Un’idea distorta di libertà incoraggia e rafforza i regimi autoritari Commento di Pinchas Goldschmidt (rabbino capo di Mosca in esilio)
Testata: israele.net Data: 25 aprile 2024 Pagina: 1 Autore: Pinchas Goldschmidt Titolo: «Un’idea distorta di libertà incoraggia e rafforza i regimi autoritari»
Riprendiamo dal sito www.israele.net - diretto da Marco Paganoni - l'articolo di Pinchas Goldschmidt (rabbino capo di Mosca in esilio) dal titolo "Un’idea distorta di libertà incoraggia e rafforza i regimi autoritari", tradotto da Jns.org
Recentemente ho potuto esercitare la libertà di precipitarmi nel mio rifugio antiaereo mentre Israele veniva bersagliato da droni e missili iraniani.
Poiché i sistemi di difesa israeliani, con l’aiuto di paesi alleati, hanno protetto me e milioni di altre persone, sono stato particolarmente grato per gli ultimi due anni di rifugio che ho trovato nello stato ebraico. Infatti, dopo essermi rifiutato di sostenere l’invasione russa dell’Ucraina, sono fuggito da Mosca. La consapevolezza che io vivo libero mentre altri non lo sono si fa ancora più intensa in occasione della Pasqua ebraica, la festa della libertà.
Ma quest’anno la sensazione è particolarmente pesante. Più di 100 ostaggi sono ancora prigionieri a Gaza, sempre più dissidenti sono incarcerati in Russia e il livello di condiscendenza verso l’autoritarismo va crescendo in tutto il mondo, cosa che incoraggia ancor di più regimi come quello al potere in Iran.
Ciò che forse è più inquietante è che gran parte del mondo non capisce cosa sia la libertà.
Come ci dice la storia della pasqua ebraica, la libertà non riguarda solo la liberazione. Stando alla narrazione biblica, dopo aver condotto i figli d’Israele fuori dall’Egitto, Dio prescrive loro varie leggi: dal rispetto del sabato alle norme alimentari fino al comportamento familiare. La storia degli israeliti che vagano nel deserto non è semplicemente quella di un popolo oppresso che finalmente assapora la libertà, ma anche la storia di un popolo che dà forma a una società governata da leggi. È la storia di un popolo che impara a usare la libertà ritrovata per essere responsabile delle proprie azioni e capisce che questo è un elemento cruciale per il proprio destino.
È questo elemento di responsabilità che il mondo perde grossolanamente di vista quando sbandiera il termine “libertà”. In molti casi, a cominciare da gran parte del “movimento di liberazione” palestinese che conduce l’attuale conflitto in Medio Oriente, la libertà ricercata è la libertà di dominare o distruggere persone che sono diverse, non quella di costruire una società che protegga i diritti di tutti. Ciò appare particolarmente evidente dopo gli attacchi del 7 ottobre.
Hamas, un’organizzazione definita terrorista da molti paesi tra cui Stati Uniti e Unione Europea, sostiene di dover compiere attacchi terroristici come la carneficina del 7 ottobre per “liberare” i palestinesi da Israele. Ma torturare, stuprare, bruciare e trucidare più di 1.200 persone, per la maggior parte civili, non è affatto la strada verso la libertà.
Hamas opprime anche gli stessi palestinesi che sostiene di voler liberare, mettendoli in grave pericolo sia a Gaza che in Giudea-Samaria (Cisgiordania). Usa i civili e le infrastrutture civili come scudi umani, uccide coloro che accusa di collaborare con Israele, ruba gli aiuti umanitari per sé o per rivenderli a prezzi maggiorati rendendo la vita a Gaza miserabile.
Non sfugga il fatto che molti dei più accesi fautori e sostenitori finanziari di Hamas nella lotta per il suo abnorme concetto di libertà sono essi stessi regimi autoritari oppressivi. Il sostegno a Hamas da parte di Russia e Iran dovrebbe di per sé suonare come un campanello d’allarme, poiché quelli sono paesi dove i governi sono liberi di opprimere. La Russia continua a perpetrare violenze in Ucraina, in patria limita le libertà e reclude un numero crescente di dissidenti che hanno osato criticare apertamente l’autocrazia oppressiva (alcuni dei quali ebrei, come il politico Ilya Yashin, il leader dell’opposizione Vladimir Kara-Murza e il giornalista americano Evan Gershkovich). L’Iran continua la sua violenta repressione nei confronti dei propri cittadini e cittadine, mentre minaccia ulteriori attacchi contro Israele, gli Stati Uniti e chiunque combatta il suo terrorismo.
Molti attivisti per i diritti umani e molte democrazie occidentali si oppongono giustamente alle azioni di questi regimi, compreso lo spudorato attacco dell’Iran a Israele e l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Ma ciò non fa che ingigantire la loro ipocrisia se poi si rifiutano di dichiarare Hamas responsabile della tragedia di Gaza e invocano un autogoverno palestinese senza porre nette e adeguate condizioni per la fine del terrorismo e la restituzione degli ostaggi. Coloro che sostengono l’Ucraina in nome della libertà e della democrazia dovrebbero sostenere Israele e condannare Hamas. Il male autoritario è uno ed è lo stesso.
Le masse che si mobilitano in tutto il mondo per la “libertà” palestinese ignorano le continue concessioni fatte da Israele negli scorsi decenni, le offerte di indipendenza rifiutate dai palestinesi, le migliaia di israeliani assassinati dai terroristi nel corso degli anni. Ripetendo slogan come “dal fiume al mare” non solo ignorano la responsabilità che deriva dalla libertà, ma invocano essenzialmente la cancellazione di Israele, l’unica democrazia in Medio Oriente, anziché condannare Hamas per i crimini che commette anche contro la sua stessa gente.
Quando in questi giorni noi ebrei siederemo al tavolo della cena del seder pasquale, la tragedia di come il concetto di libertà venga distorto peserà pesantemente nelle nostre menti. Israele rimarrà in massima allerta per gli attacchi in arrivo dall’Iran e dai suoi lacchè in Libano e Yemen. Molti di noi avranno dei posti vuoti attorno al tavolo, lasciati da coloro che sono stati uccisi dai cosiddetti “combattenti per la libertà” di Hamas il 7 ottobre o durante la guerra in corso, e da coloro che rimangono in ostaggio a Gaza. Molti aggiungeranno dei posti vuoti per ricordarci di coloro che non sono liberi di unirsi a noi.
Queste sedie vuote unite alla costante paura di altri missili e aggressioni dall’Iran, dal Libano, da Gaza dovrebbero aprire gli occhi agli attivisti dei diritti umani e ai leader mondiali: che tipo di libertà intendono, esattamente, quando invocano la “liberazione” di Gaza? Per ricostruire Gaza, per ottenere il rilascio degli ostaggi e dei dissidenti, per far sì che russi e iraniani vivano liberamente abbiamo bisogno che molte più persone invochino non solo la libertà, ma la capacità di riconoscere e apprezzare la responsabilità che deriva dalla libertà.
(Da: jns.org, 22.4.24)
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