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Il Foglio Rassegna Stampa
01.05.2024 Mani dipinte di rosso, simbolo di carneficina
Commento di Giulio Meotti

Testata: Il Foglio
Data: 01 maggio 2024
Pagina: 1/4
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Mani insanguinate»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 01/05/2024, a pag. 1/4, il commento di Giulio Meotti dal titolo: "Mani insanguinate"

Informazione Corretta
Giulio Meotti

Mani dipinte di rosso per chiedere "la fine della carneficina" a Gaza. E' il nuovo modo di protestare degli studenti di New York pro-Palestina. Ricorda qualcosa? Sì, purtroppo: le mani sporche di sangue (vero) esibite come segno di vittoria dai palestinesi che nel 2000, a Ramallah, avevano torturato e ucciso i riservisti israeliani Vadim Norzich e Yosef Avrahami

I palmi delle mani macchiati di rosso sono il nuovo simbolo della protesta per Gaza (e un po’ per Hamas). Sono apparsi ieri nel campus del Pratt Institute di New York. “Quale modo migliore per terrorizzare gli studenti e i docenti ebrei e costringerli alla sottomissione, se non il simbolo del linciaggio degli ebrei?”, ha detto Rory Lancman del Brandeis Center for Human Rights Under Law. Anche gli studenti davanti a Sciences Po a Parigi mostrano le mani dipinte di rosso. Pernelle Richardot, eletta socialista a Strasburgo, ha denunciato: “Spinti dall’odio antisemita, nel silenzio assordante di una parte della sinistra, gli studenti benpensanti di Sciences Po glorificano un linciaggio”. E lo scrittore ed editorialista Raphaël Enthoven: “Questo simbolo non è un appello al cessate il fuoco, ma alla carneficina”. 

Era l’ottobre del 2000 quando Vadim Norzich e Yosef Avrahami, due riservisti israeliani, imboccarono la strada sbagliata, finendo a Ramallah. Furono catturati dalla folla, torturati e dilaniati. Dalle finestre del commissariato di polizia, i loro assassini si affacciarono, estasiati, mostrando a tutti le mani sporche di sangue. “Dateli a noi o veniamo a prenderli”, gridavano come in un 7 ottobre. Un palestinese spaccò una finestra per infierire sul corpo dei due soldati. Poi furono buttati dalla finestra. Fu una troupe del Tg5 a filmare la profanazione dei corpi (la Rai scrisse all’Anp dicendo che loro “non fanno queste cose”, riprendere i pogrom). Norzich era immigrato dalla Russia e si era appena sposato con Irina, incinta del loro primo figlio. La moglie di Avrahami, Hani, quel giorno provò a cercarlo sul cellulare. Uno, due, tre squilli, Hani aveva sentito che a Ramallah era successo qualcosa. Le rispose un palestinese, che le chiese in ebraico: “Chi cerchi?”. Hani: “Mio marito Yosef”. E il palestinese: “L’ho appena ucciso”. 

Hubert Launois, studente di Sciences Po e membro del Comitato palestinese, si è difeso così: “E’ un simbolo che può essere scioccante, che è controverso, si riferisce a eventi tragici. E se si riferisce a questo evento, allora è una deriva antisemita”. Un po’ come Jeremy Corbyn ha sempre detto di non sapere perché facesse la “rabia”, la mano con il pollice piegato che è il simbolo dei Fratelli musulmani. 

Occupazioni e blocco delle lezioni intanto alla Sorbona, Strasburgo, Rennes, Saint-Étienne e altre città francesi. Anche gli studenti dell’Università delle arti di Berlino (UdK) – ampiamente riconosciuta come una delle scuole d’arte più importanti al mondo – hanno mostrato i palmi dipinti di rosso. Nei giorni scorsi, manifestanti anti israeliani con le mani dipinte di rosso sono entrati al Campidoglio. Anne Bayefsky, presidente di Human Rights Voices, ha spiegato il significato: “Nessun ebreo israeliano dimentica cosa significassero quelle mani macchiate di sangue”. Non bastava che gli ebrei della Columbia fossero aggrediti al grido di “tornate in Polonia”, “radere al suolo Tel Aviv” e “Hamas, ti amiamo”. Ora ci sono anche i palmi per inneggiare a nuovi linciaggi.


lettere@ilfoglio.it

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