da non continuare a erigere, parlando con Ariel Sharon. La road map, il percorso di pace, è una cornice di piccoli passi che seguono altrettanti risultati, e che vengono chiesti alle due parti con altrettanto rigore, non è una tagliola per l’unica democrazia compiuta esistente in Medio Oriente, che si è pure dovuta difendere dal terrorismo di massa negli ultimi due anni e mezzo. Chiarito questo, e Sharon lo ha chiarito, eccome, soprattutto in un lungo e molto franco colloquio con il consigliere per la Sicurezza nazionale, Condoleezza Rice, specificato senza tema di incomprensioni, con tanto di fotografie, che il fence, la barriera, la rete, la protezione, che non è un muro, continua finché sarà necessario, perché protegge i luoghi più esposti e già teatro del peggior terrorismo, il resto segue, a piccoli passi che, dati alla mano, per il momento ha fatto Israele molto di più di quanto non abbia fatto il governo dell'Autorità palestinese presideduto da Abu Mazen. Bush ha compreso e, con scarso ricorso al linguaggio di propaganda, ha detto che quello del fence, che con Abu Mazen aveva lasciato si definisse muro, resta una questione delicata, mentre con Abu Mazen lo aveva chiamato un problema; ha aggiunto "spero che in un lungo periodo diventi irrilevante", mentre in un breve periodo "l’Autorità palestinese deve lanciare un attacco mirato, sostanzioso e con risultati contro i terroristi",perché "il terrorismo resta l’ostacolo fondamentale alla pace, e solo la sicurezza renderà possibile ottenere la pace". Perché la tregua di queste settimane, una quiete relativa non assoluta, ché episodi minori di terrorismo continuano ancora, mentre è preziosa, non è sufficiente, se non viene usata come occasione per disarmare e smantellare le cellule terroristiche una volta per tutte. Non c’è nessun muro fra Sharon e il presidente americano, dice uno dei consiglieri che hanno accompagnato Sharon nella visita che continua anche oggi, con incontri con il vicepresidente Dick Cheney, e il segretario di Stato, Colin Powell, il primo grande e antico amico di Israele, il secondo un po’ meno, ma molto impegnato nell’avanzamento della road map, della quale si sente il vero coautore made in Usa.

Se cadesse Arik prevarrebbero i veri falchi
Non c’è nessun muro, anche perché un altro governo, cadesse Sharon, sarebbe meno moderato, assai meno centrista, per adoperare termine conosciuto, prevarrebbero i veri falchi, i partiti che non riconoscono il diritto all’esistenza oggi di uno Stato palestinese; e l’opposizione, i laburisti, è praticamente allo sfascio, nel paese, dove continuan a perdere consensi, e nella struttura interna, dove i dirigenti continuano a sbranarsi fra di loro, unica eccezione il presidente pro tempore Shimon Peres. Perciò lunedì il governo israeliano ha approvato un nuovo finanziamento per la costruzione del
fence di protezione, ha anche approvato la decisione di liberare cinquecentoquaranta palestinesi, passo doloroso, ma ritenuto indispensabile per facilitare il processo di pace. Cinquecentoquaranta, non colpevoli direttamente di assassini di israeliani, non pronti a ripetere il crimine appena lasciati liberi, altrimenti sarebbe un gesto di autodistruzione, non di buona volontà, e, come ha spiegato Scott McClellan, nuovo portavoce di Bush, "nessuno vuole libero chi ha le mani lorde di sangue". Tra loro ci sono anche militanti di Hamas e Jihad. Si è scritto che venire dopo Abu Mazen avrebbe costituito un serio handicap per Sharon, è stato invece, e naturalmente, il contrario, dal Giardino delle Rose si torna a parlare di sicurezza e terrorismo come fondamenta della pace, non di mancati impegni di Israele. Il premier palestinese comunque riceve autorevolezza e dal presidente americano e dal premier avversario, si nota con sollievo che comincia a muoversi con meno timori sulla scena internazionale.
E che il 25 agosto sarà in visita ufficiale a Roma, dal premier italiano che è
presidente di turno dell’Unione europea, Silvio Berlusconi, il quale un mese fa a Gerusalemme non ha incontrato Arafat, infrangendo un tabù che, ora si vede, poteva essere infranto.
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