giovedi` 21 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






La Repubblica Rassegna Stampa
28.04.2024 La mossa di Hamas per frenare l’invasione
Commento di Paolo Brera

Testata: La Repubblica
Data: 28 aprile 2024
Pagina: 12
Autore: Paolo Brera
Titolo: «Ostaggi, nuovo video La mossa di Hamas per frenare l’invasione»

Riprendiamo da LA REPUBBLICA di oggi, 28/04/2024, a pag. 12, con il titolo "Ostaggi, nuovo video La mossa di Hamas per frenare l’invasione" il commento di Paolo Brera.


Paolo Brera

Keith Siegel e Omri Miran esibiti nell'ultimo video dell'orrore di Hamas. In questo articolo di Repubblica pare che Hamas voglia difendersi con le armi che ha a disposizione (fra cui gli ostaggi da usare come pedine di scambio), ma il cattivo e aggressore resta Netanyahu. Questa è la filosofia dell'analisi di Brera, in un articolo pubblicato accanto a un'altra simile di Thomas Friedman: il tentativo di caricare su Netanyahu (e non sulla guerra scatenata da Hamas, con l'appoggio di tutto il mondo islamico) la responsabilità di una mancata alleanza con l'Arabia Saudita. Lascia stupiti che analisi del genere escano sul quotidiano che dovrebbe non aver paura di raccontare la verità.

Dopo il video del 24enne Hersh Goldberg-Polin, ieri Hamas ne ha diffuso uno nuovo con altri due ostaggi israeliani: il 64enne Keith Siegel, doppia cittadinanza israeliana e americana; e il 46enne Omri Miran, il cui papà avevamo intervistato a Roma quando fu accolto dal Papa, due settimane fa. È la nuova strategia dei miliziani: usare gli israeliani rapiti come “testimonial” del negoziato per forzare il governo a non attaccare Rafah, alzando la posta di un eventuale accordo.

Hamas risponde così alla strategia del governo Netanyahu, che minaccia un attacco devastante a Rafah in barba a ogni appello a scongiurare la catastrofe umanitaria. Se Israele attaccasse davvero coi carri armati la città di frontiera con l’Egitto, ultima roccaforte rimasta ad Hamas nella Striscia, sarebbe una carneficina e rischierebbe di uccidere gli ostaggi; ma sarebbe anche un colpo mortale ai miliziani e ai loro capi asserragliati lì, compreso probabilmente Yahya Sinwar.

È una partita a poker sulla pelle degli ostaggi e dei civili, quella che si sta giocando in queste ore. Hamas lo fa tentando di manipolare l’opinione pubblica israeliana attraverso i parenti degli ostaggi, perché premano sul governo costringendolo ad accettare un accordo al ribasso che salvi tutti i prigionieri rimasti in vita. Le manifestazioni, come ieri al quartier generale delle forze armate a Tel Aviv, sono fiumane. Chiedono nuove elezioni, pretendono si chiuda subito un accordo.

Il governo è sotto pressione, ma non rinuncia a giocare le sue carte: ricorda che questa è «l’ultima possibilità per un accordo», e avverte così i miliziani che non sono al sicuro rintanati a Rafah. Usare i civili palestinesi come scudo non li salverà, perché Israele — è il messaggio esplicito — non ascolterà neppure gli appelli giunti dagli alleati, come gli Usa e l’intero G7. Quel «è tutto pronto per l’attacco, manca solo il via libera politico» pronunciato nei giorni scorsi dai vertici delle forze armate è la spada di Damocle che Netanyahu e l’estrema destra nel suo governo additano sulla testa dei leader di Hamas, perché accettino un accordo alle loro condizioni.

La bozza egiziana basata sui 33 ostaggi che verrebbero rilasciati — cioè le donne, gli anziani e i malati — è arrivata nella mani di Hamas: «La stiamo discutendo», hanno fatto sapere i suoi dirigenti. Hamas avrebbe ridotto le pretese a 50 prigionieri palestinesi liberati per ogni soldato inostaggio, e 30 per ogni civile. Ma i punti controversi sono le aree su cui Israele vuole continuare ad avere il controllo, nella Striscia, oltre alla durata del cessate il fuoco e alle garanzie su cosa succederà dopo.

Majed Al-Ansari, consigliere del premier del Qatar, ha raccontato in un’intervista che «ogni volta che ci avvicinavamo a un accordo, che portavamo nuove idee al tavolo, da entrambe le parti arrivavano sabotaggi sotto forma di dichiarazioni». Uno schema che rischia di ripetersi: un alto funzionario di Hamas ha già messo le mani avanti avvertendo che ci sono «poche chance» che la bozza venga accettata «a meno che non vengano apportate modifiche fondamentali» perché «non dà risposte chiare alla questione del ritiro e del cessate il fuoco complessivo». Schermaglie preventive che fanno il paio con le parole del ministro degli Esteri israeliano Israel Katz alCanale12 : «Liberare gli ostaggi è la nostra priorità, se ci sarà un accordo sospenderemo l’operazione a Rafah». Basterà? Da domani il segretario di Stato americano Antony Blinken sarà in Arabia Saudita, al World Economic Forum, dove ne discuterà con gli europei e con i Paesi dell’area. La crisi va scongiurata nel suo complesso. Poi volerà di nuovo in Israele, dove nel frattempo potrebbe essere già arrivata la risposta di Hamas, attesa nelle prossimi due giorni.

Per inviare a Repubblica la propria opinione, telefonare: 06/49821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


rubrica.lettere@repubblica.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT