La tradizione antisemita della Columbia University è viva e vegeta
Analisi di Ben Cohen
(traduzione di Yehudit Weisz)
https://www.jns.org/columbia-universitys-antisemitic-tradition-is-alive-and-well/
La Columbia University è la capofila delle occupazioni dei Pro-Pal che chiedono il boicottaggio di Israele. E non lasciano entrare gli ebrei. Antica tradizione: novant'anni fa i nazisti erano i benvenuti in questo ateneo. Tutti lo sappiamo, tranne Alexander Stille.
Novant’anni fa, i nazisti e i loro simpatizzanti erano molto più benvenuti nel campus della Columbia University nell’Upper West Side di Manhattan di quanto non lo fossero gli ebrei. Oggi possiamo ragionevolmente trarre la stessa conclusione. Il 12 dicembre 1933, Hans Luther, l'ambasciatore tedesco negli Stati Uniti, pronunciò un discorso davanti a 1.200 studenti e docenti della Columbia esaltando le virtù del regime nazista appena insediato. Luther parlò su invito dell'allora presidente della Columbia, Nicholas Murray Butler. Come storici della Shoah quali Stephen Norwood e Rafael Medoff hanno accuratamente e copiosamente documentato, la calorosa accoglienza riservata da Butler all'ambasciatore nazista faceva parte della sua più ampia strategia di legittimazione del regime di Hitler agli occhi del pubblico americano. Il discorso del nazista Luther avvenne sei mesi dopo il primo rogo nelle città tedesche di libri scritti da ebrei e da altri ‘indesiderati’, nonché la rimozione dei docenti ebrei dalle università tedesche. Ma niente di tutto ciò infastidiva lontanamente Butler, un antisemita influente e ben inserito che simpatizzava sia con Hitler che con Mussolini, e che aveva sostenuto e introdotto quote antisemite per limitare la presenza di studenti ebrei alla Columbia e in altre università d’élite americane.
Nell'aprile del 2024, la Columbia e altri istituti di istruzione superiore stanno seguendo fedelmente le orme di Butler. Gli studenti ebrei non sono più soggetti alle quote gestite dall'amministrazione, ma la presenza di una folla ferocemente antisemita nel campus sta inducendo molti di loro a evitare di frequentare le lezioni, oltre che a esaminare seriamente le opzioni per continuare i loro studi altrove, comprese le migliori università israeliane.
Nel suo discorso di quella sera di dicembre all’Auditorium Horace Mann della Columbia University, Luther dipinse la Germania come una vittima indifesa, da un lato perseguitata dalle altre potenze europee e dall’altro esposta alla minaccia comunista sulla sua frontiera orientale. Queste erano affermazioni propagandistiche che costituivano le fondamenta per l'idea di Hitler del lebensraum (‘spazio vitale’), che giustificava l'imminente conquista dei Paesi vicini da parte della Germania, in modo che i cittadini del Terzo Reich potessero espandere la loro presenza a scapito delle popolazioni sottomesse.
Allo stesso modo, la folla inferocita di simpatizzanti di Hamas che urla epiteti antisemiti nello stesso campus che ospitò Luther presenta i palestinesi come le vittime indifese di una campagna di bombardamenti genocida che li prende di mira per nessun altro motivo se non per il fatto di essere arabi che ostacolano il colonialismo sionista.
Uno dei tanti trucchi che l’ambasciatore nazista del secolo scorso condivideva con i sostenitori di Hamas di questo secolo, è la trasformazione degli ebrei da una minoranza vulnerabile ed esposta, in oppressori di ineguagliabile ferocia. Per i nazisti, i loro simpatizzanti e i loro compagni di viaggio, il Trattato di Versailles del primo dopoguerra fu imposto per servire gli interessi finanziari e politici di una congiura mondiale di banchieri e magnati ebrei, a spese prima della Germania e poi del resto del mondo. Per Hamas e i suoi sostenitori in Occidente, la guerra a Gaza è il vero volto di una cospirazione ebraica vendicativa e irresponsabile, i cui tentacoli si estendono da Tel Aviv ai corridoi del potere del governo americano, dei suoi media e delle sue università. Alcuni dei manifestanti alla Columbia più istruiti dal punto di vista storico (ammesso che esistano), ribatterebbero senza dubbio che l’analogia corretta con Luther non è la folla di Hamas, ma lo Stato di Israele e i suoi sostenitori. Potrebbero far notare che la sera in cui Luther parlò, centinaia di studenti contrari alla sua presenza si radunarono a Broadway e nelle altre strade attorno al campus, scontrandosi in certi punti violentemente con gli agenti del Dipartimento di Polizia di New York che li trattenevano: “proprio come avviene adesso”, probabilmente direbbero. E concluderebbero allegramente che l’attuale ondata di protesta in solidarietà con i palestinesi, riflette una più ampia tradizione della Columbia di resistenza all’oppressione e alla confisca di terre straniere da parte dei colonizzatori. Al che io replicherei che è un bel tentativo, ma questo argomento davvero non funziona. Il problema non è il fatto che stiano protestando. Il problema è l’ideologia alla base delle loro proteste. Perché ciò che unisce il nazionalsocialismo di Hans Luther con l’islamismo di Hamas e di altri rami della Fratellanza Musulmana è la loro fede comune in una guerra incessante contro gli ebrei, che disprezzano in quanto finanzieri corrotti, manipolatori dei media e accaparratori di terre. Dobbiamo andare oltre le impressioni superficiali (dopo tutto, i ragazzi che si avvolgono in kefiah e che sorseggiano latte d'avena nelle loro tende all'avanguardia sul prato della Columbia tra canti antisemiti non corrispondono realmente alla nostra immagine mentale dei nazisti) per esaminare il contenuto di queste proteste. Dalla richiesta di bombardare Tel Aviv alla preghiera affinché i missili Qassam eliminino i loro compagni studenti ebrei, i parallelismi sono inequivocabili. Lo spirito di Nicholas Murray Butler sopravvive, sia nell'approccio condiscendente, smidollato e incompetente dell'attuale amministrazione della Columbia, sia nelle fetide convinzioni antisemite degli studenti che manifestano. Il fatto che questi studenti esprimano le loro posizioni violentemente antisemite nel linguaggio della giustizia è irrilevante. Quando Hans Luther venne alla Columbia, fece esattamente lo stesso, come, francamente, avevano fatto Hitler e il resto dei massimi vertici nazisti. Questo è, ovviamente, quello che veniva chiamato il “socialismo degli sciocchi”: attribuire tutti i mali del mondo agli ebrei perché siete troppo ottusi o troppo codardi o troppo pigri intellettualmente per affrontare la complessità e le sue molteplici spiegazioni. Come di solito accade con l’antisemitismo, gli argomenti stessi sono pura spazzatura, ma le tattiche dietro di essi sono abbastanza astute da sedurre gli impressionabili, in particolare in ambienti come i campus universitari, dove il pensiero di gruppo e la pressione dei coetanei sono rischi inevitabili. Pertanto, noi come comunità ebraica ci troviamo a porci le stesse domande che si facevano i nostri antenati: perché ci odiano? Può l’educazione vaccinarli contro questo odio? C'è qualcosa che possiamo fare ora, a cui forse non avevamo pensato in passato? Mentre ripetiamo queste domande, dobbiamo prestare ascolto alle lezioni della storia. Sappiamo per amara esperienza che non si poteva ragionare con il nazismo e i nazisti; avrebbero avuto bisogno di essere ridicolizzati, tormentati e banditi prima di essere irrevocabilmente sconfitti. Gli eredi nazisti della Columbia, della Yale, del MIT e di altre istituzioni d’élite, che si aggrappano agli slogan eliminazionisti arabi con lo stesso entusiasmo dei loro antenati tedeschi, devono affrontare lo stesso destino. Su questo, non c’è compromesso.
Attenzione a quei prof ebrei della Columbia come Alexander Stille, si veda il suo articolo su Repubblica di oggi a pag.15, che riprendiamo (clicca qui). Per fortuna gli ebrei anti Israele sono pochi, ma ricevono molta attenzione.
Ben Cohen, scrive su Jewish News Syndacate