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La Repubblica Rassegna Stampa
06.04.2024 Netanyahu e il disgelo con Biden
Cronaca di Fabio Tonacci

Testata: La Repubblica
Data: 06 aprile 2024
Pagina: 10
Autore: Fabio Tonacci
Titolo: «Netanyahu cerca il disgelo con Biden 'Riapriamo i valichi' Nasrallah minaccia»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 06/04/2024, a pag. 10, con il titolo "Netanyahu cerca il disgelo con Biden 'Riapriamo i valichi' Nasrallah minaccia" la cronaca di Fabio Tonacci


Fabio Tonacci

Il valico di Erez, chiuso dal 7 ottobre, è stato riaperto come atto di distensione voluto da Netanyahu, per rispondere alle pressioni di Joe Biden. Basterà a placare l'ira del presidente Usa? Dopo l'uccisione per un tragico errore dell'IDF, di sette volontari della Ong WCK, i maggiori governi del mondo stanno facendo di tutto perché Israele fermi le operazioni e perda la guerra.

Preoccupato di perdere il sostegno dell’unico alleato di cui ha veramente bisogno, Bibi Netanyahu si allontana per un giorno dalla linea dell’intransigenza. Annuncia la riapertura del porto di Ashdod e del valico di Erez, per permettere l’ingresso di un volume maggiore di aiuti umanitari a Gaza. E, contemporaneamente, con una mossa dettata anch’essa dalle pressioni della Casa Bianca, autorizza la diffusione dei risultati dell’inchiesta lampo dello Stato maggiore israeliano sulla strage dei sette operatori umanitari di World central kitchen. Esiti, vedremo, ritenuti non soddisfacenti dalla ong americana, che pretende un’inchiesta indipendente.

In soli tre giorni, dunque, con una celerità e una trasparenza che non si vede quando le vittime civili di operazioni militari non sono occidentali ma palestinesi, il maggiore Yoav Har-Even per conto della Commissione interna ha aperto e chiuso il lavoro di accertamento delle responsabilità. L’attacco contro i mezzi di Wkc è stato il frutto di «una serie di errori nella catena di comando ». Tre, in particolare: il piano di coordinamento tra la ong e le Israeli defence forces (Idf) non è stato trasmesso ai livelli operativi, ossia all’unità che pilotava il drone su Deir al Balah la notte del primo aprile; il secondo errore è stato ritenere il sospetto che dentro a uno dei veicoli ci fosse un uomo armato ragione sufficiente per sparare il primo missile; il terzo è stato continuare a colpire dopo che era stata distrutta la prima delle tre macchine.

«Siamo dispiaciuti per quanto accaduto, in grave violazione dei comandi e delle procedure operative standard dell’Idf», fa sapere lo Stato maggiore. Due ufficiali dell’Idf sono stati rimossi dal loro incarico: il maggiore che guidava l’unità dei dronisti e un colonnello riservista. Solo un rimprovero formale, invece, per il comandante della brigata, per il capo della 162 esima divisione e per il comandante generale del fronte Sud, quest’ultimo censurato per «responsabilità oggettiva».

Il pilota del drone — ha ricostruito il maggiore Har-Even — ha scambiato uno degli operatori umanitari che aveva una valigetta con un uomo armato, individuato durante il tragitto di andata verso il deposito di Deir al Balah poiché stava seduto sul tetto del camion del convoglio umanitario. Dopo lo scaricamento di cento tonnellate di cibo, l’uomo si è diretto a Nord, mentre i sette di Wck sono saliti su tre macchine per rientrare a Rafah. E qui, secondo l’Idf, è avvenuto il corto circuito: il pilota del drone ha comunicato cheanche il tizio armato era a bordo delle macchine, il comandante lo ha ritenuto un miliziano di Hamas e ha dato l’ordine. Il primo missile di precisione ha colpito alle 23.09, due passeggeri sopravvissuti sono saliti sul secondo veicolo, colpito a sua volta alle 23.11. Alcuni superstiti hanno raggiunto la terza macchina, centrata da un altro missile alle 23.13: quattro minuti, tre veicoli distrutti, sette morti. «L’Idf non può essere ritenuta credibile se deve investigare sui propri fallimenti», è la replica, secca, di World central kitc hen. Nel giorno in cui Nasrallah, il leader di Hezbollah, torna a minacciare Israele («la reazione iraniana all’attacco al consolato di Damasco ci sarà, solo Khamenei può decidere come, dove e quando») e il Consiglio dei diritti umani dell’Onu approva una risoluzione che chiede che Israele sia ritenuto responsabile di eventuali crimini di guerra commessi nella Striscia (i rappresentanti di Stati Uniti e Germania hanno votato contro), il Gabinetto di guerra presieduto da Netanyahu ha autorizzato il governo a «prendere misure immediate per aumentare gli aiuti umanitari al fine di evitare una crisi umanitaria a Gaza». Il porto di Ashdod e il valico di Erez sulla frontiera Nord della Striscia saranno temporaneamente riaperti: se davvero lo Stato ebraico consentirà l’arrivo via mare di molte navi cargo e il successivo ingresso attraverso Erez, la misura potrebbe essere decisiva. Per dimostrare tale volontà a Biden, in attesa della effettiva riapertura, Netanyahu ha ordinato l’aumento del passaggio dei camion umanitari dal valico di Kerem Shalom, per la prima volta autorizzati ad entrare anche durante Shabbat. «Israele sta facendo quello che ho chiesto sugli aiuti a Gaza», ha commentato il presidenteamericano.

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