L’attacco missilistico impone una reazione, ma potrebbe anche tradursi in un punto di svolta per Israele e alleati Analisi di Samuel Hyde
Testata: israele.net Data: 18 aprile 2024 Pagina: 1 Autore: Samuel Hyde Titolo: «L’attacco missilistico impone una reazione, ma potrebbe anche tradursi in un punto di svolta per Israele e alleati»
Riprendiamo dal sito www.israele.net - diretto da Marco Paganoni - l'articolo di Samuel Hyde dal titolo "L’attacco missilistico impone una reazione, ma potrebbe anche tradursi in un punto di svolta per Israele e alleati", tradotto da Israel HaYom.
Il massiccio arsenale lanciato contro Israele dagli ayatollah nella notte fra sabato e domenica è stato disinnescato non solo dalla bravura e dalla tecnologia degli israeliani, ma anche da un’alleanza di potenze occidentali – Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia – che hanno operato a fianco di nazioni arabe amiche. I dettagli completi di come questi stati arabi abbiano contribuito a proteggere Israele, salvando senza dubbio vite israeliane dai missili e dai droni degli ayatollah, probabilmente non si conosceranno subito (e forse mai del tutto). Ma indipendentemente da questo, il momento segna un cambiamento storico. Che si renda merito a Yitzhak Rabin e Bill Clinton per l’accordo di pace con la Giordania del 1994 o a Benjamin Netanyahu e Donald Trump per i più recenti Accordi di Abramo, il risultato è lo stesso: il tracotante regime islamico d’Iran è stato mortificato da una coalizione regionale. Anche a Benny Gantz, “l’adulto” nel gabinetto di guerra israeliano, va riconosciuto il merito di avere spinto a suo tempo verso l’alleanza per la difesa aerea del Medio Oriente, che ora ha dimostrato la sua validità. D’altra parte, altri interpretano l’attacco in modo totalmente diverso: sostengono che, indipendentemente dall’eccellenza difensiva del partenariato americano-arabo-israeliano, la Repubblica Islamica non è affatto scoraggiata, ma anzi è evidentemente imbaldanzita come mai prima d’ora. E fanno notare che nessun paese aveva attaccato direttamente Israele negli ultimi 33 anni, dai tempi dei missili Scud dell’Iraq di Saddam Hussein durante la guerra del Golfo del 1991 (l’Iran ha sempre continuato ad attaccare Israele attraverso i suoi gregari Hezbollah, Hamas, Jihad Islamica e Houthi, ma mai direttamente). Pertanto, sarebbe indispensabile prendere in considerazione una risposta militare rapida e forte. Qualunque cosa accadrà, è importante ricordare che la guerra di per sé è un’impresa a breve termine, anche nel caso di guerre prolungate, mentre la politica è un esperimento sempre in corso: sperimenti varie politiche e idee, osservi i risultati e poi decidi se continuare su quella strada o invertire la rotta e provare qualcosa di diverso. L’esperimento congiunto tra lo stato ebraico e i suoi alleati arabi regionali si sta rivelando decisamente positivo e dimostra che la tendenza prevalente nella regione rimane quella verso un’alleanza arabo-americana-israeliana contro la Repubblica Islamica d’Iran e i suoi gregari. È vero che nulla di questa cooperazione rispecchia il sogno di pace promesso dal processo di Oslo, e che anzi le minacce contro Israele potrebbero essere di fatto aumentate da allora, giacché il nemico arabo di ieri era meno pericoloso del nemico islamico di oggi. Ciò che tuttavia questa cooperazione attesta è che Israele ha spezzato il vecchio fronte pan-arabo compatto contro lo stato ebraico e ha convinto un numero sufficiente di paesi arabi che un Israele forte non costituisce una minaccia, bensì una condizione essenziale per la loro sopravvivenza. L’attacco senza precedenti sferrato dalla Repubblica Islamica rappresenta un momento cruciale per Israele e i suoi alleati, e offre la possibilità di tradursi in un punto di svolta regionale a favore di Israele. Ma solo se Netanyahu farà le mosse giuste. Tuttavia, con un Netanyahu che sembra il personaggio di una tragedia shakespeariana e con la sua coalizione di governo di incapaci di estrema destra, c’è il serio rischio che l’opportunità venga sprecata. Dopo il sostegno che Israele ha appena ricevuto dai suoi vicini, non far seguire elementi diplomatici concreti all’eventuale risposta militare, se ci sarà, significherebbe sprecare un’occasione storica per allestire un fronte molto più efficace contro la Repubblica Islamica d’Iran. Momenti cruciali come questo offrono un raro momento di chiarezza su chi sta dove e con chi. Molti paesi arabi hanno chiarito le loro posizioni. Di fatto, gli ayatollah hanno offerto a Israele e a questi stati arabi un’occasione unica per cambiare il corso della regione, dopo sei mesi di guerra brutale e il peggior attacco subito da Israele nella sua storia. L’intera regione ha assistito ai piagnistei del regime iraniano e alla stangata sferrata da Israele e dai suoi alleati. È tempo di sfruttare questa opportunità per ottenere vantaggi politici reali. La normalizzazione con l’Arabia Saudita rappresenterebbe un colpo devastante per la Repubblica Islamica e la sconfitta di uno degli obiettivi del 7 ottobre di Hamas. (Da: Israel HaYom, 15.4.24)
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