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Il Foglio Rassegna Stampa
03.05.2024 Perché andare a Rafah
Analisi di Micol Flammini

Testata: Il Foglio
Data: 03 maggio 2024
Pagina: 1/8
Autore: Micol Flammini
Titolo: «Le risposte ambigue di Hamas per bloccare Israele in un non-accordo»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 03/05/2024, a pag. 1/8, con il titolo "Le risposte ambigue di Hamas per bloccare Israele in un non-accordo" l'analisi di Micol Flammini.

Micol Flammini
Micol Flammini
Hanno tutti ragione | Israele può smettere di bombardare, Hamas non può  smettere di uccidere - la Repubblica
Ogni “no” dei terroristi è un passo di Israele verso Rafah, Sinwar e Haniyeh hanno deciso di non collaborare per il rilascio degli ostaggi, così l'attacco sarà inevitabile

Roma. Come se il negoziato fosse una tela di ragno in grado di impigliare Israele e il suo esercito, i rifiuti di Hamas alle ultime proposte di accordo puntano a bloccare lo stato ebraico da ogni mossa futura e ad aumentare la tensione su una possibile operazione a Rafah, la città meridionale della Striscia di Gaza in cui sono rimasti quattro battaglioni di Hamas, intatti militarmente e ben armati, e anche parte della leadership del gruppo. Ogni “no” dei terroristi è un passo di Israele verso Rafah, ogni “no” è un carro armato in movimento, ogni “no” disegna degli obiettivi da colpire su un territorio il cui sottosuolo è un reticolo di tunnel in cui potrebbe nascondersi anche Yahya Sinwar, colui che finora ha pronunciato personalmente ogni rifiuto ad accordarsi con lo stato ebraico. Hamas vuole imprigionare Israele nel limbo di un non-accordo. Mentre l’attenzione internazionale è su Rafah e sulle conseguenze di un attacco contro la città in cui si sono rifugiati circa un milione e mezzo di palestinesi, il gruppo della Striscia è riuscito a oscurare il dramma degli oltre centotrenta israeliani tenuti in ostaggio da duecentonove giorni. L’ultima offerta negoziale era stata presentata dall’Egitto e accettata dagli israeliani che avevano acconsentito a un cessate il fuoco per il ritorno di trentatré ostaggi. Ieri Hamas ha detto che intende rifiutare l’offerta ma senza ritirarsi dal negoziato, ha dato una risposta ambigua promettendo di mandare una squadra di negoziatori al Cairo per parlare di una nuova prospettiva di accordo. Cerca di guadagnare il tempo necessario per aumentare la pressione internazionale su Israele e il timore americano che un’offensiva a Rafah potrebbe avere delle nefaste conseguenze elettorali sul presidente americano Joe Biden. Il segretario di stato Antony Blinken, di ritorno dal suo ultimo viaggio in medio oriente, non ha detto che gli Stati Uniti sono contrari a un’operazione a Rafah, ha sottolineato che non sostengono un’operazione fatta senza un piano di evacuazione per i civili. Sconfiggere Hamas a Rafah non è un piano avventato, gli Stati Uniti lo sanno, anche l’Egitto, che è proprio lì al confine ne è consapevole, e Hamas vuole fare di tutto per evitare che accada, perché proprio quella potrebbe essere la fine del movimento. Le richieste del gruppo della Striscia sono: un ritiro completo dell’esercito israeliano da Gaza e la fine della guerra. Queste due condizioni consentirebbero a Hamas di ricostituirsi, di tornare a governare la Striscia, di rafforzare il proprio potere militare e quindi di riorganizzarsi per nuovi attacchi contro Israele. Non sono soltanto gli israeliani a voler evitare il ritorno di Hamas nella Striscia, ma neppure gli Stati Uniti sono favorevoli. L’Arabia Saudita che si prepara a una lenta ma dirompente normalizzazione nei rapporti con Israele non è interessata alla sopravvivenza di una forza che governa la Striscia con l’intenzione di iniziare una nuova guerra e secondo Bloomberg in questi mesi ha censurato ogni commento sui social relativo al conflitto. La sopravvivenza di Hamas non è nell’interesse di nessuno, neppure nella costituzione di un futuro stato palestinese. Ismail Haniyeh, uno dei capi di Hamas che da anni vive in Qatar da dove amministra i propri affari e quelli del gruppo, ieri ha parlato con il capo dell’intelligence egiziana, Abbas Kamel, e riguardo al negoziato ha detto che lo spirito di Hamas è positivo. Non è il momento di chiudere la porta, ma di lasciare uno spiraglio per bloccare Israele. Hamas è stato indebolito dalla guerra, ma non ancora eliminato, l’offensiva a Rafah potrebbe essere il passo che manca per togliere la potenza militare al gruppo e per questo i funzionari della Striscia sono intenzionati a ritardarla. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu, che ogni giorno viene contestato e nei sondaggi appare come uno dei leader più indeboliti, ha detto che Israele farà di tutto per vincere. Gli israeliani faticano a pronunciare la parola “vittoria”, in pochi considerano tutto ciò che è accaduto dopo il 7 ottobre come una guerra in cui si vince, semmai si sopravvive, si mette in sicurezza lo stato.

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