Testata: Il Foglio Data: 19 aprile 2024 Pagina: 1/7 Autore: Micol Flammini Titolo: «Israele ha ritardato la risposta contro Teheran per tre ragioni»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 19/04/2024, a pag. 1/7, con il titolo "Israele ha ritardato la risposta contro Teheran per tre ragioni" l'analisi di Micol Flammini.
Roma. Leon Panetta, capo della Cia durante l’Amministrazione Obama, ha suggerito a Israele di rispondere all’attacco dell’Iran con calma, senza accelerare, ricordando che “la vendetta è un piatto che va servito freddo”. Lunedì sera, probabilmente, lo stato ebraico era già pronto per la sua offensiva in risposta agli oltre trecentocinquanta missili e droni che Teheran gli ha lanciato contro nella notte tra sabato e domenica. Soltanto all’ultimo, in seguito alla riunione del gabinetto di guerra, il premier Benjamin Netanyahu e i suoi collaboratori avrebbero deciso di ritardare la risposta per tre ragioni, tutte da accertare. Non volevano compromettere il rapporto con gli Stati Uniti, che, come dimostrano anche le parole di Panetta, non stanno trattenendo Israele dal reagire, ma si oppongono a un attacco frettoloso e di grande potenza di fuoco. L’Amministrazione Biden ha sanzionato Teheran, colpendo i pasdaran e il ministero della Difesa, con l’intenzione di aumentare la pressione sull’economia iraniana. Il presidente americano ha ripetuto che Washington è impegnata per garantire la sicurezza di Israele. Un’altra ragione del ripensamento è la guerra a Gaza, che non è conclusa, gli ostaggi sono ancora prigionieri e Hamas continua a rimandare indietro ogni proposta di accordo. Il suggerimento che viene anche dall’esercito è di non distogliere lo sguardo, perché la Striscia rappresenta ancora una priorità: Israele ha intenzione di andare a Rafah, l’ultima città nel sud, per eliminare i battaglioni di Hamas rimasti in forze. E’ l’ultima missione per Tsahal, l’esercito sta procedendo in modo diverso per colpire i leader dell’organizzazione nella Striscia, il numero di aiuti umanitari che entrano a Gaza aumenta, ma rimane Rafah l’obiettivo principale. Ieri c’è stata una riunione tra israeliani e americani per parlare dell’operazione, gli Stati Uniti non sono pronti ad avallare la missione, vogliono dettagli, rassicurazioni, ma non c’è un rifiuto netto. I toni fra Washington e Gerusalemme, dopo l’attacco dell’Iran, si sono calmati, Rafah non è più argomento di scontro, ma di dibattito. C’è anche il fronte nord da controllare, dal Libano Hezbollah lancia attacchi sempre più pericolosi e mortali e lo stato ebraico risponde colpendo i capi del gruppo: ogni giorno i miliziani sciiti comunicano la morte di alti ufficiali. Le operazioni mirate di Gerusalemme sono tornate a essere efficienti e questa è una caratteristica dell’ultima fase del conflitto. La terza ragione per cui Israele avrebbe deciso di rimandare l’attacco all’Iran è di calcolo. Mentre il mondo è rimasto a bocca aperta per la capacità di Israele di respingere, assieme agli alleati, l’offensiva iraniana, lo stato ebraico è ossessionato dai fallimenti della sua intelligence. Gerusalemme non aveva previsto le azioni di Teheran e anzi aveva prospettato che dopo l’uccisione del generale Mohammad Reza Zahedi a Damasco, il regime iraniano avrebbe architettato una risposta minima, solo per dire: non siamo rimasti a guardare. Se Teheran ha reagito con tanto fuoco potrebbe essere per vari fattori: o aveva stabilito che l’assassinio di Zahedi era una linea rossa, o dopo il 7 ottobre aveva scommesso sulla debolezza di Israele, o aveva sopravvalutato il proprio potere. L’incapacità di prevenire l’assalto di Hamas di sei mesi fa ha fatto sprofondare lo stato ebraico in una profonda sfiducia nei confronti dei propri servizi segreti, l’attacco iraniano ha riproposto il problema e, per non fare altri errori di previsione, il governo potrebbe aver deciso di posticipare il suo attacco contro Teheran, che adesso minaccia di rivedere la sua “dottrina nucleare”. L’Iran ha sempre detto che il suo programma nucleare fosse a scopi civili. Israele, con prove, ha sempre contestato questa affermazione e porta avanti da almeno dieci anni operazioni precise per ritardare lo sviluppo di armi da parte degli iraniani. Uno degli obiettivi dello stato ebraico potrebbe essere quello di colpire per azzoppare i siti nucleari. Uno dei comandanti dei pasdaran ha risposto che a sua volta Teheran prenderà di mira gli impianti nucleari del “regime sionista”. L’intelligence dovrà distinguere tra possibilità reali e minacce.
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