Succede all’Onu: Hamas fuori dalla lista nera Analisi di Giulio Meotti
Testata: Il Foglio Data: 25 aprile 2024 Pagina: 1/4 Autore: Giulio Meotti Titolo: «Succede solo all’Onu»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 25/04/2024, a pag. 1/4, l'analisi di Giulio Meotti dal titolo: "Succede solo all’Onu".
Roma. Amit Soussana è stata la prima donna israeliana liberata a fornire una testimonianza diretta delle atrocità sessuali commesse da Hamas anche nei tunnel di Gaza. Racconta al New York Times di essere stata tenuta in ostaggio nella camera da letto di un bambino a Gaza con una catena alla caviglia. Il terrorista di Hamas incaricato di sorvegliarla, “Muhammad”, di tanto in tanto si sedeva accanto a lei sul letto, le sollevava la maglietta e la palpeggiava. Muhammad le chiedeva del ciclo mestruale, se si era lavata e quando sarebbe finito. Una mattina, Muhammad le slacciò la catena alla caviglia in modo che potesse lavarsi nella vasca da bagno. Poi è tornato con una pistola. “Mi ha puntato la pistola alla fronte”, ha raccontato Soussana. L’ha trascinata nella stanza del bambino, ricoperta di immagini di SpongeBob. “Poi, con la pistola puntata, mi ha costretto a commettere un atto sessuale”. Ci sono almeno quindici sopravvissuti al festival musicale Nova – in cui sono state uccise più di 360 persone – che sono stati testimoni di stupro individuale e di gruppo in diversi luoghi. Da un’indagine condotta da Haaretz emerge che l’organizzazione SafeHeart, nata per fornire sostegno psicologico ai sopravvissuti al massacro, conta almeno altri dieci testimoni oculari di stupri. Alla fine di marzo è stata resa pubblica anche una prima confessione. Manar Qassem, del Jihad islamico, arrestato dalle forze israeliane a Khan Yunis, ha confessato durante l’interrogatorio di aver violentato una donna in un kibbutz. E nonostante gli standard rigorosi, anche il rapporto delle Nazioni Unite è giunto a conclusioni chiare. Molteplici casi di violenza sessuale, inclusi stupri di gruppo, sono avvenuti in almeno tre luoghi diversi: sul luogo del Nova festival, vicino alla strada 232 e accanto a un rifugio nel kibbutz Reim. Eppure, nel fantastico mondo di António Guterres, sembra che Israele abbia fatto tutto da solo, il 7 ottobre. Il segretario generale dell’Onu si è astenuto dall’inserire Hamas nella lista nera degli stati e delle organizzazioni che usano lo stupro come arma di guerra. Nonostante l’esplicito riconoscimento da parte dell’inviata dell’Onu Pramila Patten del chiaro legame tra l’attacco terroristico di Hamas e la violenza sessuale sistematica, la lista nera omette Hamas e comprende Repubblica centrafricana, Repubblica democratica del Congo, Iraq (Isis), Libia, Yemen, Mali, Somalia, Siria, Sudan, Sud Sudan, Myanmar, Siria, Haiti e Nigeria. Il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, si è detto “disgustato”. L’Onu si difende dicendo che Hamas non è uno stato, anche se agiva come tale a Gaza e molti lo vorrebbero veder riconosciuto. E poi perché allora ci sono Iraq e Libia nella lista? Neanche l’Isis e i predoni libici sono stati inseriti. Per due mesi dopo il 7 ottobre, i rappresentanti dell’Agenzia delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere e l’emancipazione femminile si sono rifiutati di incontrare le donne israeliane. A metà novembre, UN Women ha rilasciato una breve dichiarazione in cui criticava i “numerosi resoconti di atrocità di genere e violenza sessuale” perpetrati da Hamas. Il 20 novembre, Miriam Schler, direttrice del Centro antistupro di Tel Aviv, ha accusato i gruppi internazionali e l’Onu di “farsi in quattro per giustificare le atrocità e razionalizzare lo stupro”. Le Nazioni Unite hanno celebrato la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Non una parola è stata detta su Hamas. Il 4 marzo, cinque mesi dopo il 7 ottobre, le Nazioni Unite hanno diffuso un rapporto su “prove chiare e convincenti sulla violenza sessuale, lo stupro, la tortura sessualizzata, i trattamenti crudeli, inumani e degradanti” compiuti da Hamas. Eppure, Hamas continua a farla franca. Ha ragione Bret Stephens quando scrive sul New York Times: “Nelle aule di tribunale iraniane la testimonianza legale di una donna vale la metà di quella di un uomo. Nelle pieghe della sinistra che odia Israele, il valore dei testimoni israeliani sembra essere ancora più basso”. E se continua così, rischia di finire che a stuprare sono stati gli israeliani e che l’Unrwa è una specie di santa Maria Goretti.
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