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La Repubblica Rassegna Stampa
18.04.2024 Razzi hezbollah su militari israeliani
Cronaca di Paolo Brera

Testata: La Repubblica
Data: 18 aprile 2024
Pagina: 10
Autore: Paolo Brera
Titolo: «Razzi di Hezbollah sui militari israeliani ma si cerca di evitare l’escalation con l’Iran»

Riprendiamo da LA REPUBBLICA di oggi, 18/04/2024, a pag. 10, con il titolo "Razzi di Hezbollah sui militari israeliani ma si cerca di evitare l’escalation con l’Iran" la cronaca di Paolo Brera.


Paolo Brera

Lanciarazzi degli Hezbollah, nel sud del Libano. Mentre si attende una risposta militare israeliana contro l'Iran, i cloni iraniani del Libano stanno continuando a lanciare razzi sulla Galilea. E l'aviazione israeliana risponde, uccidendo i suoi capi 

Sono ore di tensione per l’attesa dell’attacco israeliano contro l’Iran o i suoi cloni; ma anche di speranza per uno spiraglio diplomatico che potrebbe alleggerire la tensione, riportando un po’ di calma. Mentre continua ad aumentare il tenore degli scontri al confine con il Libano, e l’Iran ribadisce le minacce al governo israeliano in caso di attacco, in realtà dietro il muro contro muro delle dichiarazioni ufficiali si fa strada il tentativo di trovare una soluzione che consenta — sia a Teheran che a Israele — di uscire dal vicolo cieco in cui si sono infilati.

L’attacco alla sede diplomatica iraniana a Damasco e la nuvola di missili e droni spedita da Teheran contro le città israeliane, in gran parte annientata dalla contraerea, rischiano di innescare una guerra regionale che deve essere sventata. Nei giorni scorsi questa escalation è arrivata a un pelo dal compiersi. Secondo «cinque fonti israeliane e statunitensi » citate ieri da Axios, «lunedì notte Israele ha preso in considerazione l’idea di effettuare un attacco di ritorsione contro l’Iran, ma alla fine ha deciso di rinviarlo». La decisione di scatenare immediatamente la rappresaglia per l’attacco iraniano di sabato notte sarebbe stata valutata attentamente, nel corso del gabinetto di guerra di lunedì, e poi accantonata.

Nelle dichiarazioni ufficiali, il premier Benyamin Netanyahu tira dritto avvertendo i partner che la decisione non spetta a loro: «Apprezzo tutti i suggerimenti e consigli ma voglio che sia chiaro: prenderemo le nostre decisioni e lo Stato di Israele farà tutto il necessario per difendersi », dice dopo aver incontrato il ministro degli Esteri britannico, David Cameron, e la tedesca Annalena Baerbock. Sono volati a Gerusalemme per chiedere di evitare l’escalation nella regione: «La necessità è tornare a concentrarsi su Hamas, sugli ostaggi, sull’arrivo degli aiuti e su una pausa nel conflitto a Gaza», dice Cameron. Una tesi, riportare al centro la lotta ad Hamas e la liberazione degli ostaggi, che ha molti seguaci anche in Israele. «Occorre la massima moderazione. Non è cedere ma evitare una guerra regionale », ribadisce la ministra tedesca Baerbock.

A Teheran la litania non è cambiata: «L’attacco dell’Iran contro Israele è stata un’azione limitata e punitiva. Se i sionisti intraprenderanno qualsiasi azione contro i nostri interessi, la risposta dell’Iran sarà molto più dura», minaccia il presidente Ebrahim Raisi mentre il comandante dell’aviazione militare Hamid Vahedi “consiglia” di «non commettere un errore strategico: l’Iran è pronto a colpirli, soprattutto con i caccia Sukhoi 24, i bombardieri tattici supersonici russi» che da due anni mettono a ferro e fuoco l’Ucraina, dove però non incrociano (ancora) gli F16 né gli F35. Intanto secondo il Wall Street Journal l’Iran ha evacuato alcune sue basi in Siria per timore della rappresaglia.

Questa è la pagina ufficiale, quella delle dichiarazioni in chiaro. Ma dietro il sipario il tentativo di quadrare il cerchio è evidente. L’imposizione delle sanzioni, e forse l’appoggio a una risposta limitata e concordata in anticipo con i partner e le potenze regionali — come hanno fatto gli iraniani — potrebbero disinnescare la miccia. Ma un accordo in questo senso tra Israele e l’Occidente, a quanto pare, non è ancora stato raggiunto: dovrebbe contenere anche un capitolo sulla questione umanitaria a Gaza, su cui ancora non ci sono veri spiragli tanto che l’Onu continua ad accusare Israele di «fare un passo avanti e uno indietro». E il Qatar parla di «stallo» anche nelle trattative sul cessate il fuoco. Nel frattempo, però, anche qui si vedono segnali: per la prima volta, dall’inizio della guerra nella Striscia sono arrivati aiuti umanitari via nave, scaricati nel porto di Ashdod la cui apertura era stata approvata a inizio aprile.

Dove invece non si tratta, ma si spara quotidianamente, è al confine con il Libano: in risposta ai tre omicidi mirati di martedì nel Sud del Libano, ieri Hezbollah ha colpito al Aramshe, un paesino abitato da arabi nel Nord di Israele, e la base di ricognizione aerea di Monte Meron «ferendo 14 soldati e 4 civili». Israele ha risposto colpendo le batterie da cui sono partiti i colpi e «un complesso e infr astrutture militari a Naqura e Yarine».

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