Cosa significa per Israele non sradicare Hamas da Rafah Analisi di Yasha Reibman
Testata: Il Foglio Data: 17 aprile 2024 Pagina: 6 Autore: Yasha Reibman Titolo: «Cosa significa per Israele non sradicare Hamas da Rafah»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 17/04/2024, a pag. 6, l'analisi di Yasha Reibman dal titolo: "Cosa significa per Israele non sradicare Hamas da Rafah".
Sono venuto in possesso di una lettera segreta che il primo ministro israeliano, Benyamin Netanyahu, ha scritto al presidente di Stati Uniti, ai primi ministri europei e del Commonwealth, alla presidente della Commissione europea, ai presidenti degli stati arabi e per conoscenza al presidente della Federazione russa e al segretario generale delle Nazioni Unite: “Egregi signori, in queste drammatiche ore, in cui insieme a molti di voi abbiamo combattuto contro i missili e i droni del nostro comune nemico, l’Iran, mi aspetto che nei prossimi giorni torniate a chiederci a gran voce di non attaccare Rafah, la zona a sud della Striscia di Gaza, dove gli ultimi battaglioni di Hamas sono asserragliati nei loro bunker e dove riteniamo tengano le nostre donne e i nostri uomini rapiti il 7 ottobre. Se io vi dessi ascolto verrebbe meno la pressione militare che ritengo necessaria per liberare gli ostaggi. Qualora anche riuscissimo a ottenerne la liberazione attraverso un negoziato condotto senza la pistola appoggiata sul tavolo, la mancata eliminazione delle milizie terroristiche che si nascondono a Rafah significherebbe la sopravvivenza della capacità militare di Hamas. Noi diremo di aver ripristinato la deterrenza, ma Yahya Sinwar potrebbe farsi fotografare con le dita a V reclamando la vittoria e, detto tra noi, avrebbe pure ragione. Questo potrebbe dare coraggio agli altri alleati di Teheran, a cominciare da Hezbollah, di attaccarci massicciamente da nord. Per evitarlo, dovreste voi pretendere da Hezbollah di ottemperare alla risoluzione 1701 delle Nazioni Unite e restare a nord del fiume Litani in Libano – cosa che finora non avete ottenuto nonostante il contingente Unifil – e questa vostra inadempienza comporta per circa 80 mila israeliani dover restare lontano dalle proprie abitazioni da sei mesi. E se non ci riuscirete, dovremo pensarci noi, ma tralasciamo questo scenario terribile, che come al solito ricadrebbe sulla nostra testa e non su di voi; ipotizziamo invece che il fronte nord si tranquillizzi, magari in seguito a un vostro tardivo ma benvenuto intervento su Hezbollah e che si arrivi a un accordo di ‘cessate il fuoco’ con Hamas. Nel giro di poco tempo, il movimento fondamentalista di Sinwar riuscirebbe a riprendere il controllo nel resto di Gaza, dal momento che gli uomini di Abu Mazen dell’Autorità nazionale palestinese si sono in tutti questi anni dimostrati degli inetti. Tramite le tangenti sugli aiuti umanitari, che voi generosamente invierete per la ricostruzione della Striscia, e attraverso i tunnel di Rafah e grazie alla scaltrezza del regime degli ayatollah iraniani, Hamas ricomincerebbe ad armarsi. Tra qualche anno, il ciclo della violenza ricomincerà. Hamas riproverà ad attaccarci nuovamente e noi dovremo difenderci. Cercheremo di colpire solo i terroristi e inevitabilmente un certo numero di civili verranno uccisi, Hamas reclamerà numeri astronomici, spaccerà fake news, i vostri media daranno loro spazio, le vostre piazze ci crederanno, le vostre università in gran numero chiederanno nuovamente di boicottare le nostre. Per poter accettare questa prospettiva, vi chiedo una cosa: quando il tempo sarà passato e la memoria del 7 ottobre sarà ancora più affievolita di quanto già non sia, quando Hamas rialzerà la testa e ci attaccherà, a quel punto non accusate me e il governo israeliano di aver fatto sopravvivere Hamas. Vi ringrazio per la collaborazione, il vostro Bibi”.
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