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I riflessi politici della vittoria di Israele Gabinetto di guerra di Netanyahu. La vittoria sull'Iran ha rilanciato l'immagine morale di Israele, ha riavvicinato il governo israeliano agli Usa ed è risultata in un'umiliazione dell'Iran agli occhi dei suoi alleati attuali e potenziali nel Medio Oriente La risposta di Israele al lancio di droni e di missili da parte dell’Iran è stata completa e efficiente. L’opinione pubblica israeliana e quella occidentale favorevole allo Stato ebraico ha reagito molto positivamente al successo israeliano, cui gli Stati Uniti hanno dato un parziale contributo. Al contrario, le giustificazioni di Teheran per il fallito attacco a Israele dimostrano l’incapacità iraniana di dare una parvenza di verità alla sua operazione e le sue giustificazioni appaiono ridicole anche ai suoi stessi cittadini. Gli ayatollah affermano di essere comunque pronti ad uno scontro con Israele e di aver dato dimostrazione delle capacità distruttive iraniane nei confronti del nemico sionista. Affermazioni che non fanno altro che rafforzare l’evidenza di un fallimento completo, almeno per quegli iraniani meno ideologicamente fanatizzati. Con questa sconfitta, l’Iran ha dato dimostrazione ai Paesi arabi del Medio Oriente di non essere la vera potenza della regione, come si è vantato di essere fino a questo momento. I riflessi negativi del fallimento potranno riflettersi sulle posizioni degli attori regionali sia nei confronti di Teheran, sia di Gerusalemme. È vero, tuttavia, che alle spalle dell’Iran sono piazzate la Russia e la Cina con il loro potente sostegno politico; in particolare, è possibile che Pechino non abbia gradito l’azione militare iraniana contro Israele, essendo evidente, da diversi anni, che la Cina intende intromettersi politicamente nel Medio Oriente in modo tranquillo, al fine di non suscitare preoccupazioni nel mondo occidentale. Diverso potrà essere l’atteggiamento della Russia, perché Putin intende inserirsi politicamente nel Medio Oriente con una certa sollecitudine, anche per non essere scavalcato dall’arte diplomatica cinese nei confronti dei Paesi mediorientali. Israele, con questo successo, si ripropone come un attore di grande rilievo nel panorama politico della regione. L’aver sconfitto il suo nemico principale, almeno nella circostanza del momento, riporta lo Stato ebraico in una considerazione politica – a livello regionale, ma anche internazionale – di notevole rilievo, per quanto i suoi nemici possano affermare – ipocritamente – che il sostegno di Washington sia stato decisivo. Il che è falso. È noto a tutti coloro che conoscono le capacità tecnologiche israeliane, anche in campo militare, che Gerusalemme possiede un arsenale di primissimo rilievo, frutto di anni di lotta per la sua sopravvivenza e di conseguente applicazione nella costruzione di un sistema difensivo-offensivo che non ha eguali nel mondo, se si escludono gli Stati Uniti e la Cina. A questo punto, è difficile dire se Israele restituirà il colpo che l’Iran gli voleva affibbiare. Biden ha detto chiaramente che non accetterà una risposta armata di Gerusalemme nei confronti di Teheran, al fine di evitare una crisi mediorientale di indefinibili proporzioni. Sulla questione ci sono due considerazioni da porre in rilievo dopo la fine del recente evento militare. Nel governo israeliano vi sono componenti di estrema destra che potrebbero insistere sulla necessità e opportunità di sferrare una risposta militare decisa contro l’Iran. Sarebbe un errore per le ragioni accennate in precedenza. Russia e Cina non potrebbero sopportare un attacco israeliano a Teheran – un attacco che sarebbe di notevoli proporzioni – perché i due Paesi totalitari sostengono politicamente l’Iran, Paese che essi considerano lo sbocco naturale dei loro progetti economici e politici nel Golfo Persico e nel Mare Arabico, con gravi preoccupazione per l’India, oggi ancora più vicina diplomaticamente a Gerusalemme, di cui ha approvato la guerra a Gaza. La seconda considerazione riguarda le relazioni israelo-americane, che si sono rafforzate con il sostegno americano alla risposta dello Stato ebraico all’attacco di Teheran. Questo positivo riavvicinamento pone Netanyahu in una posizione di grande cautela verso lo storico alleato. L’approvazione di Washington alla forte risposta di Israele contro l’Iran, con l’appoggio degli Stati Uniti, impone a Netanyahu una riflessione sul futuro delle relazioni tra i due Paesi. Rispondere militarmente alla provocazione iraniana porterebbe necessariamente a un nuovo raffreddamento dei rapporti tra Washington e Gerusalemme, cosa assolutamente da evitare. Netanyahu dia una calmata ai bollenti spiriti dell’estrema destra del suo governo.
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